Parla Semeraro. Dieci anni fa l’elezione. «Cosa insegna Benedetto»
«Penso che potremmo riassumere l'eredità di Benedetto XVI in tre binomi presenti nel suo magistero: Dio-uomo; fede-ragione; Vangelo-Chiesa». Così monsignor Marcello Semeraro, vescovo di Albano e profondo conoscitore del Papa emerito (una conoscenza che ha potuto consolidare specie durante i soggiorni estivi di Ratzinger a Castel Gandolfo, che si trova nel territorio della sua diocesi), riassume il lascito magisteriale di Joseph Ratzinger a dieci anni dall’elezione al soglio pontificio. Semeraro, in un'intervista ad Avvenire sull’edizione di domenica 19 aprile, ne ripercorre i tratti essenziali della personalità e spiega in che modo il suo insegnamento rifluisce anche nell'opera di Francesco. Quanto ai tre binomi, «il primo – afferma – lo traggo dalla Deus caritas est laddove, all'inizio del suo Pontificato, Benedetto XVI dichiarava l'intenzione di precisare alcuni dati essenziali sull'amore che Dio, in modo misterioso e gratuito, offre all'uomo e li collegava all'intrinseco legame di quell'Amore con la realtà dell'amore umano». Il secondo binomio è presente, ad esempio, nel discorso di Ratisbona. «In quella circostanza – afferma Semeraro – Benedetto parlò delle possibilità dell'uomo, ma anche delle minacce che ne emergono e si chiese come dominarle. Ci riusciamo – rispose – solo se ragione e fede si ritrovano unite in un modo nuovo; se superiamo la limitazione autodecretata della ragione a ciò che è verificabile nell'esperimento, e dischiudiamo ad essa nuovamente tutta la sua ampiezza». Il terzo binomio, afferma, infine, «lo raccolgo dall'ultima udienza generale del 27 febbraio 2012, quando nell'imminenza della fine del pontificato disse: "La parola di verità del Vangelo è la forza della Chiesa, è la sua vita (...). Questa è la mia fiducia, questa è la mia gioia"». Il vescovo di Albano, oggi segretario del C9, il Consiglio dei cardinali che sta seguendo la riforma della Curia, parla anche dei rapporti con Francesco. E alla domanda se Benedetto XVI, con il suo carattere riservato, non rischi di essere schiacciato tra due giganti "popolari" come san Giovanni Paolo II e l'attuale Pontefice, risponde: «Questo l'ho sentito già dire di Paolo VI rispetto a Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II. Ora, però, Paolo VI è stato proclamato beato e anche gli altri due sono stati canonizzati. Il magistero di Papa Benedetto appartiene al patrimonio della Chiesa ed è un magistero vivo. Nella "Deus caritas est" egli ci ha ricordato che all'inizio dell'essere cristiano non c'è una decisione etica o una grande idea bensì l'incontro con un avvenimento, con una Persona. Nella "Evangelii gaudium" (ma il Papa lo ripete spesso) Francesco ha scritto: "La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù". È un magistero che passa da uno all'altro. Un'altra frase di Benedetto che Francesco ripete spessissimo è questa: "La Chiesa non cresce per proselitismo ma per attrazione". Potrei continuare negli esempi. È una continuità, pur nella diversità degli stili e dell'indole». Infine Semeraro si sofferma sulle condizioni del Papa emerito, che ha potuto incontrare di recente. «L'ho trovato in buona salute. Nel camminare, è vero, da tempo si appoggia a un bastone, ma questo non gli impedisce di muoversi tranquillamente. L'animo sereno e la mente lucidissima. Ne ho anche approfittato per parlare un po' di teologia. I suoi ritmi sono sempre molto regolari. Anche a Castel Gandolfo abitualmente era così. Talvolta al punto da potere fissare l'orologio. Magari, vorrà ritornarci, a Castel Gandolfo».