È un ministro ordinato e quindi fa parte del clero. Deve il suo nome al vocabolo “diaconia” che significa servizio. Il diaconato permanente, ossia non finalizzato al sacerdozio, è un ministero «della soglia» in quanto chi lo svolge è chiamato a stare fra il mondo e il sacro. Ecco perché nella Chiesa “in uscita”, cara a papa Francesco, il diacono può giocare un ruolo chiave. Il suo compito principale è quello di proclamare il Vangelo durante la Messa. Siamo, quindi, tenuti all’annuncio e l’identità diaconale si lega strettamente all’evangelizzazione. Poi c’è il compito di “santificare”: il diacono amministra il Battesimo, distribuisce la Comunione, benedice il Matrimonio, preside le esequie. Si tratta di un servizio di prossimità. Inoltre il diacono è un «dispensatore della carità», come lo definiscono i vescovi italiani. Nelle comunità i diaconi animano il servizio della carità: non è un caso che in molte diocesi siano direttori delle Caritas locali. Fondamentale è anche lo stretto legame che hanno con il vescovo. Nel rito di ordinazione episcopale il Vangelo è posto sulla testa del vescovo, mentre nel rito di ordinazione diaconale è consegnato soltanto nelle mani. Questo significa che dobbiamo portare fra la gente la Parola seguendo il magistero dei nostri pastori.