Usa. Dio, campagna e famiglia: nascono le fattorie all'insegna dell'ora et labora
La preghiera nei campi
Tornare alla vita rurale, al contatto con la natura, uscendo da una dinamica di consumismo urbano. Lasciare la condizione di salariati o dipendenti e diventare appunto indipendenti, come imprenditori agricoli. Acquisire e diffondere competenze riguardo a coltivazione, allevamento e lavorazione dei prodotti della terra, recuperando anche forme di artigianato in via di estinzione. Creare le condizioni che permettano alle famiglie di fare figli, tanti, oltre che di godere di una dimensione comunitaria fra famiglie, con un tempo scandito dai ritmi delle stagioni. E innestare in tutto ciò una vita cristiana che abbia l’ora et labora come sistole e diastole, che possa fiorire dando gloria a Dio.
È questo grosso modo il profilo del Catholic Land Movement, una realtà che ha preso avvio concretamente quattro anni fa nel nord est degli Stati Uniti – nella diocesi di Albany, Stato di New York – e che ha trovato un riscontro crescente, pur nella particolarità della sua proposta. Alla fine dello scorso giugno ad Auriesville, presso il Santuario che ricorda il martirio dei gesuiti missionari fra gli indigeni uroni, sono arrivati in oltre 300 da tutto il Paese per la terza conferenza nazionale, accolti dal vescovo di Albany Edward Scharfenberger. Lo scorso fine settimana nella campagna di Greensburg, piccola cittadina dell’Indiana, è andato in scena il capitolo della zona Midwest e Appalachi. Tra letture di spirituali sotto grandi tendoni piantati nei prati e gruppi di lavoro sull’allevamento dei maiali al pascolo, tra liturgie in latino e lezioni sull’escavazione di pozzi artesiani, tra falò sotto il cielo stellato e preghiere a sant’Isidoro l’agricoltore (1080 -1130), il santo spagnolo protettore di questa esperienza, tra animali scuoiati sul posto e lo sfrigolio delle carni sulla brace, gli incontri del Catholic Land Movement escono anche esteticamente dai canoni degli usuali appuntamenti ecclesiali.
«Il Land Movement si concentra molto sul lavoro pratico, vogliamo che le persone lavorino insieme – ci spiega Michael Thomas – perché l’ordine che si crea tra le famiglie o tra le singole persone quando collaborano, quado fanno cose insieme, è molto diverso dall’ordine che si ha quando queste semplicemente pensano e parlano, anche di ideali bellissimi». Thomas è uno dei principali promotori del movimento e della rinascita delle “fattorie cattoliche”. Quarantaquattro anni, sposato con cinque figli, residente a Sharon in diocesi di Albany, non si considera un fondatore o cofondatore, ma solo il prosecutore di una storia iniziata nel secolo scorso in Inghilterra. Lì a partire dal 1930 nacquero diverse comunità agricole cattoliche ispirate dalla predicazione del frate domenicano Vincent McNabb e dagli scritti di due autori di punta del cattolicesimo inglese del ’900, Gilbert Keith Chesterton e Hilaire Belloc, che insieme cercarono di elaborare soluzioni economiche, di tracciare sentieri praticabili per rispondere alle sollecitazioni dell’enciclica Rerum Novarum (1891) di Leone XIII e poi a quelle della Quadragesimo Anno (1931) di Pio XI. In particolare vie per sfuggire alla tenaglia tra capitalismo e socialismo, confluite in quella proposta organica chiamata “distributismo”, che aveva tra i punti centrali la ripartizione della proprietà dei mezzi di produzione nel più ampio modo possibile fra la popolazione, la centralità della famiglia e l’enfasi sul principio di sussidiarietà.
Una riunione per la costruzione di un pozzo artesiano - Web
Rimanendo sul pratico, approccio che caratterizza il movimento, chiediamo a Thomas se oggi negli Usa una famiglia numerosa può mantenersi con il lavoro nei campi, visto che anche nel settore agricolo i piccoli sembrano schiacciati dai grandi attori del mercato. «Sì – ci risposto risponde – la misericordia e la grazia che Dio ci ha dato nella terra è inestinguibile se gestita bene. Quindi la possibilità esiste ancora, come sempre è stato nel corso dei secoli. Il Catholic Land Movement è un tentativo di riconnettere le persone a questa verità e di fornire loro sia il contesto che i saperi necessari per attuarla». E alla domanda se sia un percorso tecnicamente alla portata di tutti, Thomas replica: «Quello che cerchiamo di realizzare è un viaggio verso un ordine sociale plasmato dalle virtù cristiane e da un rapporto buono con la creazione. Alcune persone arrivano facilmente lontano, altre riescono a fare solo pochi passi prima di aver bisogno di aiuto. Tutti però possono iniziare a camminare. Alcuni non sanno nulla di giardinaggio e hanno bisogno di apprendere nozioni davvero basilari. Altri sanno magari molto di giardinaggio ma hanno bisogno di imparare qualcosa sui cavalli, sugli ovini o sulla produzione del formaggio. Il movimento incontra le persone con il bagaglio di conoscenze che hanno e le aiuta a fare i passi successivi, mettendoli in contatto con altri cattolici che hanno le loro stesse aspirazioni».
Una di queste aspirazioni ha molto a che fare con la libertà. «La casa è la difesa sociale della libertà e la fattoria è la difesa economica della casa» scriveva padre Vincent McNabb, in un suo testo usato da manifesto anche dall’odierno Catholic Land Movement. E aggiungeva: «Nell’amore coniugale la promessa reciproca di marito e moglie, e la promessa, tanto più sacra perché non reciproca, del padre e della madre nei confronti del figlio, forgiano una catena di doveri che richiede la massima libertà da ogni ostacolo o impedimento. Per questo i giovani che ora cercano la libertà di adorare Dio attraverso la vita familiare lasciano le condizioni servili della città moderna, così come l’uomo l’ha creata, per passare alle condizioni libere della natura creata da Dio». Quasi cent’anni dopo quelle parole ritrovano chi le vuole far diventare realtà.