Uno sguardo arguto sull’Emilia Romagna di oggi, tra il letterario e lo spirituale, è sicuramente quello di Guido Conti, scrittore parmense di razza che ha da poco dedicato un intenso romanzo alla sua terra:
Il grande fiume Po (Mondadori).
Conti, esiste una religiosità emiliana?Direi proprio di sì. La definirei una religiosità pragmatica, perché l’Emilia Romagna non è una terra di mistici, ma di gente del fare. La preghiera si esprime molto nell’azione. In questo siamo stati plasmati dall’
ora et labora dei benedettini, un tratto che è emerso anche con il terremoto.
Intende nella voglia di ricostruire?Le faccio un esempio. Il terremoto, dove ha colpito, ha reso impraticabili o distrutto soprattutto le Chiese. Tutte. È stato qualcosa di impressionante, anche per la sua valenza simbolica. Bene, a Novi di Modena, in pochi mesi hanno ricostruito… una chiesa di legno. Non un tendone, ma una chiesa vera e propria, che fa pensare a quelle che costruirono i primissimi evangelizzatori di questa terra. Bisogna vederla per capire. È un segno visibile di rinascita che corrisponde a quello che è avvenuto nei cuori di molte persone. Io conosco bene quelle zone, per le mie frequentazioni e il mio lavoro, e posso testimoniare che il terremoto è stato un trauma che però ha risvegliato in tanti il senso religioso, ha fatto alzare di nuovo gli occhi al Cielo.
Lei si è molto occupato di Guareschi. Sopravvive qualcosa in Emilia Romagna dello spirito del "mondo piccolo"?Penso a una certa passionalità. La figura di don Camillo non è pura invenzione, è un concentrato di figure di preti che Guareschi aveva conosciuto. Di quel tipo sacerdotale, che è anche un po’ quello di don Primo Mazzolari - non emiliano in senso stretto, perché mantovano, ma molto vicino a noi - ci sono ancora molte tracce. Preti che hanno versato anche il sangue nella propria missione: non dimentichiamoci i tanti martiri durante e appena dopo la guerra. Preti e frati santi, pur non essendo canonizzati. A Parma la figura di padre Lino Maupas, un campione francescano della carità morto nel 1924, è un riferimento spirituale importantissimo per la città.
Una terra famosa anche per la cooperazione e la solidarietà.Certamente. Tra l’altro il socialismo che ha attecchito e si è diffuso in Emilia-Romagna era animato da un senso comunitario, del mutuo aiuto, del sostegno ai più poveri, che proveniva dal cattolicesimo. Ma c’è un altro aspetto storico della religiosità emiliana che va ricordato, perché è ancora vivo e resiste.
Quale?È la devozione mariana. Nel lavoro preparatorio per il mio ultimo libro sul Po mi sono imbattuto in una miriade di cappelle, santuari piccoli e grandi, che ricordano apparizioni e miracoli. Nel Santuario di Polesine Parmense il Po in piena, prima di toccare i piedi della statua della Madonna, si ritira e comincia a calare. La gente vedeva in segni come questo una presenza del divino. L’Emilia Romagna è ancora intrisa di questo senso soprannaturale.