Chiesa

Convegno degli Incaricati Diocesani per il Sovvenire. CORRESPONSABILITA’ E TRASPARENZA NELLA CHIESA DI OGGI

martedì 15 febbraio 2011
Card. Angelo BagnascoArcivescovo di Genova, Presidente della Conferenza Episcopale ItalianaSono molto felice di incontrare tutti voi, carissimi Incaricati Diocesani per la Promozione del Sostegno Economico alla Chiesa, partecipando al vostro Convegno Nazionale.Subito desidero esprimervi la mia ammirazione per la dedizione e la generosità con cui vivete il vostro servizio che ben a ragione si inserisce nel grande compito educativo della Chiesa riportato al centro dell’attenzione nel decennio che abbiamo iniziato.Non smarrite mai questa connotazione peculiare del vostro ufficio. So come spesso si sia tentati di confinarlo nel ruolo di semplice coordinatore di tecniche di raccolta fondi o di distributore di materiale. Seppure tutto ciò ha ovviamente una sua importanza, sarebbe questa una interpretazione riduttiva che finirebbe per allontanare soprattutto i giovani dall’assumere con gioia ed entusiasmo questo compito. Permettete la franchezza e la concretezza dell’espressione: voi non siete e non dovete essere i semplici “manovali” del “Sovvenire”. Voi siete e dovete rimanere i custodi e i promotori dello spirito grande e vivo del nuovo sistema di sostegno economico alla Chiesa in Italia e dei valori che lo innervano dal profondo.Proprio per questo, anche a nome di tutta la Chiesa che vive in Italia, vi dico il grazie più sincero che intende tradursi anche nell’incoraggiamento fraterno. Vorrei farlo applicando a voi le espressioni che i Vescovi Italiani utilizzano nella loro lettera “Sostenere la Chiesa per servire tutti”, pubblicata nell’ottobre del 2008 nel XX anniversario del testo che sta alla base di tutta la storia e di tutto l’impianto del “Sovvenire”: “Sovvenire alle necessità della Chiesa. Corresponsabilità e partecipazione dei fedeli”. I Vescovi dedicano una parola esplicita per dire il grazie più sentito e cordiale a tutti coloro che hanno contribuito direttamente e generosamente alla buona riuscita del sistema, “credenti e non credenti, praticanti e non praticanti, accomunati dalla stima nei confronti della Chiesa e del modo in cui essa utilizza per il bene di tutti le risorse di cui dispone” (n.1). Ebbene, i primi a dover essere ringraziati siete voi, carissimi Incaricati!Con questo mio intervento intendo proprio rilanciare la lettera “Sostenere la Chiesa per servire tutti” anche perché, forse, non ha avuto la dovuta eco nelle nostre comunità cristiane. Essa, invece, rappresenta un testo particolarmente felice per una comunicazione mirata e una diffusione capillare: chiaro, riassuntivo, breve e incisivo. * * *Sono trascorsi ormai 27 anni dalla riforma concordataria. Essa ha indubbiamente segnato in modo straordinario e determinante i rapporti tra Chiesa e Stato in Italia, in primo luogo adeguandoli ai grandi principi enunciati sia dalla Costituzione della Repubblica Italiana nel combinato degli articoli 7 e 8, sia dal Concilio Ecumenico Vaticano II nella Costituzione “Gaudium et Spes” e nella Dichiarazione “Dignitatis Humanae”, e in secondo luogo innovando profondamente il sistema di sostegno economico alla Chiesa in genere e al suo clero in specie. Tuttavia non basta una riforma scritta, seppur così importante e completa, per creare una nuova cultura all’interno della Chiesa. E’ necessario operare e vigilare affinché ciò che è “sulla carta” tocchi la vita concreta, creando una mentalità e un costume nuovi.La vera novità della riforma non consiste tanto nella declinazione di modalità e strumenti per sostenere anche finanziariamente la missione di evangelizzazione e di promozione umana della Chiesa. Ciò che conferisce portata storica ed esemplarità al nuovo sistema, e ne ha consentito anche una attuazione sostanzialmente positiva, è la sua capacità di incarnare, dentro un profilo particolare e delicato come la gestione della realtà economica, principi e valori derivanti dalla natura stessa della Chiesa e decisivi per la sua continua edificazione all’interno della società umana. Scrivono i Vescovi: “Qual era, per la Chiesa Cattolica, la vera novità del sistema? Qual era e qual è ancora oggi il suo significato autentico? Sarebbe assai riduttivo, e in ultima analisi sbagliato, considerarlo un puro e semplice meccanismo di raccolta e distribuzione di risorse economiche, una