Caso Bose. Padre Sorge a Enzo Bianchi: «Accetta questa croce»
Enzo Bianchi in una foto durante l’intervento alla Settimana liturgica nazionale del 2016 a Gubbio
Non si spegne il clamore per il decreto della Segreteria di Stato che martedì ha disposto l’allontanamento da Bose dell’ex priore Enzo Bianchi. Ma non si spegne neppure la speranza di raggiungere in tempi ragionevoli una decisione condivisa con il fondatore della comunità di Bose. Le soluzioni sul tappeto sono diverse e, anche se al momento le posizioni appaiono distanti, l’obiettivo del delegato pontificio, padre Amedeo Cencini, rimane quello di trovare una via d’uscita ragionevole per ricucire uno strappo doloroso per tutti. Stamattina il dialogo – mai interrotto – tra il delegato pontificio e l’ex priore riprende. Forse potrebbe trattarsi della giornata decisiva.
È l’auspicio di tutti. Soprattutto di coloro che amano l’opera di Bose e chi in questi anni è stato vicino alla comunità. A cominciare dalla diocesi di Biella, nel cui territorio sorge la comunità fondata da Enzo Bianchi. Ieri, in un comunicato, il vescovo di Biella, Roberto Farinella, e il suo predecessore, Gabriele Mana che – si ricorda – hanno sempre esercitato una sorta di «paternità spirituale » nei confronti della comunità di Magnano, seguendo da vicino la vita del monastero, hanno ribadito che il rapporto di comunione e di vicinanza profonda non verrà mai meno. «Desideriamo rinnovare il nostro sentimento di vicinanza e di preghiera ai fratelli e alle sorelle e anche ai tanti amici che in molti modi seguono la vita della fraternità e ne attingono i doni spirituali».
Esplicito l’appello rivolto a Enzo Bianchi da un altro “grande saggio” della Chiesa italiana, il gesuita padre Bartolomeo Sorge, 90 anni: «A questo punto Enzo Bianchi deve accettare con amore la sofferenza della prova. La ribellione e la resistenza sarebbero un errore fatale perché in questi casi si accetta la croce anche senza capirne le ragioni». E ha aggiunto: «Quando la Chiesa interviene, si bacia la mano della Chiesa che è la nostra madre e non ha nessun interesse di massacrare un figlio. Poi si vedranno i frutti, le botte prese sono l’autenticazione dell’opera di Dio. Ecco perché a Bianchi consiglio di fare le valigie subito e di andare dove lo mandano, e di farlo con gioia».
Tantissimi messaggi di sostegno all’ex priore di Bose anche sui social. Sorpresa, amarezza e sofferenza i sentimenti dominanti: «Caro Enzo – recita uno dei tanti post – quello che lei ha realizzato a Bose nessun provvedimento ecclesiastico potrà cancellarlo». Difficile far comprendere che nessuno, tanto meno la Santa Sede, intende cancellare un’opera profetica come quella avviata da Enzo Bianchi.
Anzi l’intervento del Vaticano, sollecitato direttamente dalla comunità e dall’attuale priore, Luciano Manicardi, si è reso necessario proprio per consentire al “pianeta Bose” di proseguire con originalità e freschezza nella sua orbita propulsiva. E, tra le righe, lo riconosciuto lo stesso Enzo Bianchi che nel comunicato divulgato mercoledì 27, ha scritto tra l’altro: «Comprendo che la mia presenza possa essere stato un problema». Ora si tratta di trasformarlo di nuovo in risorsa. Magari a distanza, ma con rinnovata unità d’intenti e di speranze.