Chiesa

TESTIMONIANZA. Costa: a Castel Gandolfo diede asilo a tutti

Enrico Lenzi sabato 12 ottobre 2013
Quel 9 ottobre di 55 anni «fui la prima autorità civile a rendere omaggio alla salma di Pio XII deceduto poche ore prima (alle 3.35) nel Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo». A parlare è Marcello Costa, classe 1925, che allora era da sette anni alla guida dell’amministrazione comunale della località sui Colli Albani. Del resto era stato lo stesso Pio XII a lasciar detto ai suoi collaboratori che in caso di morte a Castel Gandolfo, i primi a rendergli omaggio fossero proprio i castellani. «Per questo nel manifesto di cordoglio che pubblicammo come amministrazione comunale – ricorda ancora Costa, che guidò quel paese dal 1952 al 1986 – fummo autorizzati a scrivere che “per primi ci siamo recati a tributare il nostro omaggio alla venerata salma”. Un testo, quello del manifesto, che venne redatto da don Dino Sella, salesiano parroco della nostra comunità». È un fiume in piena di ricordi, Marcello Costa, che sin da ragazzino ebbe la possibilità di incontrare Pio XII assieme alla sua famiglia. Del resto suo papà, conosciuto come Peppe il contadino, era noto a tutti come il «meteorologo» del Papa. «Tutto ebbe inizio un pomeriggio in cui all’allora cameriere del Papa – racconta divertito Costa – disse di stare tranquilli per l’incontro che in serata il Papa avrebbe dovuto avere con una delegazione guidata da Luigi Gedda: non sarebbe piovuto prima delle 20.30-21. E così accadde e l’incontro all’aperto potè svolgersi. Da allora venne spesso consultato dal Papa». Si creò da parte di Pio XII un legame forte con la famiglia Costa, e l’elezione di Marcello, già responsabile locale di Azione cattolica, a sindaco democristiano nel 1952 della località laziale, fu accolta con favore da Pacelli, che invece nelle prime amministrative del dopoguerra aveva visto prevalere per 107 voti il Fronte popolare composto da Pci e Psi.«Avevo 18 anni quando gli Alleati sbarcarono ad Anzio e iniziò la guerra di liberazione che coinvolse anche Castel Gandolfo e i paesi limitrofi» ricorda Costa. «Si toccarono i 12mila sfollati accorsi al Palazzo Apostolico, le cui porte su volere di Pio XII vennero aperte per accogliere quante più persone possibile». E tra loro, aggiunge subito l’ex sindaco, «moltissimi ebrei, intere famiglie, e tanti rifugiati politici, tra cui esponenti comunisti, socialisti, democristiani – tra loro per tre mesi anche Alcide De Gasperi –, segno di un’attenzione e di una paternità che non ha avuto limiti». E il racconto non conosce soste. «Nel Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo – prosegue Costa – venne allestita anche un’infermeria diretta dal professor Antonio Ascenzi, che diventerà titolare della cattedra di Anatomia patologica all’Università di Roma. Vi nacquero in quei due anni 38 bambini, sia da genitori già residenti in paese sia da famiglie di altre località. Ci fu anche un parto gemellare, il 1° marzo 1944, a cui vennero messi i nomi di Eugenio Pio e di Pio Eugenio, proprio in onore di Pacelli». Un legame forte con l’intera comunità di Castel Gandolfo, dove Pio XII sembrava ritrovare anche momenti di serenità e divertimento. «Ricordo le risate che si fece – racconta Costa – quando mio padre in un incontro disse che doveva muovergli un rimprovero. Si immagini le espressioni dei presenti. “Lei ha lanciato un appello alla Fao perché si aumenti la produzione del latte, ma qui c’è una grave crisi nella vendita del vino e dovrebbe fare qualcosa”. Il Papa si divertì moltissimo». Ma tra i ricordi di Marcello Costa vi è anche quello di un’udienza concessa a dei profughi polacchi con il loro primate cardinale August Hlond un mese dopo lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. «Con i miei genitori ci intrufolammo nel gruppo dei profughi e le parole del Papa suonarono come condanna e auspicarono “giorni di rinascita e di risurrezione per questa Polonia che non vuole morire” – racconta l’ex sindaco –. Mio padre contadino capì e commentò: “Hai sentito il Papa, ha condannato Hitler”; e mia madre: “Zitto che passi dei guai”. Ma mio padre replicò: “Il Papa sta con gli oppressi e quindi è contro l’oppressore”». Parole rimaste indelebili nella mente di Marcello Costa, che proprio non riesce ad accettare «le falsità che si sono raccontate su un Pio XII vicino al regime nazista. Lo si può dire soltanto se non si è visto con i propri occhi l’azione a difesa degli ebrei operati a Roma, e anche a Castel Gandolfo. Così come su suo ordine in tutti i monasteri e conventi del Paese». Ricordi indelebili come quell’ultimo gesto di omaggio davanti alla salma di un Papa che aveva governato per 19 anni.