In san Giovanni in Laterano. Comunità di Sant’Egidio, un’universalità nata del Vangelo
Dai senzatetto della stazione, ai profughi dei corridoi umanitari. Un’opera di carità e pace che la Comunità di Sant’Egidio costruisce grazie alla preghiera, dice il cardinale Gualtiero Bassetti. È il presidente della Cei a presiedere la concelebrazione a San Giovanni in Laterano, ieri sera, per i 54 anni della fondazione. «La preghiera e l’ascolto della Parola di Dio - afferma - sono decisivi per la vostra Comunità. Perché «la fede sposta le montagne».
Quella di Roma è solo la prima di tante feste nei 70 Paesi del mondo in cui è presente Sant’Egidio. Nella basilica laterana arrivano - per le misure anti-Covid - poco più di 900 persone, un quinto delle passate celebrazioni. C’è il “popolo di Sant’Egidio”: senza dimora, anziani soli, disabili, immigrati. Ci sono i giovani, c’è il fondatore Andrea Riccardi, il presidente Marco Impagliazzo, l’arcivescovo Vincenzo Paglia, i cardinali Matteo Zuppi e Giovanni Battista Re. E poi i ministri Lamorgese, Di Maio, Bianchi, il generale Figliuolo, Laura Mattarella.
«A 54 anni la Comunità è una distinta signora - scherza il cardinale - non anziana, ma matura». Il presidente della Cei ha di fronte tanti poveri: «Guardando voi, ho un’immagine di universalità, non solo per motivi internazionali, ma soprattutto per criteri evangelici. La vostra universalità - dice alla Comunità - è quella del Vangelo: cominciare dai piccoli e dai poveri, includerli nella fraternità e nel sostegno solidale». E «con i corridoi umanitari avete aperto ponti laddove sono muri e fili spinati». Essi nascono dal pensiero per i lontani, spesso ignorati nel silenzio dei campi di raccolta o nell’abbandono. Chi ascolta il loro flebile grido?».
Il Cardinale ritrova in Sant’Egidio «quel sogno che La Pira nutrì, ma anche quel senso di concretezza che ebbe utilizzando l’unica arma dei noi credenti: l’amicizia che unisce e la premura concreta per gli altri». E aggiunge: «Coraggio! Non solo la Chiesa, ma l’Italia e altri Paesi, aspettano il vostro impegno. Non abbiate paura!».
Poi è il presidente della Comunità a ringraziare il Cardinale: «Abbiamo capito meglio il valore dei legami - dice Marco Impagliazzo - messi alla prova dalla sofferenza della pandemia, che per molti ha significato la perdita di molto, se non di tutto. Ci ha mostrato che da soli non c’è futuro. Le nostre società vanno ricostruite dove si sono sfaldate, bisogna stare vicini ai bisognosi e vicino agli anziani, cambiare il modo di assistenza nei loro confronti, ma occorre recuperare anche le reti per i bambini che sono in difficoltà dopo tanta Dad di questo periodo». Proprio il superamento della solitudine «fu posto nella prima riunione della piccola Comunità, qui a Roma, nel febbraio del 1968».
Impagliazzo conferma «la prospettiva in cui vuole muoversi Sant’Egidio: costruire legami che contrastino lo scivolamento verso la frammentazione, l’indebolimento della vita dei vulnerabili, la conflittualità. L’assemblea gioiosa di oggi è un’immagine di quello che vorremmo umilmente costruire ogni giorno, sporcandoci le mani in tante situazioni anche dolorose». Sulla rotta «indicata da Papa Francesco».