Idee. Acutis, Allamano, Medi: la santità che profuma di vita reale
L'ingresso del Santuario della Spogliazione ad Assisi, dov'è custodito il corpo del beato Carlo Acutis
Che la santità sia fatta della stessa sostanza della vita reale è un’acquisizione ormai certa per la Chiesa. Non c’è dubbio che si è santi “nel” mondo – dentro la sua polvere, divina pure quella, peraltro – e non “malgrado” il mondo, quasi il Vangelo prescrivesse di prenderne le distanze e asserragliarsi il più lontano possibile da tutto ciò che può contaminare la purezza della fede. Sarebbe corretto se per santità intendessimo una condizione di perfezione angelica, dunque fuori dalla nostra portata, così ammettendo di non crederci davvero. Non è mai inutile ricordare che è piuttosto l’altro nome della vita reale vissuta «con amore e offrendo ciascuno la propria testimonianza nelle occupazioni di ogni giorno, lì dove si trova», come ha scritto papa Francesco in quella magna charta della santità oggi che è la lettera apostolica Gaudete et exsultate (2018). L’idea invece che la realtà vada dalla parte opposta rispetto a quello che dovrebbe fare a norma di religione, e che dunque sia un luogo ostile e pericoloso per un credente, è sempre lì a tendere la sua quotidiana imboscata. Speculare – va detto – alla tentazione di lasciar perdere perché vivere secondo Cristo sarebbe troppo impervio, persino esagerato, portando fatalmente in rotta di collisione con quello stesso mondo poco accogliente verso i cristiani, che dunque sembrerebbe suggerire un compromesso ragionevole: credenti sì, basta sia una faccenda tutta personale. Immacolati oppure mediocri: riconosciamolo, non è un pendolo al quale – chi più chi meno – siamo tutti esposti?
Anche per questo la promulgazione dei decreti per la canonizzazione di Carlo Acutis e Giuseppe Allamano (già beati) e la dichiarazione delle virtù eroiche di Enrico Medi, per decisione del Papa, arriva come una notizia magnifica e incoraggiante, la prova che la santità secondo quanto non si stanca di proporci la Chiesa nostra madre è vera, accessibile. È come se davanti alla vita del “cattolico della strada” fosse comparso un cartello bello grande che segna la direzione giusta per la santità. Una via che forse sospettiamo di non conoscere, e che talora nemmeno sembra di riuscire a vedere in mezzo alla caligine di tanta faticata quotidianità e di tempi contorti e sfumati, che sembrano suggerire di non cercare la meta ma accontentarsi di andare a spasso, senza pretese. Carlo, Enrico e Giuseppe, nella loro grande diversità umana, cronologica e contestuale, ci si fanno accanto invece per dirci di non fermare il passo in attesa di vedere con chiarezza meridiana quali scelte ci potranno guadagnare la santità, ma di avanzare con pazienza dentro le nostre giornate, i piedi per terra e il cuore capace di eternità.
L’adolescente Acutis, lo scienziato e politico Medi, il missionario Allamano si mettono accanto a noi a dirci che le beatitudini sono davvero per tutti, e una fede sincera e concreta è in grado di lasciare una traccia profonda, di creare il primo di infiniti cerchi destinati a propagarsi all’infinito. Nessuno di loro, a scorrerne le biografie, si credeva un fenomeno. Anzi, della santità autentica è la consapevolezza di un invincibile limite personale che è il frutto del riconoscersi bisognosi di tutto. Tutto ciò – beninteso – che è al di fuori del meglio che, umanamente parlando, si è in grado di esprimere. Le tre figure che da punti di partenza diversissimi si sono ritrovate ieri nella stessa notificazione del Dicastero delle Cause dei santi hanno speso la loro vita – lunga o breve – per realizzare quel che gli sembrava con ogni evidenza necessario per ricondurre a Dio la realtà della quale si sentivano corresponsabili. Ognuno ha messo al servizio di questa causa una creatività capace di aprire possibilità inedite dentro la società e la Chiesa del proprio tempo, sino a renderle un poco diverse e nuove per la scoperta di un percorso di vita evangelica possibile dentro le situazioni più disparate.
Ed è proprio la loro diversità di talenti, di impegni e di interessi a dirci che la santità come ipotesi di vita realistica e felice è per tutti, per chi sta in Parlamento o in oratorio, chi è capace di uno sguardo globale e allo studioso, al liceale e al padre costituente, il viaggiatore e il sognatore. Tutti imperfetti, tutti pescatori chiamati nella loro vita reale, un giorno e per sempre.