Bullesi apostolo dei poveri, ponte tra i popoli
Un momento della celebrazione solenne nel santuario mariano dell'Isola di Barbana, di fronte a Grado
«Anche sulla tolda della nave non smise un attimo di essere santo, recitando ogni giorno il Rosario», tra commilitoni così diversi da lui eppure spesso da lui convertiti, «ogni giorno fedele ai suoi modelli: la riservatezza di Maria e lo stile di vita di san Francesco. Oggi, nel 90° dalla sua morte, io gli chiedo l’intercessione per una Chiesa che, secondo le parole di papa Francesco, sia empatica ai giovani», proprio come lo era il venerabile Egidio Bullesi. Con queste parole il vicario generale dell’arcidiocesi di Gorizia, Armando Zorzin, presiedeva ieri la celebrazione solenne per il 90° anniversario dalla morte del “venerabile istriano”, morto a Pola il 25 aprile 1929, in fama di santità nonostante fosse vissuto solo 23 anni.
Isola di Barbana, santuario dell’omonima Madonna gestito dai frati minori da oltre un secolo e meta di pellegrinaggi che non vedono sosta dal XIII secolo. È qui che per pregare sulla sua urna, tumulata i primi 45 anni a Pola e negli ultimi 45 a Barbana, sono giunte ieri sull’Isola centinaia di pellegrini da tutta Italia, rappresentanti della congregazione di cui Egidio fece parte ma anche delle comunità istriane (esuli o rimaste) a lui fedeli, fervide nella speranza che la causa di beatificazione possa completare presto il suo iter, che lo vede venerabile dal 1997. Noto come l’apostolo dei poveri, Bullesi, che povero era nato, terzo di nove figli, ad essi dedicò ogni azione della sua breve vita. È toccato ancora al vicario generale ricordare la straordinaria esistenza terrena del ragazzo, che «fin da bambino metteva Gesù al primo posto e a 9 anni raccontava quanto era contento nel cuore di trattenersi a lungo con Gesù dopo aver preso l’Eucaristia». Lo stesso Egidio, che fin dalla più tenera età coinvolgeva i giovani contagiandoli con la sua fede felice, prima di morire lasciò scritto: «Ho impegnato tutte le mie forze per amare sempre più il Signore. Da qui la mia confidenza sconfinata fino all’abbandono completo alla Sua volontà, un animo tutto disposto all’apostolato». Un’opera che non richiedeva croci o altari, e che Egidio portava con sé ovunque la vita lo conducesse.
E non fu una vita facile: a 13 lavora già nei cantieri navali e lì si impegna nell’apostolato sfidando il difficile contesto della lotta socialista e degli scioperi rossi. A 16 anni è già iscritto al terz’ordine francescano e guida i giovani di Azione cattolica, mentre fonda a Pola il locale reparto scout. A venti si imbarca sulla corazzata "Dante Alighieri" e nei due anni di servizio militare letteralmente travolge i duemila commilitoni, non con le parole, ma con il suo esempio. È guardando a lui che alcuni tra i suoi compagni atei restano segnati. «Tra loro ricordiamo Guido Foghin, agnostico, che alla morte di Egidio diventerà frate francescano e missionario in Cina e Guatemala, assumendo da religioso proprio il nome di Egidio Maria». La sua opera continua anche dopo il congedo, nei cantieri di Monfalcone, dove lavora come disegnatore tecnico e dove in seno alla San Vincenzo trova nuova linfa vitale per stare accanto ai poveri e soprattutto ai giovani, («Ho sempre in mente i miei poveri», scrive Egidio, «vorrei correre ovunque c’è bisogno di un pezzo di pane»)… Porta quotidianamente la sua presenza e una parola di conforto alle famiglie emarginate, cui devolve silenziosamente l'intero suo salario.
È così che si dona al punto da contrarre la tisi e la sua morte diventa essa stessa evangelizzazione: ciò che avvenne negli ultimi istanti è documentato da chi era presente e testimonia la sua gioia di correre incontro al Signore, chiedendo di essere vestito con il saio francescano. Fu sepolto nella sua città, allora italiana poi jugoslava, e a causa della guerra fredda nel 1974 le sue spoglie furono traslate a Barbana. Nello stesso anno si aprì il processo di beatificazione e nel 1997 Giovanni Paolo II lo dichiarò venerabile. "In futuro potrebbe diventare il primo beato dello scoutismo italiano", fa sapere l'istriana Maria Rita Cosliani, biografa di Bullesi, che cita le parole scritte dallo stesso Egidio: "Si tratta di salvare molte anime di fanciulli, di orientarle per tutta la vita verso nostro Signore, verso il suo cuore. Si tratta di dare all'Italia nostra la giovinezza di domani, forte e pura, colta e pia. Si tratta di popolare il Cielo di santi!".
«L’anno scorso durante il Convegno nazionale dei Santuari italiani ho portato la figura di Egidio Bullesi a papa Francesco e gli ho consegnato tre biografie – racconta frate Stefano Gallinaro, rettore del Santuario –. Egidio è esattamente il santo del quotidiano, quello che il Papa ci addita spesso come esempio che chiunque di noi può seguire», senza alibi, perché è uno di noi.
Il pellegrinaggio continua oggi a Pola, in Istria, nei luoghi in cui Egidio visse la sua infanzia e ancora la gente ha memoria delle sue opere. «Nella sua chiesa nativa, il Duomo di Pola, avverrà oggi un fatto straordinario, la prima celebrazione bilingue italiano-croato, come vivo auspicio di fraternità cattolica oltre ogni confine », racconta Maria Rita Cosliani, curatrice di una delle biografie di Bullesi. E, come nota Walter Arzaretti, organizzatore del pellegrinaggio, «qui siamo nella Chiesa di confine. Quindi la Chiesa dell’Europa». © RIPRODUZIONE RISERVATA