È la «cura» il tema al centro del discorso che il Papa ha rivolto a tutti i dipendenti della Santa Sede e della Città del Vaticano incontrati con i loro familiari per gli auguri natalizi. Un’udienza nella quale Francesco si è espresso in termini di cordiale gratitudine a chi si occupa di ogni genere di mansione nel territorio vaticano.
Anche quest’anno Francesco ha dunque voluto «incontrare le persone che lavorano senza farsi vedere e che si definiscono ironicamente "gli ignoti, gli invisibili": i giardinieri, gli operai della pulizia, gli uscieri, i capiufficio, gli ascensoristi, i minutanti... e tanti, tanti altri». A loro ha rivolto un discorso tutt’altro che di circostanza ricorrendo all’«immagine della mamma che cura il suo figlio malato, con totale dedizione, considerando come proprio il dolore di suo figlio. Lei non guarda mai l’orologio – riflette il Papa – non si lamenta mai di non aver dormito tutta la notte, non desidera altro che vederlo guarito, costi quello che costi».
Per Bergoglio «curare significa manifestare interessamento solerte e premuroso, che impegna sia il nostro animo sia la nostra attività, verso qualcuno o qualcosa; significa guardare con attenzione a colui che ha bisogno di cura senza pensare ad altro; significa accettare di dare o di ricevere la cura».
E come poco prima aveva enumerato 15 malattie che insidiano la Curia, ricevendola per il tradizionale incontro prenatalizio, al personale della Santa Sede e della Città del Vaticano il Papa ha proposto 10 modi di vivere questa «cura», esortando a «curare la vostra vita spirituale, il vostro rapporto con Dio», «curare la vostra vita famigliare», «curare i vostri rapporti con gli altri», «curare il vostro parlare», «curare le ferite del cuore con l’olio del perdono», «curare il vostro lavoro, compiendolo con entusiasmo, con umiltà, con competenza, con passione», «curarsi dall’invidia, dalla concupiscenza, dall’odio e dai sentimenti negativi», «curare i fratelli deboli», «curare che il Santo Natale non sia mai una festa del consumismo commerciale, dell’apparenza o dei regali inutili, oppure degli sprechi superflui, ma che sia la festa della gioia di accogliere il Signore nel presepe e nel cuore», «curarsi dal rancore che ci porta alla vendetta, e dalla pigrizia che ci porta all’eutanasia esistenziale, dal puntare il dito che ci porta alla superbia, e dal lamentarsi continuamente che ci porta alla disperazione».
«Io so – aggiunge il Papa – che alcune volte, per conservare il lavoro, si sparla di qualcuno, per difendersi. Io capisco queste situazioni, ma la strada non finisce bene. Alla fine saremo tutti distrutti tra noi, e questo no, non serve. Piuttosto, chiedere al Signore la saggezza di saper mordersi la lingua a tempo, per non dire parole ingiuriose, che dopo ti lasciano la bocca amara».
Il Papa ha incoraggiato «soprattutto a curare la famiglia», perché «la famiglia è un tesoro, i figli sono un tesoro», tornando a chiedere ai «genitori giovani»: «Io ho tempo per giocare con i miei figli, o sono sempre impegnato, impegnata, e non ho tempo per i figli?”. Vi lascio la domanda. Giocare con i figli: è tanto bello. E questo è seminare futuro».