Chiesa

CONGRESSO TEOLOGICO . «Famiglia, lavoro, festa: prevalga la logica del dono»

venerdì 1 giugno 2012
«Festa è un parola importante, necessaria quanto il lavoro, anzi: in questi tempi di diffusa crisi economica, solo il fatto di avere un buon lavoro oggi è già motivo sufficiente per fare festa». Con queste parole mons. Emilio De Scalzi, presidente della Fondazione Milano Famiglie 2012, ha aperto stamattina i lavori della terza sessione plenaria del Congresso internazionale teologico pastorale presso il MiCo di Fieramilanocity, dedicata al tema della festa, nell’ambito del VII Incontro mondiale delle famiglie (Milano, 30 maggio - 3 giugno). “La festa - ha affermato mons. De Scalzi - è componente fondamentale di una vita che vuole essere pienamente umana, ma è necessario capire cosa è festa”. L’uomo moderno, infatti, “ha creato il tempo libero, ma ha perso il senso della festa e in particolare della domenica”. Sulla festa “i cristiani sono chiamati a dire qualcosa di chiaro al mondo, per ricordare a tutta la società che esiste un tempo non commerciale e non commerciabile”. Secondo il presidente della Fondazione Milano Famiglie, “la scelta è tra un’esistenza svuotata di verità, di scopo, di ragionevolezza e la speranza che qualche evento doni un senso e una meta alla nostra vita”. L’economia, ha concluso, “avrà pure le sue ragioni sul tema della festa, ma occorre difenderla come giorno che salva la nostra umanità, libera le risorse di socialità e riunisce la famiglia rigenerandola. La domenica non ha prezzo”. Viviamo in un momento storico che può aiutarci a riscoprire la struttura della famiglia e l’appartenenza a una genealogia. Ogni persona è un dono prima di tutto per se stessa e un dono per gli altri”. Da questo assunto ha preso spunto la relazione di Blanca Castilla de Cortàzar, teologa e antropologa che insegna al Pontificio Istituto Giovanni Paolo II di Madrid, intervenuta al Congresso internazionale teologico pastorale nell’ambito del VII Incontro mondiale delle famiglie. Nella sua relazione su “La famiglia e la festa tra antropologia e fede”, la docente ha ricordato la peculiare struttura della famiglia, aperta alla relazione e alla pienezza per rappresentare nell’unità della coppia anche l’unità della divina Trinità. Per la famiglia l’esperienza della festa è esperienza di un tempo molto speciale: “Parte dell’emozione della festa è desiderarla, aspettarla e prepararla. Diciamo che essere in festa si apprende, la festa non si improvvisa come non si improvvisa essere amici. La festa è un ingrediente per creare legami che uniscono le persone che diventano parte della nostra vita”. Nel focolare della famiglia, “la festa - ha concluso Castilla - è un giorno speciale, dove c’è posto per la contemplazione, l’adorazione, la gratitudine, come è la domenica”. La Chiesa è nata intorno all’Eucaristia e in essa “abbiamo qualcosa di più importante del divertimento: abbiamo l’amore portato agli estremi”. Partendo da questa premessa, il card. Sean O’Malley, arcivescovo cattolico statunitense, ha proposto la sua riflessione su “Santificare la festa: la famiglia nel giorno del Signore” nel corso della terza sessione del Congresso internazionale teologico pastorale al MiCo Fieramilanocity, nell’ambito del VII Incontro mondiale delle famiglie (Milano, 30 maggio - 3 giugno). Secondo il cardinale, “la nostra celebrazione dell’Eucaristia, il sacrifico della messa, è per noi cattolici un pasto familiare. È lì che noi facciamo esperienza dell’amore di Dio e impariamo la nostra identità, chi siamo, perché siamo al mondo e cosa fare della nostra vita”. Nella riflessione del card. O’Malley, il legame tra Eucaristia è famiglia è strettissimo: “Quando partecipiamo alla messa con loro, insegniamo ai nostri figli e nipoti una delle lezioni più importanti. I bambini che sentono dai loro genitori quanto e perché essi amano la messa, saranno meno portati a paragonare la messa con la televisione e considerarla noiosa”. La celebrazione dell’Eucaristia, ha concluso il card. O’Malley, “non è solamente qualcosa di simbolico: le grazie e le intuizioni che Dio dona in ogni celebrazione della messa ci aiutano a vivere una vita più felice, una vita più santa. Non andare a