Maria Ausiliatrice. Con i cristiani in Cina «preghiera e dialogo»
Foto dall'archivio Siciliani
«Questo lavoro è dedicato ai missionari cinesi del vicariato apostolico d’Etruria». Comincia così Esperienze pastorali, forse il libro più importante di don Lorenzo Milani, sulla cui tomba papa Francesco andrà a pregare nel cinquantesimo anniversario della morte. Tra ironia, paradosso e denuncia, il priore di Barbiana immaginava un futuro in cui sarebbero venuti dalla Cina missionari cattolici per evangelizzare una Toscana ormai completamente scristianizzata. Il libro - sebbene uscito con l’imprimatur della Curia di Firenze e la prefazione dell’arcivescovo di Camerino - fu ritirato dal commercio (peraltro senza essere condannato) per disposizione del Sant’Uffizio. «Troppo pessimista » disse qualcuno.
A sessant’anni di distanza - Esperienze pastorali uscì nel 1957 questa singolare dedica è mol- to attuale. Oggi, infatti, lo stato del cristianesimo in Toscana - come in tutt’Italia e in tutt’Europa - appare ancora più problematico. E il futuro della fede in Cina costituisce una questione cruciale per tutta la Chiesa: non sappiamo se un giorno missionari cinesi evangelizzeranno la Toscana, ma di sicuro la presenza di cristiani in questo grande paese sarà decisiva per tutto il mondo. Proprio alla fede in Cina è dedicata la bella Lettera ai cattolici cinesi, che Benedetto XVI ha firmato il 24 maggio 2007, festa di Maria Aiuto dei cristiani, venerata in particolare nel santuario di Sheshan.
Ai cattolici cinesi, papa Benedetto XVI scrisse che, come Giovanni Paolo II aveva «sottolineato con voce forte e vigorosa », «la nuova evangelizzazione esige […] la consapevolezza che, come durante il primo millennio cristiano la Croce fu piantata in Europa e durante il secondo in America e in Africa, così durante il terzo millennio una grande messe di fede sarà raccolta nel vasto e vitale continente asiatico ». E compiendo diversi viaggi in Asia - sorvolando anche lo spazio aereo cinese - anche papa Francesco si è posto pienamente nella stessa prospettiva. Ma, anche se a dieci anni dalla Lettera molte cose sono cambiate in meglio, il bilancio non è completamente positivo. Spesso, infatti, l’insistenza degli ultimi tre Pontefici sull’urgenza di evangelizzare il grande continente asiatico è stata ridotta ad una retorica priva di effetti concreti.
È accaduto talvolta anche per quanto riguarda le relazioni sino-vaticane e la possibilità di un accordo, auspicato anche da Benedetto XVI nella Lettera. In realtà, proprio la storia di queste relazioni rende ancora più evidente tale urgenza. Si tratta, infatti, di una storia segnata da molte occasioni mancate. Nel 1981, nel 2000 e nel 2009 Santa Sede e Repubblica popolare cinese furono molto vicine ad un accordo: il contenuto di un’intesa era già stato definito con il consenso di entrambe. Ogni volta, però, qualcosa o qualcuno ha fatto fallire tutto e si è dovuto ricominciare da capo, con grande fatica e molti problemi. C’è chi dice che nessun accordo è meglio di un cattivo accordo. E qualcuno, pur lamentando di non conoscere i termini dell’intesa su cui si sta lavorando, interpreta le difficoltà come preannuncio di un ennesimo fallimento da salutare positivamente. In realtà, sono stati fatti concreti passi avanti e la meta è più vicina. Ma se, ancora una volta, qualcosa o qualcuno interrompesse il dialogo - con effetti negativi per almeno dieci o venti anni - non ci sarebbe motivo di gioirne. A pagarne il prezzo, infatti, sarebbero i cattolici cinesi e anche milioni di cinesi e miliardi di asiatici che non hanno mai sentito parlare del Vangelo.
Le occasioni perdute sono in questo senso illuminanti. Se l’accordo fosse stato raggiunto, com’era possibile, già nel 1981, quando al vescovo di Canton venne permesso di venire a Roma e incontrare il Papa, la storia della Chiesa in Cina e quella di tutto questo grande paese sarebbe state molte diverse. Ma così non è stato e le tante difficoltà dei cattolici in Cina negli ultimi decenni costituiscono un grave monito per tutti. Parlando di evangelizzazione dell’Asia, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco hanno guardato soprattutto al futuro, pur senza dimenticare le sofferenze del passato e i problemi del presente. Ed è oggi ancora più urgente farlo, mentre i rapporti di forza tra Occidente ed Oriente stanno cambiando, con il primo che ha perduto la sua egemonia e il secondo che va accrescendo il suo peso nel mondo. Anche i valori occidentali sono coinvolti. Il presidente del maggiore paese occidentale non propone più di esportare la democrazia, come faceva George Bush, né di favorire pace, tolleranza e convivenza, come Barack Obama.
Tra i valori che l’Occidente fatica ad imporre c’è anche la libertà religiosa. Ma anche se la Chiesa ha stabilito un rapporto profondo con l’Occidente non ne costituisce un’appendice e non comunica il Vangelo con la forza dei cannoni, come diceva già Leone XIII proprio a proposito della Cina. La sua è una forza mite e le sue mani sono disarmate. Papa Francesco ha svincolato decisamente il rapporto tra la Chiesa e la Cina da quelli tra Occidente ed Oriente e sarebbe anacronistico riportare il dialogo tra Santa Sede e Repubblica popolare ad una serie di bracci di ferro intorno a questioni di importanza minore rispetto alla grande urgenza di diffondere il Vangelo in Asia.