Chiesa

Caritas. Da Expo le buone prassi che sfamano i poveri

Annalisa Guglielmino martedì 19 maggio 2015
Giordania, 10 anni fa. Una donna siriana, rifugiata, ha un'idea che cambierà la sua vita e quella di altre donne. Non ha più casa, non ha più nulla, a parte i propri figli da sfamare. Ma sa cucinare: «Vorrei vendere i prodotti della mia cucina», si dice un giorno. Oggi, e in un Paese occidentale, sarebbe una “food blogger” che si dedica al cibo naturale e di alta qualità. Ma anche nella missione asiatica della Caritas che raccoglieva donne in fuga da Siria e Iraq come lei, quella donna è riuscita a realizzare quello che sembrava solo un sogno: ha una “cucina” che adesso dà lavoro a dieci donne (e sostentamento ad altri rifugiati, a cui viene erogato il cibo cucinato). “The productive family kitchen”, il progetto nato da quell'idea, è stato presentato oggi al Caritas Day di Expo Milano 2015. Sette progetti per sette regioni del mondo. Africa, America Latina e Caraibi, Asia, Europa, Medio Oriente e Nord Africa, Nord America e Oceania. Da ciascuna regione è arrivata fino all'Expo una “buona prassi” su cibo e nutrimento. La “cucina di famiglia produttiva”, dalla Giordania, è un esempio emblematico. Perché protagoniste sono le donne: dal Nicaragua al Malawi, dall'Europa all'Oceania, le storie raccolte dai delegati Caritas raccontano «quanto sia prezioso il contributo femminile per la salvaguardia e la diffusione della sicurezza alimentare». Patricia Hlaing, di Caritas Myanmar, ha raccontato la storia di una piccola proprietaria terriera con un'azienda di famiglia. «In un paese con bassa scolarizzazione è riuscita a far studiare tutti i suoi 4 figli e allo stesso tempo è riuscita a mandare avanti l'attività produttiva, grazie all'accesso al credito per gli imprenditori agricoli». È la Caritas, spesso, a indicare la strada per permettere a piccoli agricoltori di sopravvivere. È la sfida che si è posto anche il Canada: l'accesso ai semi, ormai appannaggio di multinazionali e aziende che monopolizzano il mercato e costringono all'uso di pesticidi e concimi chimici. Una campagna lanciata lo scorso autunno, come ha spiegato la delegata Development & Peace per il Nord America, Elana Wright, ha aiutato le donne che praticano l'agricoltura a trovare sementi naturali. Anche l'Italia ha fatto la sua parte, in termini di buone prassi. «Come? Puntando sulla campagna informativa “Una sola famiglia umana, cibo per tutti” (i cui risultati sono stati presentati oggi ad Expo dal cardinale Oscar Rodriguez Maradiaga, ndr) – spiega Paolo Beccegato, delegato di Caritas italiana -. In Italia abbiamo aggiunto uno slogan: “È compito nostro”». Un'impronta operativa che si è aggiunta a quella pedagogica. Con la promozione di stili di vita sobri e consapevoli. È stato creato anche un sito ad hoc, www.cibopertutti.it. La fame come questione non solo morale ma politica: è il fronte su cui si è battuta – e si batte - la Caritas. Anche in Europa, con le pressioni sul Parlamento di Bruxelles per il riconoscimento dell'accesso al cibo come un diritto umano fondamentale.