Chiesa

Chi è. Da nunzio a ideologo dei «no vax»: Viganò, l'arcivescovo diventato contestatore

Francesco Ognibene venerdì 21 giugno 2024

Carlo Maria Viganò

Come un apprezzato diplomatico per 27 anni al servizio della Santa Sede in un crescendo di incarichi di prestigio, dall’ufficio di osservatore al Consiglio d’Europa alla Nunziatura a Washington, si sia trasformato nel più acceso contestatore del Papa, della Chiesa, del magistero e del Concilio resta un mistero. Lo stesso cardinale Parolin, segretario di Stato, ammette che «cosa sia successo non lo so. Mi dispiace tantissimo».

È la stessa amarezza mista a sbalordimento che colse molti quando venne resa pubblica il 26 agosto 2018 una lunghissima “Testimonianza” nella quale Viganò improvvisamente smetteva i panni della moderazione e del riserbo vestiti per una vita muovendo un attacco da lasciare senza fiato: una dettagliata requisitoria nella quale dichiarando di voler «restituire la bellezza della santità al volto della Sposa di Cristo» mosse pesanti accuse a vari cardinali (tra gli altri Sodano, Bertone, Maradiaga, lo stesso Parolin) ma soprattutto a papa Francesco, affrontandolo di petto con argomenti e toni di aperta sfida e chiedendone apertis verbis le dimissioni con l’accusa di aver tradito il «mandato che Cristo diede a Pietro di confermare i fratelli. Anzi, con la sua azione li ha divisi, li induce in errore, incoraggia i lupi nel continuare a dilaniare le pecore del gregge di Cristo», con la Chiesa «deturpata da tante ignominie».

Un’intemerata conclusa con l’invito a pregare per il Papa al quale intanto si chiedeva di farsi da parte. Imboccata la strada del contestatore nel nome di una verità della quale si autoproclamava paladino, monsignor Viganò non è più tornato sui suoi passi: la rottura con la Chiesa che ora arriva al suo punto culminante – un possibile scisma – si consumò con quel violento attacco di ormai sei anni fa, un punto di non ritorno che è diventato il primo gradino di una discesa verso la contestazione insistita, aspra e senza appello della Chiesa e del Papa. Con argomenti che dal piano della fede si sono estesi ad altre questioni, come i vaccini: un aspetto sul quale l’ex nunzio si è accanito diventando punto di riferimento del fronte “no vax”, alimentando con le sue elucubrazioni i molteplici canali digitali di comunicazione dei contestatori del pontificato di Francesco e della strategia vaccinale per frenare la tragica corsa del Covid. Il punto di contatto tra due fronti così lontani lo si rinviene nella pubblicazione il 21 dicembre 2020 di un nota da parte dell’allora Congregazione per la Dottrina della Fede «sulla moralità dell’uso di alcuni vaccini anti-Covid-19» nella quale quello che sarebbe poi diventato Dicastero intese rispondere ai dubbi sul ricorso da parte di alcune case farmaceutiche a cellule staminali embrionali per sviluppare vaccini che arginassero la spaventosa strage pandemica: «L’uso lecito di tali vaccini – si legge nella Nota – non comporta e non deve comportare in alcun modo un’approvazione morale dell’utilizzo di linee cellulari procedenti da feti abortiti».

Costruendo un’astrusa teoria con il meglio del complottismo in circolazione da inizio Covid, a cominciare dalla celebre dottrina del “Grand Reset” («che prevede l’instaurazione di una Religione Universale»), Viganò sostenne che «sappiamo chi sono i teorizzatori della pandemia come instrumentum regni, da Bill Gates a George Soros, in una rete di complicità e di interessi talmente vasta e organizzata da rendere praticamente impossibile qualsiasi misura di contrasto». Un «piano» nel quale sarebbe stata «presente anche parte della Gerarchia cattolica, che in Jorge Mario Bergoglio trova un obbediente predicatore della narrazione pandemica e il principale sponsor dei vaccini», mettendo insieme massoneria e Trilaterale, Oms e Rothschild, Cina comunista e Big Pharma, con la Chiesa in preda dal Concilio a un «inesorabile processo dissolutorio». A dissolversi, nelle molte pagine del saggio di Viganò contro la Chiesa “asservita” a oscuri poteri mondani, sembra però la realtà, con la pandemia ridotta a invenzione a uso di inconfessabili interessi. E forse sta in questa negazione dei fatti la radice della scissione con la vita da nunzio: una carriera costruita su prudenza e misura stracciata per farsi ideologo dell’attacco frontale a Pietro.