Civiltà Cattolica. "Troppi casi di abusi di potere e coscienza in Istituti femminili"
Un gruppo di suore in piazza San Pietro
Abusi soprattutto di potere e di coscienza all’interno della vita religiosa femminile dove le vere vittime sono spesso suore giovani o in formazione o consacrate ormai disamorate e costrette ad abbandonare l’abito e il convento divenute per loro delle «prigioni» per il “cattivo esempio” – da quello economico a quello organizzativo e spesso manipolatore – delle loro superiori.
È il quadro drammatico che descrive nell’ultimo numero de “La Civiltà Cattolica” il gesuita Giovanni Cucci dal titolo “Abusi di autorità nella Chiesa. Problemi e sfide della vita religiosa femminile”. A fare da sfondo a questo saggio che è anche un’attenta radiografia sullo stato di salute soprattutto vocazionale degli Istituti femminili in Italia è quello di ripartire dal recente documento (2017) della Congregazione per gli istituti di Vita consacrata e le società di vita apostolica Per vino nuovo e otri nuovi e il magistero di Francesco su questo cruciale tema.
Si cita - e non è un caso - l’intervista del cardinale prefetto della Congregazione per gli istituti di Vita consacrata il brasiliano Joao Braz de Aviz, concessa all’inserto “Donne Chiesa Mondo” dell’Osservatore Romano in cui parlò di casi «di superiore generali che una volta elette non hanno più ceduto il loro posto», mentre «una ha voluto persino cambiare le costituzioni per poter restare superiora generale fino alla morte».
Il saggio di Cucci fa scoprire i tanti casi di suore che uscite dal loro Ordine si sono trovate costrette per sopravvivere e mantenersi addirittura «a prostituirsi». Il richiamo della Civiltà Cattolica – citando sempre Braz de Aviz e papa Francesco – è quello di non abbandonare queste persone ferite ma di accompagnarle in un percorso fecondo all’interno delle comunità cristiane. E poi non mancano «casi di abusi sessuali subiti dalle novizie da parte delle formatrici; una situazione più rara rispetto alle Congregazioni maschili, ma forse, proprio per questo, ancora più grave e dolorosa».