Chiesa

Forum Puglia. Carli: «Basta autoreferenzialità»

Luciano Moia mercoledì 20 maggio 2015
La responsabilità dei laici si gioca nella capacità di valorizzare esperienze in una logica di collaborazione. Ne è convinta Lodovica Carli, medico, presidente del Forum pugliese delle famiglie e dell’associazione “La bottega dell’Orefice”. «Ma prima di tutto – ci tiene a ribadire – moglie e mamma». Le parole del Papa – da cui è piacevolmente sorpresa – l’hanno convinta della necessità di accelerare nella prospettiva del “fare rete”. Non caso, l’iniziativa che sta mandando avanti da qualche mese, finalizzata a mettere insieme il meglio delle esperienze di educazione alla sessualità in chiave anti-gender, si chiama appunto “Il filo e la rete”. E l’insistenza su questa dimensione coordinata dell’impegno ecclesiale – spiega – non è causale. «Se dobbiamo parlarci con franchezza – riprende – dobbiamo ammettere che oggi, da parte di molti laici impegnati, c’è troppa auto-referenzialità».Ora è tempo di cambiare strada, di riscoprire che l’impegno laicale va inserito in un disegno di popolo, al servizio di tutti. Il caso delle reazioni scatenate in molti ambienti dall’offensiva culturale del gender è, a suo parere, esemplificativa. «C’erano tante persone arrabbiate, decise a non accettare questa imposizione. Ma si trattava di una rabbia sterile. Invece, con “Il filo e la rete” – prosegue Lodovica Carli – abbiamo dato ascolto a tante nuove esperienze sull’educazione alla bellezza della sessualità che ci hanno dato l’opportunità di inventare soluzioni nuove, quelle che da soli non saremmo riusciti a vedere».In questa prospettiva la figura del laico “arrabbiato e rivendicativo” deve lasciare spazio a una persona capace di valorizzare le peculiarità di chi vive e opera attorno a lui, «mettendo a frutto i semi che il Signore regala a ciascuno». Chi conserva questa sensibilità non avverte in ogni momento la necessità di ricevere benedizioni o incoraggiamenti. «Credo che – conclude la presidente del Forum pugliese – il rapporto cresca nella fiducia e nella conoscenza reciproca. Il “vescovo-pastore” non pretende di controllare, non chiede verifiche, non esige di dare indicazioni su tutto. Accoglie le informazioni che gli vengono fornite, ma non le sollecita e soprattutto non esprime pareri su argomenti che intercettano in modo esplicito la responsabilità dei laici». Si ferma un attimo. «Non sto descrivendo una figura ipotetica. Ci sono davvero vescovi così. E io ne conosco».