sorta di aggiornamento delle modalità tradizionali reso inevitabile dal mutare delle condizioni politiche e sociali. A dare senso al nuovo sistema è una precisa idea di Chiesa, radicata nel messaggio evangelico e fedele agli insegnamenti del Concilio Vaticano II: un’esperienza di comunione, che riconosce a tutti i battezzati che la compongono una vera uguaglianza nella dignità e chiede loro l’impegno alla corresponsabilità e alla condivisione delle risorse” (n.4).A fondamento di tutto sta il principio della Chiesa come mistero di comunione. Non insisteremo mai a sufficienza su questo, perché tutto veramente nasce da qui e a qui si riconduce. Soltanto se ci si sente parte viva di questa comunione che nasce dalla comunione stessa del Padre, del Figlio e dello Spirito, e si alimenta sempre più il senso di appartenenza a questa famiglia, si può assumere con gioia e con il cuore una propria responsabilità al suo interno e partecipare così di fatto alla sua vita e alla sua missione. Soltanto su questo fondamento radicale si può tradurre anche oggi, nelle modalità adatte alla situazione storica che stiamo vivendo, l’ideale sempre bello e affascinante della Chiesa delle origini: come ci descrivono molto bene i sommari del libro degli Atti degli Apostoli, ai capitoli 2 e 4, testi assai noti ma che si leggono sempre con stupore e ammirazione, la comunione fraterna veniva vissuta dai componenti della comunità fino alla libera comunione dei beni come conseguenza diretta dell’ascolto della Parola, dell’amore fraterno e della frazione del pane, e della celebrazione dell’Eucaristia.* * *La corresponsabilità che conduce alla partecipazione diretta trova nell’esperienza di comunione che è la Chiesa la ragione profonda che la sostiene e la motivazione forte che la alimenta giorno dopo giorno, con energia sempre fresca. Una corresponsabilità, come affermavano i Vescovi italiani, “da vivere in termini di solidarietà non soltanto affettiva ma effettiva, partecipando secondo la condizione e i compiti propri di ciascuno all’edificazione storica e concreta della comunità ecclesiale e assumendo con convinzione e gioia le fatiche e gli oneri che essa comporta” (ib n.11).La lettera “Sostenere la Chiesa per servire tutti” usa a sua volta un’espressione molto bella e felice: nella Chiesa comunione, “casa e scuola di comunione” per riprendere ancora una volta le parole di Giovanni Paolo II nella “Novo Millennio Ineunte”, nessuno può dire: “non mi riguarda”. Nessuno può chiamarsi fuori da questa famiglia, nessuno deve sentirsi ai margini, nessuno deve recitare solo una parte da comparsa, nessuno può fare solo da spettatore. Tutti siamo protagonisti attivi di un mistero di amore che scaturisce dalla comunione stessa che è Dio e si fa presente dentro la storia dell’uomo proprio attraverso le nostre persone concrete, chiamate con la loro responsabilità diretta e coinvolta a realizzare e testimoniare un modo sempre nuovo e bello di vivere la vita: la comunione fraterna che è la Chiesa.In questa luce, allora, credo che il “non mi riguarda” si traduca invece immediatamente nel “mi sta a cuore”, a indicare appunto la necessaria partecipazione attiva alla vita e alla missione della Chiesa comunione, portando ciascuno se stesso come dono per tutti. Sarebbe molto bello se questo appello diventasse quasi il motto del “Sovvenire”: nessuno nella Chiesa dice “non mi riguarda”, nella Chiesa ciascuno e tutti insieme si grida “mi sta a cuore!”.La corresponsabilità deve diventare lo stile attraverso il quale tutti i fedeli, laici, persone consacrate, sacerdoti, si sentono membri della propria comunità e per questo contribuiscono attivamente a fare la loro parte per costruirla, anche mettendo a disposizione i loro beni in base alle effettive possibilità.La corresponsabilità ecclesiale rintraccia un luogo particolarmente significativo di attuazione ed esercizio concreto negli organismi di partecipazione, segnatamente il Consiglio Pastorale e, per il settore del “Sovvenire” in particolare, il Consiglio per gli Affari Economici. Si tratta di realtà tipicamente ecclesiali, espressione diretta dell’ecclesiologia di comunione e del diritto-dovere di tutti i battezzati alla partecipazione. Al di là dei compiti e delle attività specifiche, questi due strumenti di partecipazione ecclesiale dovrebbero uscire da una dimensione formale o burocratica, per diventare strumenti