Visita
ad limina e Anno della fede. Non poteva esserci momento più propizio per andare dal Papa. E l’arcivescovo Vittorio Mondello non manca di sottolinearlo. Alla vigilia dell’incontro dei vescovi calabresi con Benedetto XVI (previsto per domani) l’arcivescovo di Reggio Calabria-Bova e presidente della Conferenza episcopale regionale, presenta la realtà di una Chiesa ancora profondamente segnata dal cristianesimo, ma che vuole fare il salto di qualità verso una fede non più solo di tradizione, ma effettivamente vissuta. Perciò il presule lancia un invito generale alla nuova evangelizzazione. E un appello in particolare lo rivolge ai mafiosi: «Convertitevi, Cristo è più forte della mafia».
Come si presentano le diocesi di Calabria all’incontro con il Pontefice?Ci presentiamo con tutte le nostre realtà positive, ma anche con tutti i nostri problemi. Siamo, grazie a Dio, una comunità in cammino e in crescita nella fede, ma non possiamo certo nascondere le ombre, comuni del resto all’Italia intera. Mi riferisco soprattutto all’aumento della disoccupazione e della povertà, con tante famiglie che non arrivano alla fine del mese. Di positivo c’è, però, che la nostra gente si dice ancora in larghissima parte cristiana.
Perché lei usa l’espressione «si dice cristiana»?La uso perché molti cristiani si dicono tali, ma in realtà non lo sono. Spesso anche da noi si è cristiani per abitudine, per nascita o semplicemente perché si hanno degli amici cristiani o si frequentano ambienti cristiani. Così accade che questa fede superficiale non incida nella vita e nell’impegno dei singoli. Perciò riconosciamo che è stata una grande grazia del Signore che il Papa abbia indetto l’Anno della fede in questo 50° anniversario dall’inizio del Concilio. Quindi ci stiamo impegnando per dare attuazione ai suggerimenti contenuti nella lettera di indizione,
Porta Fidei, affinché i cristiani rivedano il loro modo di essere credenti. Nella Lettera pastorale alla mia diocesi ho posto proprio questa domanda: "Sono io cristiano? E che cosa vuol dire essere cristiano?". So che anche gli altri vescovi stanno facendo altrettanto, in modo da intraprendere un cammino di rinnovamento, che diventi testimonianza di vita. Il nostro impegno in un certo senso è far sì che i credenti siano anche credibili.
Dunque la coincidenza con l’Anno delle fede dà una coloritura particolare anche alla visita ad limina?Certamente. Andremo a Roma dal Santo Padre come figli che vanno ad incontrare il padre, e dal quale si aspettano una parola di incoraggiamento sul cammino di fede.
Qual è il nemico più pericoloso per la fede nella sua terra?Credo che anche in Calabria il nemico principale sia l’indifferentismo religioso, che porta molti battezzati a porsi al di fuori della Chiesa, per criticarla. Ma se sei cristiano, sei all’interno della Chiesa. Puoi fare certamente dall’interno le tue critiche, ma non ti puoi estraniare, come per dire «Io non c’entro, sono loro i responsabili». Invece, come membro della Chiesa, anche tu sei una tessera del mosaico e se il mosaico non è buono la colpa è anche un po’ tua.
Tra i nemici principali c’è anche la ’ndrangheta?Più volte negli scorsi decenni, come vescovi di Calabria, abbiamo denunciato questa piaga. E spesso si guarda alla Chiesa come a una realtà che può risolvere il problema. Ma la Chiesa da sola non basta. Così come non basta neanche il grandissimo lavoro della polizia e della magistratura. La ’ndrangheta si batte anche con la polizia e la magistratura, ma soprattutto con un impegno educativo a partire dai fanciulli, alcuni dei quali, purtroppo, già in tenera età vedono nei mafiosi un ideale di vita cui ispirarsi. Ovviamente i mafiosi devono essere messi in carcere, ma bisogna fare in modo da estirpare la mentalità mafiosa diffusa a diversi livelli, anche nella società civile. Per questo, come vescovi di Calabria, ripetiamo il nostro appello ai mafiosi: «Convertitevi». E a tutti diciamo: «Non abbiate paura. Cristo è più forte anche della mafia».
In definitiva, di che ha bisogno oggi la Calabria prima di ogni altra cosa?Ha bisogno di una nuova evangelizzazione, che consiste nel porre al centro Cristo e nel far conoscere il più possibile Cristo. Conoscenza che porti ad una adesione piena a Cristo e alla sua volontà, perché molti cristiani Cristo non lo conoscono ed è questo il problema. Tocca a noi vescovi, ai nostri sacerdoti, ai laici impegnati, a tutta la comunità ecclesiale farlo conoscere, perché aderendo a Cristo le persone si affidino completamente a Lui, promuovendo il vero rinnovamento interiore e sociale.