La visita. Cetoloni: il Papa a Nomadelfia un viaggio alla radice del Vangelo
Un viaggio in una terra bonificata per una nuova grande bonifica, quella dei cuori? A partire da Nomadelfia e dall’esempio di don Zeno Saltini e i suoi 'scarti'? Padre Rodolfo Cetoloni, vescovo di Grosseto, minore francescano, non lo dice in modo esplicito ma dalle sue parole sì, questa potrebbe essere una chiave di lettura dell’imminente pellegrinaggio di Francesco a Nomadelfia.
Solo un omaggio a don Zeno o qualcosa di più?
Francesco non è certo un Papa da “omaggi”. Va sempre alle radici di esperienze cristiane forti. Radici evangeliche, radici che qui parlano di famiglia e lavoro. Quanto a don Zeno, sarebbe un grave errore semplificare il suo pensiero che invece è profondo e complesso, e va approfondito con cura.
Nomadelfia vuol dire famiglia, accoglienza, lotta alla cultura dello scarto, per usare un’espressione cara a Francesco. Valeva mezzo secolo fa.Vale anche oggi?
È l’esperienza a dirci di sì. Nomadelfia è ancora vivace e vitale, con tante coppie giovani, tanti affidamenti. Ha un modo esemplare di vivere e lavorare insieme. Le famiglie vivono in 'borghi' a gruppi di quattro o cinque, con cucina e refettorio in comune, e anche la presenza dell’Eucaristia.
Dove?
È una concessione straordinaria del mio predecessore, il vescovo Agostinelli. Limitrofa al refettorio c’è una stanzetta che funge da cappellina, con un inginocchiatoio e qualche sedia. E il Santissimo. Aprendo la porta diventa un ambiente unico.
Le due 'mense'...
Ovviamente non è un modello da copiare pedissequamente, ma eccezionale per una realtà eccezionale. Significativa è la presenza dell’Eucaristia in ogni casa.
Se non esistesse, sembrerebbe un’utopia.
Invece esiste, a dimostrazione che un ideale alto, quello di don Zeno, se incontra persone che lo prendono a cuore diventa realizzabile. Nomadelfia è una proposta, ed è realizzabile.
Il segreto?
I segreti, al plurale... Se devo indicarne uno solo, direi l’estrema attenzione alla persona, e lo stretto rapporto tra la famiglia, la scuola e l’ambiente di lavoro.
Ha già pensato a che cosa dirà a Francesco, se ne avrà l’occasione?
Non sono previsti discorsi di benvenuto. Ma se, accompagnandolo per Nomadelfia, ne avrò l’occasione, gli esprimerò la nostra immensa gratitudine. A lui. E a don Zeno.
Grosseto è davvero grata a don Zeno? Venne a portare problemi o risorse?
La nostra è una terra sempre bisognosa di bonifica. Nel secolo scorso ha accolto emigrati da tutta Italia che hanno arricchito la nostra società asprigna, maremmana e toscana, una terra dura fatta per gente robusta abituata a faticare. Si è creato un curioso amalgama. Nomadelfia ha fatto qualcosa di simile. Lasciando Fossolo, don Zeno ha saputo rendere questa terra maremmana più bella. Questo è un segreto: il lavoro faticoso ma appassionato rende belle le cose.
Glielo domanderanno tutti: è possibile che questa visita determini un’accelerazione nel cammino di don Zeno verso gli altari? Don Zeno possedeva una forte carica spirituale, perfino... eremitica, con curiose analogie con i santi maremmani: gente forte, solitaria, ma capace di divenire punto di riferimento per tanti. Di sicuro la visita del Papa getterà nuova luce su don Zeno, e questo potrebbe aiutare.
La diocesi come attende questa visita? Con entusiasmo. Da giorni tutti i posti disponibili sono esauriti, nonostante l’orario 'difficile'.
E i rapporti tra diocesi e Nomadelfia? Collaboriamo con profitto. Alcuni esempi: ci sono coppie di Nomadelfia inserite nella pastorale familiare diocesana e un recente convegno è stato tenuto là, con circa 200 partecipanti ospitati a pranzo nelle famiglie. La pastorale giovanile lo stesso, si lavora insieme da anni. E un frutto concreto sarà l’accoglienza dei pellegrini, affidata ai giovani.
Francesco, con le sue visite-lampo, da Bozzolo a Barbiana, poi la Puglia, infine Nomadelfia e Loppiano, getta luce su alcune ricchezze di una Chiesa italiana che dunque non è poi così 'spenta'...
Francesco sa tirarci le orecchie, all’occorrenza, ma anche accarezzarci. Vede i nostri limiti, ma anche i tanti nostri doni. Limiti da correggere, doni da mettere a frutto. E così ci consente un ottimismo realistico.