Il rito al Santuario della Spogliazione di Assisi. Carlo Acutis, il volto di un beato
Emozioni da custodire insieme a quel volto. Fede semplice e tenace. Dolce. Tanta gente (con distanziamento) dentro, altrettanta fuori il santuario della Spogliazione, qui ad Assisi. E quando il vescovo apre la tomba, la gioia nel bel pianto di qualcuno. Il volto ragazzino (ricostruito) di Carlo Acutis che si rivede quattordici anni dopo, la luce all’interno che fa le bizze, non s’accende per un po’ e non importa a nessuno, quel volto fa tenerezza.
Poi il pellegrinaggio che comincia, prima di chi era a Messa, poi, nelle ore seguenti, di chi viene a salutare questo quindicenne morto nel 2006 che sarà proclamato beato il 10 ottobre e già più di qualcuno propone come patrono di Internet. Intanto sua mamma, Antonia, sorride. «Carlo ha combattuto – racconta lei –. Si è modificato, si è rafforzato nella fede. Aveva magari troppa chiacchiera, aveva un po’ la... gola e s’è tolto quelli che erano i suoi difetti. Ha combattuto, ha fatto uno sforzo, si metteva i voti da solo sul diario. Aveva questa priorità, mettere al centro della sua vita Gesù.
Ha avuto questa sua grande fede, ma ha fatto i suoi sforzi. Dobbiamo farlo tutti, possiamo. Affidandoci alla Chiesa, come Carlo». Gioca a pallone, è tipetto vivace, fisicamente prestante, ha un mare di amici, ogni giorno non manca alla Messa, alla recita del Rosario e all’adorazione eucaristica. Fa la Prima Comunione a sette anni (con un permesso speciale). La sua famiglia è più che benestante, lui non si scompone, né perde la sua umiltà, che è grandissima. Ha rispetto profondo e sincero per chiunque, però non rinuncia mai, confrontandosi con i suoi amici, a testimoniare la sua fede: «Non io, ma Dio», ripete spesso. E anche «tutti nascono come degli originali, ma molti muoiono come fotocopie».
La madre di Carlo Acutis davanti alle sue spoglie - .
Naviga spesso su Internet. Il suo mito digitale è Steve Jobs, gli piace molto una sua frase: «Il vostro tempo è limitato, non sprecatelo vivendo la vita di qualcun altro ». All’inizio dell’ottobre 2006 s’ammala, diagnosi terribile: leucemia fulminante. Carlo Acutis muore il 12 dello stesso mese e lo aveva in qualche modo visto prima: «Morirò giovane», aveva detto. Gli stessi medici che lo curano sono stupiti dai suoi ultimi giorni e dal suo coraggio.
Oggi, sul web, due o tremila siti (in tutto il mondo) raccontano di lui. Mirco ha ventinove anni ed è con sua madre Maria, appena arrivati da Potenza Picena: «Siamo venuti qui – dice lui – perché avevamo seguito Carlo tanto, anche sui social, su Facebook». Noi giovani usiamo i social spesso per le cavolate, invece Carlo mi aveva veramente colpito». Così ha deciso di prendere la macchina e venire con la madre. Lei non era decisissima, magari non voleva partire, è periodo assai duro per loro, «abbiamo avuto un dramma familiare col Covid », spiega: suo marito, il papà di Mirco, è morto da poco per il coronavirus. Stamane sono qui, «ed è stata una 'chiamata' provvidenziale », dice ancora lei, sorridendo: «Perché quando ho assistito alla cerimonia dell’apertura della tomba di Carlo, le lacrime mi scendevano quattro a quattro... Mi ha mosso il cuore vedere un giovane così bello già beato. Mi ha dato pace».
Non sono i soli ad essere arrivati da fuori. C’è gente da mezza Italia: molti giovani, molti anziani. Si fermano qualche istante, guardano Carlo, pregano, qualcuno s’inginocchia, vanno via sorridendo. Carlo amava l’Eucaristia, «è la mia autostrada verso il Cielo, se le ci si accosta ogni giorno, si va dritti in Paradiso », spiegava. Amava gli altri, amava i poveri, lo ricorda l’arcivescovo, monsignor Domenico Sorrentino, nell’omelia. Nella tomba, Carlo indossa jeans e felpa. Il Rosario intrecciato fra le mani...