messa è come smettere di respirare la vita del corpo di Cristo”. L’intervento del card. Ennio Antonelli, presidente del Pontificio Consiglio della famiglia, ha concluso stamattina i lavori dell’assemblea plenaria del Congresso internazionale teologico pastorale, all’interno del VII Incontro mondiale delle famiglie (Milano, 30 maggio - 3 giugno) al MiCo Fieramilanocity. Il card. Antonelli ha evidenziato che il tema “La famiglia: il lavoro e la festa” è stato trattato in una prospettiva prevalentemente antropologica, secondo l’ispirazione della Genesi riguardo ai tre nuclei tematici, “tre beni che si realizzano nella relazione con gli altri e con Dio”. Questa relazionalità è da valorizzare: “Gli altri non vanno guardati come rivali da sovrastare e utilizzare, ma come alleati con i quali aiutarsi, per crescere insieme. Non è lecito ridurli a strumento. Sono un bene in se stessi e meritano di essere rispettati, amati e valorizzati”. Nell’attuale contesto “in cui la persona è ridotta ad individuo, la società a gioco d’interessi, la felicità a piacere, la verità a opinione, anche la famiglia, il lavoro e la festa subiscono riduzioni e distorsioni”. Tutte le dimensioni della vita “devono essere plasmate dall’amore”. Secondo il card. Antonelli “non solo nella famiglia e nella festa, ma anche nel lavoro e nell’economia deve prevalere la logica del dono, integrando utilità e gratuità, bene strumentale e bene voluto per se stesso”. Nella riflessione del card. Antonelli, “la famiglia è un fenomeno universale nella storia del genere umano”. A parte variazioni accidentali, “ha una struttura permanente, costituita dal rapporto tra i due sessi, legame uomo-donna, e dal rapporto tra le due generazioni, legame genitori-figli”. Anche oggi, secondo le indagini statistiche, “la famiglia costituita da una coppia stabile con figli, è al primo posto nelle aspirazioni della gente, seguita al secondo posto dal lavoro”. La famiglia autentica “comporta la donazione totale reciproca dei coniugi e la loro comune donazione ai figli mediante la procreazione, la cura e l’educazione” e permette lo sviluppo di “legami non solo affettivi, ma anche etici”. Il card. Antonelli ha concluso la sua sintesi con un auspicio: “La cultura individualista, utilitarista, consumista, relativista ha impoverito le relazioni umane e ha compromesso la fiducia tra le persone; ha provocato la crisi dell’economia, del lavoro e della famiglia. La riscoperta dell’uomo come soggetto essenzialmente relazionale e la cura per la buona qualità delle relazioni porteranno al superamento della crisi del lavoro e della famiglia. La crisi fa emergere il malessere latente da tempo e apre prospettive nuove”. L'EUCARISTIA DELLA FAMIGLIA NEL GIORNO DEL SIGNORE (di Paolo Pittaluga)C’è un dato fondamentale, anzi un’istanza, che interpella la creatività della Chiesa e, al suo interno, delle famiglie. Quella di «porre nuovamente al centro della vita cristiana un’adeguata comprensione e prassi del giorno del Signore, giorno della Chiesa, giorno dell’Eucaristia, giorno per l’uomo». Si possono sintetizzare così le riflessioni di Enzo Bianchi all’incontro di oggi pomeriggio nella Basilica di sant’Ambrogio sul tema «L’Eucaristia della famiglia nel giorno del Signore». Il priore di Bose ha ricordato come, nonostante i mutamenti storici, resti decisivo il vivere la famiglia come «una realtà caratterizzata da relazioni di amore che diventano storia e che legano tra loro un uomo e una donna». Per quanto sia sempre stato difficile «vivere cristianamente la domenica» occorre, ha sottolineato Bianchi, vivere la domenica come famiglia. Che significa «ritmare insieme sinfonicamente il tempo», in chiesae in una casa che non deve essere un ostello ma luogo d’incontro autentico. Per sentirsi «chiamati dal Signore, insieme ascoltare la Parola, celebrare la fede» e insieme vivere l’Eucaristia che rende tutti un corpo unico, il corpo stesso di Cristo. Alle parole del priore di Bose hanno fatto seguito le testimonianze di tre famiglie: una colombiana, una polacca e una torinese. Tutte unite nella consapevolezza che camminare insieme nel matrimonio e nella crescita dei figli è stato possibile solo grazie alla presenza di Gesù e dell’Eucaristia.
