Fragnelli. «Così cambiamo registro seguendo Amoris laetitia»
Rimettere al centro la gioia dell’amore familiare, non stancarsi di attivare il criterio chiave del discernimento nei confronti delle varie fragilità, superare atteggiamenti pastorali spesso “ingessati”, proseguire con coraggio la strada della formazione per permettere a presbiteri, diaconi e operatori impegnati con la famiglia di tradurre sempre meglio in prassi pastorale ordinaria la ricchezza dell’Esortazione postsinodale di papa Francesco. Così, a un anno di distanza dalla pubblicazione, il vescovo di Trapani, Pietro Maria Fragnelli, presidente della Commissione episcopale Cei per la famiglia e la vita, sintetizza il cammino del documento sinodale nelle comunità italiane.
L’impegno della Chiesa italiana per promuovere e analizzare Amoris laetitiaè stato intensissimo. Si possono già elencare i primi risultati?
Il primo risultato importante è l’avere avviato nella Chiesa italiana un percorso variegato che, insieme alle inevitabili difficoltà di «riflessione, dialogo e prassi pastorale» (Al 4), lascia intravedere una crescente, ispirata attenzione alle diverse sfaccettature dell’accoglienza e della promozione dell’amore nella famiglia. Stimolate dalle indicazioni del decennio Cei sull’educare, le realtà ecclesiali italiane si stanno muovendo incontro all’universo famiglia, tenendo conto di alcune prospettive principali: la spiritualità familiare alimentata dalla Sacra Scrittura, il rafforzamento della ministerialità educativa (Al 85), l’accompagnamento specifico di chi è in difficoltà economiche e relazionali, la graduale integrazione di chi desidera recuperare un autentico discepolato nella comunità cristiana. Nei prossimi anni – anche con l’aiuto del cammino verso il Sinodo dei vescovi sui giovani – è pensabile che ci sarà un investimento maggiore su «l’insostituibile ruolo educativo svolto dai genitori e dagli altri familiari».
Quali ritiene i punti più rilevanti per entrare nel vivo di quanto il Papa sollecita per il rinnovamento della prassi pastorale?
Sembra che tutto il magistero di papa Francesco ricordi alla Chiesa e alla società come il «mondo fragile» narrato dal regista colombiano César Acevedo non riguarda solo l’America Latina. Tale fragilità è presente dovunque e si tocca con mano soprattutto nella famiglia. Perciò è davvero determinante accogliere l’appello che il Papa fa nell’introduzione di Amoris laetitia: ogni fedele e ogni uomo di buona volontà, «si senta chiamato a prendersi cura con amore della vita delle famiglie, che non sono un problema, ma sono principalmente un’opportunità » (Al 7). La nostra prassi pastorale, dopo alcuni doverosi approfondimenti di singoli capitoli dell’Esortazione, esige da noi vescovi una verifica in vista di una rinnovata e coraggiosa formazione di presbiteri, diaconi e operatori in riferimento alla famiglia.
Ci sono al contrario aspetti trattati nell’Esortazione che, a suo parere, non sono stati ancora adeguatamente scandagliati?
Va ulteriormente scandagliata la convergente visione pastorale di Amoris laetitiacon Evangelii gaudium, entrambe fiorite nel solco conciliare della Gaudium et spes. A cominciare dal rifiuto del modello di successo: «Gesù si identifica specialmente con i più piccoli (cfr Mt 25,40). Questo ci ricorda che tutti noi cristiani siamo chiamati a prenderci cura dei più fragili della Terra. Ma nel vigente modello “di successo” e “privatistico”, non sembra abbia senso investire affinché quelli che rimangono indietro, i deboli o i meno dotati possano farsi strada nella vita» (Eg 209). In questa logica capiamo perché vadano sostenute le famiglie «che accolgono, educano e circondano del loro affetto i figli diversamente abili» (Al 82). La cultura del nostro tempo è contraddittoria: mentre enfatizza l’interesse per il mondo dell’autismo, finge di non accorgersi che contemporaneamente oscura la cultura della vita e la cura della diversabilità. Amoris laetitia può offrire alle famiglie, “santuario della vita”, un aiuto culturale grande per superare il modello individualistico che caratterizza e condiziona il mondo, specialmente quello occidentale. La persona, ogni persona, e specialmente la “più fragile”, non è un ostacolo, ma una risorsa per un nuovo umanesimo della concretezza.
Tra i punti più controversi, inutile negarlo, quelli affrontati nel capitolo VIII. Come sono state accolte dalle diocesi italiane quelle indicazioni e quali le strategie pastorali più significative messe in campo?
I temi nodali del capitolo VIII hanno provocato un certo disorientamento, specie in chi era abituato a una mentalità e a una prassi pastorali piuttosto consolidate, se non addirittura ingessate. Ma nel momento in cui le nostre comunità cristiane hanno accettato di “uscire” verso le periferie esistenziali, stanno incontrando le persone più fragili, tra le quali a volte ce ne sono di eroiche. Le diocesi italiane, in modi e tempi diversi, stanno ristrutturando la loro capacità di cogliere il concreto delle relazioni familiari. Occorre maturare una consapevolezza nuova della realtà delle famiglie, senza giudicare prima di conoscere e applicando la legge della gradualità nell’accompagnamento e nella progressiva integrazione dei doni di Dio. La carità vera, che è sempre «immeritata, incondizionata e gratuita», impone il dovere di discernere bene il “peccato oggettivo”, le situazioni irreversibili e i doveri verso nuovi figli; la pastorale è chiamata a verificare le diverse forme di esclusione, annunciando la fiducia nella misericordia di Dio che non è negata a nessuno. In particolare si avverte che, nell’esaminare i fattori che limitano «la capacità di decisione», bisogna evitare i messaggi “sbagliati” che portano a pensare che “la Chiesa sostiene una doppia morale”. Il Papa chiede di approfondire un criterio chiave: «Il discernimento deve aiutare a trovare le strade possibili di risposta a Dio e di crescita attraverso i limiti» (Al 304).
La prossima “Settimana” dell’Ufficio Cei di pastorale familiare metterà a fuoco il tema della gioia in famiglia. Dobbiamo intenderla come una svolta rispetto alle analisi più focalizzate sulle situazioni problematiche?
L’Ufficio Cei coglie l’urgenza di «aprire la porta a una pastorale positiva, accogliente, che rende possibile un approfondimento graduale delle esigenze del Vangelo»: il Papa ci chiede di cambiare registro e di crescere nella «capacità propositiva per indicare strade di felicità» (Al 38). Mi pare che la gioia dell’amore vissuto nella famiglia vada sicuramente rimesso al centro della nostra proposta culturale e pastorale: gioia pasquale dell’amore incipiente e dell’amore redento dal perdono, chiesto e donato.