vivi della comunità, sempre tesi a un costante impegno per la missione evangelizzatrice. Per realizzare tutto questo non basta la semplice buona volontà, diventano necessarie riflessioni adeguate, scelte coerenti e verifiche appropriate, e tutto questo può avvenire solo in un clima di corresponsabilità.La costituzione e il reale funzionamento del Consiglio Pastorale e del Consiglio per gli Affari Economici sono fondamentali per l’edificazione e la vita concreta della Chiesa mistero ed esperienza di comunione. Essa nasce dall’Eucaristia, memoriale del sacrificio di Cristo e sacramento di unità, e chi partecipa ai divini misteri è chiamato a partecipare con tutto se stesso al mistero della Chiesa.Vorrei ricordare ancora una volta ai miei Confratelli Vescovi, ma anche a voi carissimi Incaricati, l’importanza che nei Consigli Parrocchiali per gli Affari Economici sia nominato un referente del “Sovvenire” sul territorio. Questa persona, in continuo e fraterno collegamento con voi, deve farsi carico di suscitare, custodire e potenziare sempre più all’interno dalla comunità parrocchiale proprio il senso della corresponsabilità attiva, come pure quello della trasparenza delle gestioni.* * *Sì, carissimi, la trasparenza è l’altro binario su cui il cammino del “Sovvenire” deve snodarsi con sempre maggior convinzione e determinazione, illuminando e quasi trainando il cammino di tutta la comunità cristiana, sia a livello parrocchiale sia a livello diocesano. Tutti conosciamo l’importanza assolutamente decisiva della trasparenza, ancor più nel nostro contesto sociale, culturale e politico. Oggi più che mai una limpida trasparenza, soprattutto nell’uso del denaro è condizione imprescindibile per la credibilità generale della Chiesa e per la realizzazione fruttuosa della sua missione nel mondo. Quando si parla di trasparenza, non si intende tanto sottolineare l’onestà e la correttezza, che all’interno della Chiesa si devono dare per scontate, ma pure una gestione lineare e da tutti verificabile dei beni, ricordando che la dimensione economica è tra le più delicate e incidenti sul vivere e sul sentire degli uomini. La trasparenza, caratteristica che accompagna da sempre il nuovo sistema del Sostegno Economico, è - e deve rimanere - condizione imprescindibile e necessaria per il nostro percorso di Chiesa.La revisione del Concordato, infatti, non offre nulla di precostituito, di previamente e automaticamente garantito: consente però alla Chiesa, grazie al recupero pieno dalla sua libertà, di inserirsi nel vissuto della società per proporre dall’interno il suo dono e guadagnare così fiducia e volontà di condivisione tra la gente. Non dobbiamo illuderci: il successo delle vie concrete di aiuto economico alla Chiesa, la firma per la destinazione dell’ “otto per mille” e le offerte per il sostentamento del clero fiscalmente deducibili, dipende in modo vitale dall’effettiva trasparenza della gestione delle risorse che si ricevono in dono! La trasparenza è, dunque, valore essenziale per la buona riuscita di tutto il nuovo impianto del sostegno economico alla Chiesa. La trasparenza dell’operare è saldamente legata alla fedeltà della Chiesa alla sua natura e alla sua identità, alla vocazione ricevuta e alla missione evangelizzatrice. Non si tratta semplicemente di una pulizia esteriore che deve obbedire a determinate norme. La trasparenza vera nasce da una fedeltà alla propria vocazione e alla propria missione, altrimenti può rischiare di essere ridotta semplicemente a metodologia di azione, a volte appesantita dalla burocrazia.I risultati ottenuti in questi anni sono molto importanti. Il n. 10 della lettera “Sostenere la Chiesa per servire tutti” a chiare lettere e con sincera soddisfazione rimarca che il nuovo sistema ha conquistato coerentemente questo valore: “Ai fedeli che contribuiscono con le loro offerte, agli italiani che firmano per l’otto per mille, alle autorità dello Stato e all’opinione pubblica abbiamo reso conto in questi anni di come la Chiesa ha utilizzato le risorse economiche che le sono state affidate”. Si deve continuare con coerenza su questa strada, operando affinché la trasparenza diventi, senza ombra di dubbio, primario criterio gestionale in ogni comunità ecclesiale. La credibilità della Chiesa non è mai danneggiata dalla chiarezza e dalla limpidezza del comportamento. Una trasparenza sempre maggiore consentirà un