 

LA DOMENICA, TEMPO DELLA FESTA, DELLA COMUNIONEE DELLA MISSIONE PER LE FAMIGLIA (di Ilaria Solaini)A confrontarsi sul tema, oggi in uno degli incontri al Congresso teologico pastorale del VII Incontro delle famiglie, sono stati tre sacerdoti, alle spalle esperienze missionarie e comunitarie, a latitudini differenti. Dall’Africa alla Croazia, fino alla vicinissima parrocchia della Natività di Nostro Signore Gesù Cristo, a Roma. La preparazione al tempo della festa e all'Eucaristia, nelle piccole comunità cristiane in Zambia è stata descritta da don Olinto Ballarini, fidei donum a Lusaka: “Sono le stesse famiglie a organizzare incontri nelle loro case per condividere azioni di carità e studiare brani della Bibbia", e al tempo stesso sono i fedeli zambesi ad addobbare e pulire la Chiesa prima della Messa. Accorata anche la testimonianza di monsignor Pietro Sigurani, parroco romano alla Natività di Nostro Signore Gesù Cristo che ha ricordato la necessità di mostrare la bellezza di Cristo e di far vivere il Mistero di Dio nelle liturgie per avvicinare maggiormente le famiglie al tempo della festa. Un tempo che nella parrocchia romana viene santificato anche attraverso un agire caritativo: nell'accoglienza ai poveri e ai bisognosi.SEPARAZIONI, DIVORZI E NUOVE UNIONI TRA LAVORO E FESTA (di Paolo Ferrario)Vivere il lavoro e la festa quando la famiglia soffre per la separazione dei genitori, è una fatica che richiede una grande forza, soprattutto spirituale. Lo hanno spiegato bene i testimoni intervenuti al seminario “Separati, divorziati, risposati civilmente tra lavoro e festa”, tenutosi all’Università Statale di Milano. «La separazione in tribunale è una vera e propria guerra in cui i figli sono usati come arma», ha amaramente raccontato Vittorio, separatosi dopo 15 anni di matrimonio e due figli. Simile l’esperienza di Giorgio di Lodi, separato e risposato con cinque figli (due del primo matrimonio), che si è soffermato sulla “mutilazione” che vive un genitore costretto a vedere i propri figli nei giorni stabiliti dal tribunale. Sulla necessità di trovare sulla propria strada persone capaci di stare accanto a chi vive la fine del proprio matrimonio, è intervenuto André, 56 anni delle Isole Mauritius, ma residente a Como da più di vent’anni. Delle fatiche delle donne separate ha parlato Louisette, francese di Rennes, abbandonata dal marito dopo più di vent’anni di matrimonio, che ha ricordato le difficoltà a mantenere i tre figli da sola. «Le nostre comunità ­ ha concluso don Eugenio Zanetti della diocesi di Bergamo – devono stare vicino a chi vive l’esperienza della separazione, per aiutare queste persone a riscoprire il senso più vero del lavoro e della festa, occasione di rinascita e di riconciliazione”.