Dentro il Triduo. Dal Cenacolo al Golgota, il filo della nostra memoria
Bernardino Luini, Passione e Crocifissione. Lugano, Chiesa di Santa Maria degli Angeli
La mattina del Giovedì Santo, in Cattedrale, per la Messa crismale. I preti – tanti – sistemati nella grande e bella navata centrale. Sul presbiterio il vescovo e pochi confratelli. Siamo tutti lì, attorno al successore degli Apostoli, come in ogni altra diocesi del mondo. L’unità nella Chiesa non è facoltativa ma di fondamentale importanza. Gesù pregò il Padre perché “siano una cosa sola, come noi”. Ut unum sint.
Liturgia solenne e ben curata. A tratti, lo sguardo e la mente, vagano: quanti vescovi, quanti preti hanno occupato questi posti prima di noi? La Cattedra episcopale è sempre là, maestosa, preziosa come il coro e l’organo settecenteschi in legno intagliato. Tra i preti, tanti giovani, altri di mezza età, altri ancora decisamente anziani. Siedono gli uni accanto agli altri. Un solo corpo, una sola fede. Si benedicono gli oli sacri, si rinnovano, con emozione, le promesse sacerdotali. La Cattedrale, con i suoi tesori di arte, fede, cultura, memorie, da secoli, veglia sulla città. Patrimonio di tutti, credenti e non credenti, ci fu lasciata in dono dai nostri padri. Ricordiamoli. Siamo riconoscenti.
Penso che tu, Signore «da mille strade ci raduni in unità». Tutti insieme a lodarti, a implorarti, a chiederti forza e coraggio. In serata, poi, ogni prete ha raggiunto la propria parrocchia per presidere, a sua volta, l’Eucarestia. «E per mille strade, poi, dove tu vorrai, noi saremo il seme di Dio». La vita della Chiesa mi ricorda i due movimenti vitali del cuore: sistole e diastole. Nessuno può dare quello che non ha. Se il sangue non viene ossigenato, rigenerato non può donare vita al corpo.
In mattinata, in religioso raccoglimento, ad ascoltare il successore degli Apostoli; di sera, da lui inviati, eccoci correre ad annunciare la Parola più tagliente di una spada a doppio taglio, che penetra nelle profondità dell’animo per ferirlo e guarirlo. Niente è nostro. Siamo tutti servi inutili; inutili e preziosi.
E poi, il Venerdì Santo. Gesù, Signore nostro e di tutti, viene ingiuriato, flagellato, inchiodato in croce. Ingiustamente. Un processo iniquo. Da rabbrividire. Un mistero immenso. Lui non si ribella, accetta di soffrire e di morire. Avessero saputo, quegli uomini, quanto da quel condannato erano amati, sarebbero rimasti pietrificati. Ha voluto, l’Uomo della croce, pagare un prezzo atroce per dire a te e a me che siamo amati di un amore purissimo ed eterno.
È salito sul legno perché nessuno perda la speranza, perché il male, che sovente ci assedia, non abbia il sopravvento. Per dirci che anche quando sembra che non valga più la pena di impegnarsi, resistere, lottare, occorre caparbiamente credere che, alla fine sarà soltanto l’amore a trionfare. La Croce di Gesù è scandalo; non solo ieri, lo è oggi e lo sarà sempre. Dalla croce, inorriditi e impauriti, scappiamo via. E quando non è possibile scappare, la trasciniamo col volto rabbuiato, con rabbia, ribellione. Perché alla croce l’uomo di tutti i tempi non ha mai saputo trovare una spiegazione. Eppure, mai sarà possibile evitarla, la croce. Perché essa è il filo essenziale senza il quale non sarà possibile realizzare la treccia dell’amore.
La croce è l’altra faccia dell’amore. Nella vita di tante cose possiamo fare a meno, non del bisogno – inscritto nel nostro Dna - di amare e di essere amati. E chi ama è fragile, debole, vulnerabile. Chi ama ha deposto in altre mani il meglio di se stesso, ben sapendo di correre il rischio di essere tradito. Chi ama teme e trema che qualcuno possa fare male alla persona amata. Chi ama allarga a dismisura il cuore fino a renderlo capace di contenere l’intera umanità, con le sue bellezze, le sue speranze, le sue contraddizioni, le sue ingiustizie, le sue brutture, i suoi scempi. Chi ama si carica del dolore altrui e lo fa suo. Chi ama, gioiosamente, soffre. Gioiosamente, vive. Oggi, Gesù, prende su di sé tutti i peccati, i dolori, le angosce, le speranze di tutti gli uomini di tutti i tempi. Imitiamolo.
Guardando all’Uomo della Croce, con gli occhi umidi e il cuore contrito, ricordiamo quanto, come e da chi siamo stati amati.