sempre maggiore reperimento di fondi per le necessità della Chiesa stessa. I fedeli, infatti, vedendo come sono utilizzate le risorse grazie alla pubblicazione dei bilanci, preventivi e consuntivi, e alla pubblicità del bilancio gestionale delle offerte, saranno sempre più motivati e consapevoli dell’importanza della loro condivisione economica che sostiene la Chiesa nella realizzazione delle sue opere e della sua missione per il bene di tutti, specialmente dei più deboli.Anzi, a questo riguardo, la Lettera dei Vescovi giunge a una affermazione che per la sua forza e il suo dettato esplicito - come è stato già da qualche autore rimarcato - è la prima in questa materia da parte dell’episcopato: “Ogni comunità parrocchiale ha diritto di conoscere il suo bilancio contabile” (n.10). Indirizzandosi poi direttamente ai presbiteri i Vescovi, dopo aver ricordato che il denaro nella Chiesa è sempre e soltanto uno strumento mai un fine, li esortano a “non avere ritegno ad affrontare questi temi con i fedeli, garantendo al contempo la massima trasparenza nel far conoscere la situazione economica e i conti delle nostre parrocchie e di tutte le realtà ecclesiali” (n.17).Se ci sarà questa trasparenza reale in ogni parrocchia, i fedeli non guarderanno più all’offerta come a una sorta di dovere, ma donare diventerà una gioia perché ciascuno vivrà la soddisfazione di fare qualcosa di buono e di concreto, e così sarà anche in grado di aprire lo sguardo e allargare gli orizzonti anche ai bisogni della Chiesa Universale. Corresponsabilità che porta alla partecipazione diretta e trasparenza delle gestioni costituiscono davvero i due binari su cui il “Sovvenire” ha camminato e deve continuare a camminare.* * *Vorrei ora, nell’ultima parte del mio intervento, rimarcare un aspetto su cui forse, almeno nella fase che stiamo attraversando, si è meno portato l’attenzione, per additarlo invece come prioritario sia al Servizio Nazionale, sia a tutti i Servizi Diocesani. Lo faccio sempre in collegamento con la lettera “Sostenere la Chiesa per servire tutti” e con gli Orientamenti Pastorali per il decennio in corso “Educare alla vita buona del Vangelo”.Il tema è proprio quello dell’educazione ai valori che abbiamo sottolineato. Ho l’impressione, infatti, che ci troviamo di fronte ad una certa assuefazione, dando così per scontato che ormai esiste un meccanismo quasi automatico che assicura a clero e fedeli le risorse necessarie per lo svolgimento della loro missione.Mi piace in questo contesto rilanciare la sfida educativa proposta dai Vescovi, aprendo quasi una nuova stagione del “Sovvenire”, chiamando tutti voi, carissimi Incaricati, e tutti i vostri collaboratori nei gruppi di lavoro diocesano come nelle parrocchie, a un rinnovato entusiasmo, anzi ad una ringiovanita passione, e a una nuova progettualità. Sono da riproporre con convinzione e a tutti le parole chiave e puntuali dei Vescovi nella loro lettera: “Educare al Sovvenire è una via assai concreta per accrescere il senso di appartenenza ecclesiale, la partecipazione e la corresponsabilità. In quest’opera di formazione, fondamentale sarà l’apporto degli Incaricati diocesani per la promozione del sostegno economico alla Chiesa, sacerdoti e laici che, con i loro collaboratori, in questi vent’anni sono maturati quanto a competenza, consapevolezza e autentico senso ecclesiale” (n.11). Dovete essere davvero in prima fila per dare attuazione a questa sfida, operando e vigilando affinché trovi accoglienza la richiesta esplicita e direi quasi perentoria che i Vescovi avanzano poco prima del passaggio testé citato: “Le motivazioni del sistema devono essere costantemente richiamate nella catechesi, negli itinerari formativi, nell’insegnamento teologico. Dovremmo forse superare quell’eccessivo pudore che ci induce a tralasciarle nella predicazione abituale: ben diverso era, su questi temi, lo stile degli Apostoli” (n.11)!Il “Sovvenire” si presenta come una grande occasione formativa: esso fa crescere il senso vero di Chiesa come casa e scuola di comunione, educa e sostiene cristiani maturi nella fede, impegna a una testimonianza coerente e generosa.In riferimento alla prima emergenza che ho rilevato, vorrei in particolare incoraggiare l’azione intrapresa su indicazione dell’Assemblea Generale dei Vescovi Italiani del 2008 per una formazione accurata e completa dei seminaristi, attuata in collegamento