Avvento. La confessione è necessaria, lettera ai sacerdoti (ma anche a tutti noi)
Un sacerdote in confessionale
Anche in tempi di pandemia la confessione sacramentale «è e rimane indispensabile, almeno una volta all’anno e comunque sempre in caso di peccato mortale, per potersi accostare degnamente alla santa comunione». Lo ricorda il cardinale Mauro Piacenza, penitenziere maggiore, nella consueta Lettera inviata in occasione del Natale a tutti i confessori, auspicando che il Signore conceda loro la capacità di trasmettere «la tenerezza dell’abbraccio misericordioso» di Dio anche nei «cuori più induriti».
Il porporato si rivolge ai «cari fratelli nel sacerdozio» ricordando che «in questo tempo di pandemia, le parole: “salvezza” e “guarigione” hanno assunto per tutti un nuovo significato, drammaticamente concreto e tangibile». Infatti «l’esigenza di essere salvati, anche per gli uomini che si sentono importanti e autonomi, è riemersa potentemente, e, come sempre accade, la domanda ha bisogno di essere orientata, per poter incontrare una risposta autentica».
Ecco quindi che oggi più che mai il Signore chiama i cristiani «a riporre le personali speranze, di guarigione spirituale e fisica, di consolazione e salvezza, ai piedi del bambino Gesù, ai piedi della Sacra Famiglia». E proprio guardando al Bambino - è l’invito del cardinale penitenziere - è necessario chiedere «un incessante zelo nell’esercizio del nostro ministero di confessori, così ché nessun’anima rimanga chiusa al dono dell’Amore salvifico».
È necessario chiedere «di essere capaci di trasmettere ai fedeli, che a noi si rivolgono, la tenerezza dell’abbraccio misericordioso e consolatorio del bambino Gesù, affinché anche i cuori più induriti si aprano all’Amore e riconoscano il Salvatore». Così il miglior dono che i confessori posso fare a Gesù Bambino in questo Santo Natale è proprio «il tempo dedicato alla celebrazione del sacramento della penitenza», l’essere «sempre disponibili per i fedeli» accogliendoli con «tenerezza» e ricordando loro in modo «sereno» che «il bene spirituale della confessione è sempre superiore anche al pur importante benessere fisico».
Il cardinale Piacenza ringrazia infine i penitenzieri delle Basiliche Papali a Roma e tutti i confessori per «il prezioso servizio offerto a Cristo e alla Chiesa, e per la dedizione che riservate alla cura delle anime», affidandoli alla Vergine Madre e a san Giuseppe nel 150° anniversario dalla sua proclamazione a protettore della Chiesa universale.
Riguardo alla questione di come celebrare il sacramento nelle circostanze più drammatiche di questi tempi di Covid in una intervista rilasciata nei giorni scorsi all’Osservatore Romano il cardinale Piacenza aveva sottolineato «la probabile invalidità» della assoluzione impartita attraverso uno smartphone o altri mezzi di comunicazione sociale. In questi casi infatti manca «la presenza reale del penitente e non si verifica reale trasmissione delle parole della assoluzione; si tratta soltanto di vibrazioni elettriche che riproducono la parola umana».
Il porporato comunque aveva ricordato che laddove «i singoli fedeli si trovassero nella dolorosa impossibilità di ricevere l’assoluzione sacramentale», si deve tener presente che «la contrizione perfetta, proveniente dall’amore di Dio amato sopra ogni cosa, espressa da una sincera richiesta di perdono - quella che al momento il penitente è in grado di esprimere - e accompagnata dalla ferma risoluzione di ricorrere, appena possibile, alla confessione sacramentale, ottiene il perdono dei peccati, anche mortali, come afferma il Catechismo della Chiesa cattolica al numero 1452».