Erano stati con Gesù per tanto tempo, testimoni dei suoi miracoli, sorpresi dall’eccezionalità della sua statura umana. Eppure gli apostoli non avevano capito fino in fondo chi era. Colpiti da tanti aspetti importanti ma in fondo secondari, non avevano colto l’essenziale, che avevano davanti il Salvatore. Per questo erano pieni di paura quando la loro barca ondeggiava sul lago di Tiberiade in tempesta, e lui se ne stava placido a dormire in disparte. Per questo gli chiedevano quando avrebbe ricostituito il Regno d’Israele. Come duemila anni fa, anche oggi sono in tanti a non cogliere l’essenziale, tra coloro che Lo seguono. E sono in tanti a vivere nello smarrimento dentro una società sempre più lontana da Lui eppure di Lui così bisognosa. Come si esce da questo smarrimento? Prendendo sul serio le domande di senso che abitano il cuore di ogni uomo, e paragonandole con la risposta che viene dall’esperienza cristiana. Solo così – dice don Julián Carrón davanti ai ventiquattromila radunati a Rimini per gli Esercizi spirituali della Fraternità di Comunione e liberazione – è possibile verificare se il cristianesimo è capace di affrontare le sfide della modernità e mostrare la pertinenza della fede alle esigenze della vita. Per fare questa verifica non serve la ripetizione di princìpi sempre più svuotati del loro significato, non serve la ripetizione di precetti morali sempre più sganciati dal loro fondamento. Ci vuole altro, come indicava don Giussani nel 1995. Ci vuole qualcosa che arrivi al cuore dell’uomo e coinvolga la sua ragione: «Mi ero profondamente persuaso che una fede che non potesse essere reperta e trovata nell’esperienza presente, confermata da essa, utile a rispondere alle sue esigenze, non sarebbe stata una fede in grado di resistere in un mondo dove tutto, tutto, diceva e dice l’opposto. Mostrare la pertinenza della fede alle esigenze della vita e, quindi – questo "quindi" è importante per me –, dimostrare la razionalità della fede, implica un concetto preciso di razionalità. Dire che la fede esalta la razionalità, vuol dire che la fede corrisponde alle esigenze fondamentali e originali del cuore di ogni uomo». Gli Esercizi spirituali guidati da Carrón da venerdì a domenica scorsi hanno avuto come leitmotiv la necessità di tornare all’essenziale, la denuncia dei rischi di un attivismo che prova a rispondere alle emergenze umane e sociali – la crisi economica e le sue ricadute, il dolore e la malattia, la sfida dei "nuovi diritti", l’emergenza educativa – con soluzioni di corto respiro, nell’illusione di poter curare un tumore con la tachipirina. «La vita – scandisce il sacerdote che guida la Fraternità – riparte da un incontro con una proposta piena di fascino, come è accaduto quando Andrea e Giovanni hanno conosciuto Gesù, come continua ad accadere quando l’uomo di oggi incontra testimoni credibili. Oggi più che mai è il tempo della testimonianza personale e del ritorno all’essenziale, come ci ripete instancabilmente papa Francesco». Non è, questo, un rifugio nell’intimismo, un ritorno al privato, ma piuttosto la rifondazione di un modo di essere nella Chiesa e nella società che punta tutto su quella personalizzazione della fede a cui Giussani ha costantemente richiamato il Movimento. E rappresenta l’unico baricentro affidabile che può generare l’impegno pubblico, la creazione di opere, un giudizio puntuale e non reattivo sull’attualità che urge. Carrón ha rimesso al centro ancora una volta, come sta facendo da tempo, un passaggio di "All’origine della pretesa cristiana", il libro di Giussani usato come testo-base per la scuola di comunità, la catechesi popolare proposta da Cl nelle scuole, nelle università, nei luoghi di lavoro e nei quartieri di 90 Paesi: «Gesù Cristo non è venuto nel mondo per sostituirsi all’umana libertà o per eliminare l’umana prova. È venuto a richiamare l’uomo alla religiosità vera, senza della quale è menzogna ogni pretesa di soluzione». Per questo seguire Lui è il modo più vero per essere pienamente uomini. Per questo san Paolo, dopo essere stato afferrato da Lui, si protende "nella corsa per afferrarlo", come recita il titolo scelto quest’anno per gli esercizi spirituali di Cl. E lo slancio missionario a cui papa Francesco invita la Chiesa può nascere e diventare contagioso solo da chi ha gustato il fascino di un’umanità nuova.