con il progetto educativo del Seminario. E’ davvero decisivo quello che i Vescovi richiamano nella loro lettera sull’importanza di apprendere le motivazioni teologiche e pastorali che sono alla base del sistema di sostegno economico alla Chiesa in Italia, in primo luogo quelli che già il Vaticano II rimarcava circa l’uso evangelico dei beni temporali e la scelta della povertà volontaria da parte dei presbiteri.Cari amici, impegniamoci per un’attuazione concreta e puntuale di questa direttiva. Sappiamo che un clero ben formato è la prima condizione per la continua edificazione di tutta la comunità cristiana. La formazione e la formazione permanente, poi, devono interessare anche tutti voi, carissimi Incaricati, per una continua rimotivazione e deve coinvolgere anche i vostri collaboratori , soprattutto i referenti parrocchiali. Un’attenzione particolare, poi, deve essere diretta ai formatori dei formatori, segnatamente agli operatori pastorali e agli insegnanti della religione nelle scuole.Vorrei anche rilanciare l’interessante iniziativa dei “Seminari scientifici” che ha coinvolto negli scorsi anni Vescovi, docenti delle Facoltà Teologiche, dei Seminari, delle Università Statali, esperti della vita ecclesiale e della vita civile della nostra società, in vista proprio di un’indagine tesa a scandagliare tutte le ricchezze dei fondamenti del “Sovvenire”, coniugandole e coordinandole con gli altri settori pastorali per un reciproco arricchimento e una feconda rivitalizzazione. A questo riguardo si rivela sempre più utile e urgente una buona integrazione tra i vostri Servizi di Promozione, a cominciare da quello Nazionale, e gli altri organismi della Conferenza Episcopale e delle Diocesi, gli Uffici delle Curie, in specie quelli pastorali, le Facoltà Teologiche e gli Istituti di Scienze Religiose. Ho visto con piacere e interesse sulla vostra rivista “In Cerchio” l’iniziativa, organizzata in collaborazione con il Servizio Nazionale per la Pastorale Giovanile, che tende a coinvolgere i giovani nella raccolta dei CUD e, quindi, nella più ampia e ancora più importante corresponsabilità per la promozione del “Sovvenire”.E’ davvero vitale continuare l’opera di studio e di approfondimento culturale, insieme allo sforzo di ricerca di forme di sensibilizzazione sempre più idonee al contesto sociale in cui viviamo. Così la riforma avvenuta si tradurrà in costume di vita e avrà uno spessore culturale in grado di incidere profondamente nella società.Non basta, tuttavia, la preparazione dottrinale e tecnica. Come ci ha ricordato Papa Benedetto XVI nella sua prima Enciclica “Deus caritas est” è necessario un supplemento di umanità: “Gli esseri umani necessitano sempre di un qualcosa in più di una cura solo tecnicamente corretta. Hanno bisogno di umanità. Hanno bisogno dell’attenzione del cuore. Quanti operano nelle istituzioni della Chiesa devono distinguersi per il fatto che non si limitano a eseguire in modo abile la cosa conveniente al momento, ma si dedicano all’altro con le attenzioni suggerite dal cuore, in modo che questi sperimenti la loro ricchezza di umanità. Perciò, oltre alla preparazione professionale è necessaria anche, e soprattutto, la ‘formazione del cuore’ ” (n. 31).Cari Incaricati, è questo l’augurio che con vivissima cordialità vi faccio: fate vostro in ogni momento, ma in modo particolare quando svolgete il servizio di promozione del “Sovvenire”, quello che sempre Benedetto XVI definisce magistralmente come il programma del cristiano: un cuore che vede (cfr. “Deus caritas est”, n.31). Possiamo davvero applicare queste parole del Papa al vostro ministero: il programma dell’Incaricato per il “Sovvenire” è: “Un cuore che vede”!* * *Vorrei chiudere ancora una volta citando la lettera “Sostenere la Chiesa per servire tutti”, nelle sue parole conclusive che mi sembrano veramente belle e pertinenti: “Non soltanto la fede in Gesù Cristo, ma la lettura realistica di quanto è avvenuto in questi vent’anni ci induce ragionevolmente a coltivare speranza e ad avere fiducia. L’unica cosa davvero importante è ‘essere in Cristo’. Allora tutto diventa ‘nostro’, anche il mondo e le sue possibilità (cfr. 1Cor 3, 21-23): le risorse materiali non costituiscono più un pericolo ma, rettamente intese e utilizzate, ci aiutano a fare fronte alla nostra missione, ponendo la Chiesa come luce e faro per ogni uomo di buona volontà”(n.18).Grazie.