Assisi. Settimana spiritualità Cei: «Con la famiglia senza moralismi»
Galantino e Melloni
Perdono in famiglia, testimonianza, percorsi di preparazione al matrimonio, politiche familiari, ambiente, lavoro e tanti altri snodi della vita familiare. Ne hanno parlato ieri ad Assisi, in occasione della "Settimana nazionale di studi sulla spiritualità coniugale e familiare" il segretario generale della Cei, Nunzio Galantino e lo storico del cristianesimo Alberto Melloni. Un faccia a faccia condotto da Lorena Bianchetti, distante anni luce dal solito convegno accademico, che non impedito di approfondire una serie di temi rilevanti con il nuovo stile con cui la Chiesa vuole stare vicino alle famiglie, a tutte le famiglie, accompagnandone speranze e fragilità. Non sono mancati i messaggi forti. Come quando Galantino ha sintetizzato il senso di Amoris laetitia come volontà di guardare la realtà familiare con gli occhi di Gesù che, abbracciando il lebbroso o toccando i morti, non ebbe paura di diventare “impuro” e di mettersi fuori dalla religione del tempo. Da qui la necessità, sollecitata anche da papa Francesco, di guardare alla vita delle famiglie mettendo da parte moralismi e proclami dottrinali. «Il dottrinarismo è una bandiera – ha sottolineato il segretario generale della Cei – con cui non guadagniamo niente e nessuno. Mentre prendendoci cura evangelicamente della vita della persone, guardando in faccia la realtà, abbracciando le situazioni più fragili, realizziamo davvero quel discernimento di cui parla Amoris laetitia». E qui Melloni, ricordando le polemiche nate intorno all’ormai famigerata nota 351 (quella che apre la strada alla possibilità dei sacramenti per i divorziati risposati) ha invitato a non usare il «semplicismo catechetistico come una lama per dividere» i cosiddetti progressisti dai cosiddetti tradizionalisti. Tanta immediatezza e tanta parresia. Come quando Galatino ha ricordato «l’inesistenza o l’inconsistenza» delle politiche familiari nel nostro Paese. E Melloni ha messo in guardia dal collegare in modo unilaterale natalità, matrimonio e fecondità, «come se il numero dei figli fosse una spilla da appuntarsi all’occhiello».
È evidente, aveva detto nell’intervento iniziale don Paolo Gentili, direttore dell’Ufficio Cei per la pastorale della famiglia, che per le famiglie «occorre un accompagnamento più articolato nel tempo e più capace di intercettare chi è uscito dalla porta della Chiesa e non la sente più come casa». Don Gentili ha ricordato il diffondersi del cosiddetto precariato affettivo, di forme diversificate di convivenza, il procrastinarsi della scelta del matrimonio. «Occorre ridestare la nostalgia del sacramento», anche con testimonianze capaci – sull’esempio di Cana – di «diventare autentici sommelier del vino della gioia».
Anche Giulia e Tommaso Cioncolini, collaboratori dell’Ufficio famiglia Cei, si sono chiesti cosa significhi indicare strade di felicità. «L’intelligenza familiare – hanno ribadito – ci aiuta a comprendere che se la vita felice coincidesse nudamente con i momenti belli che riempiono l’esistenza, quella sarebbe irrimediabilmente consegnata al baratro dell’infelicità non appena questi verrebbero a mancare». E allora? «La felicità che tutti noi cerchiamo e condividiamo prima ancora che essere legati a qualcosa di semplicemente bello – hanno concluso i coniugi Cioncolini – dipende dalla costruzione di un’alleanza che si fa indissolubile e per sempre».