Mediterraneo. Dall’Italia il latte solidale per il Libano che salva i neonati
Il vescovo Essayan con il “latte solidale” arrivato in Libano
«Lascio il Libano. Non ce la facciamo più». Elissar è padre di due bambini: il più piccolo ha tre mesi. «Non posso vivere in un Paese dove sono costretto a elemosinare il latte e i pannolini per mio figlio», si sfoga con la moglie al suo fianco. La mancanza di latte per i neonati è un’emergenza nell’emergenza nel Libano in ginocchio per la crisi economica e per l’instabilità politica. «Stiamo affrontando la più dura recessione dalla fine della guerra civile – spiega il vicario apostolico di Beirut, il vescovo Cesar Essayan –. Non solo mancano l’energia elettrica e il carburante, ma anche i medicinali essenziali e il latte artificiale». Il grido d’aiuto arriva dalle famiglie che il vescovo francescano e il vicariato apostolico assistono da tre anni, ossia da quando la nazione è sull’orlo del fallimento. «Per i libanesi ogni giorno è una lotta per la sopravvivenza», avverte Essayan.
Un bambino del Libano con il “latte solidale” donato dall'Italia - Fondazione Giovanni Paolo II
Il suo appello a non abbandonare genitori e ragazzi che ancora resistono è stato accolto in Italia dal Movimento dei Focolari e dalla Fondazione Giovanni Paolo II, la onlus per la cooperazione e lo sviluppo in Medio Oriente voluta dalle diocesi della Toscana. Ed è nato un ponte di aiuti che sta coinvolgendo anche l’Aeronautica militare. «Grazie a un velivolo concesso dal ministero della Difesa è atterrato il primo carico di medicinali e latte in polvere», fa sapere Angiolo Rossi, direttore della Fondazione che porta il nome del Papa santo e che è stata coinvolta dalla Cei anche nell’organizzazione dell’Incontro dei vescovi del Mediterraneo a Firenze. Si tratta di oltre 5mila barattoli che la onlus toscana ha acquistato con il contributo dei sostenitori di tutta Italia e di cinque pancali di farmaci salvavita raccolti dal Movimento fondato da Chiara Lubich. Racconta Elisabetta Mei, docente e coordinatrice del progetto per i Focolari: «Conosco Danièle Richa dal 1999 quando la ospitai per un anno a Firenze. Vive in Libano ed è diventata parte della famiglia. Ho sofferto con lei per le problematiche politiche ed economiche; poi è arrivata la pandemia ad aggravare tutto. Un giorno le chiedo come a una sorella: “Se fosse possibile inviarti qualcosa, che cosa desidereresti?”. Mi risponde che la cosa più utile sono le medicine che scarseggiano, persino il paracetamolo. All’inizio procediamo a piccole dosi, in valigia. Poi la rete si è ampliata fino a un vero e proprio raccordo».
I volontari mentre ricevono in Libano il “latte solidale” - Fondazione Giovanni Paolo II
A distribuire i doni giunti dalla Penisola è il vicariato apostolico di Beirut che li ha affidati a varie associazioni locali, tra cui il centro Crossing Together realizzato dalla comunità cattolica latina con la Fondazione Giovanni Paolo II. Una “bussola” per i più fragili che possono contare sulle visite di un’équipe medica, su uno sportello giuridico, su un servizio di supporto psicologico e su pasti caldi o prodotti essenziali. Nel primo mese il “latte della solidarietà” è entrato nelle case di 250 bambini. «Al momento – riferisce il vescovo – sono oltre 750 le madri che hanno fatto richiesta di latte per i loro piccoli. E altre si aggiungono alla lista ogni giorno. Anche perché il latte artificiale costa 40mila lire libanesi, quasi 30 dollari, e per un lavoratore è la paga di una settimana». I container inviati copriranno il fabbisogno di tre mesi. E una parte andrà anche ai rifugiati siriani accolti nel Paese che vivono al di fuori dei campi profughi. «Ma la richiesta è alta – afferma Angiolo Rossi –. A causa della crisi, sempre più donne non riescono ad allattare al seno sia per lo stress, sia perché costrette a tornare al lavoro poco dopo il parto. E ci sono madri disperate che danno ai figli l’acqua di cottura del riso». Per contribuire al ponte umanitario www.fondazionegiovannipaolo.org.