I borghi spopolati. La Chiesa italiana non abbandona le «aree interne» del Paese
«Una nuova spinta creativa che, alla luce della mobilità odierna, attivi pensieri, percorsi ed esperienze all’insegna della comunione e della solidarietà». È quanto ha auspicato ieri il segretario generale della Cei e arcivescovo di Cagliari, Giuseppe Baturi, al termine della due giorni tenutasi a Benevento sulle problematiche delle aree interne. Un pensiero ribadito nel comunicato finale dai 30 vescovi che si sono ritrovati nella città sannita per aggiungere un altro tassello a quel percorso avviato quattro anni fa dalla Chiesa italiana e che riguarda non meno di 12 milioni di abitanti, da Nord a Sud. Un percorso di conoscenza, di scambio di opinioni, di proposte pastorali concrete – anche ma non solo alla luce della progressiva carenza di sacerdoti per tante parrocchie oramai con poche centinaia di abitanti ciascuna – e di indirizzi e consigli alla società civile.
Baturi ha incoraggiato i presuli presenti e loro comunità, «ad assumere con rinnovata passione la missione ecclesiale di favorire l’incontro con Cristo all’interno delle concrete situazioni in cui oggi la nostra gente si trova a vivere». Situazioni per tanti aspetti per niente facili, come hanno ribadito in pratica tutti i vescovi, dopo aver ascoltato l’altro ieri il presidente della Cei, il cardinale arcivescovo di Bologna, Matteo Zuppi, e l’arcivescovo di Torino e vescovo di Susa, Roberto Repole, con la Chiesa chiamata ad operare in contesti spesso carenti nei servizi essenziali: se nei grandi centri ad esempio scarseggiano i medici ospedalieri, nelle aree interne gli ospedali addirittura chiudono, e anche per trovare un medico di base bisogna percorrere fino a 50 km, spesso impiegando il doppio del tempo necessario normalmente, perché pure i collegamenti sono a pezzi, come ha rimarcato l’arcivescovo di Benevento, Felice Accrocca.
«Territori – come hanno ulteriormente sottolineato i vescovi – esposti a un processo di decremento progressivo della popolazione, che rischia di comprometterne le ricchezze ambientali e culturali. Lo sguardo dei Pastori ha unito il punto di vista del tessuto sociale con le problematiche e le opportunità pastorali». Queste ultime, in particolare, sono state messe sotto la lente di ingrandimento dalla riflessione teologico-pastorale di Repole.
«Gli spunti offerti dal relatore hanno suscitato un vivace e fraterno confronto tra i vescovi – hanno quindi detto all’unisono i presuli presenti – a testimonianza di una volontà condivisa di progettare l’azione pastorale con una rinnovata attenzione alla cura delle relazioni e della corresponsabilità per continuare ad accompagnare il cammino di fede delle comunità». Un accompagnamento che è stato dunque oggetto di riflessione nei gruppi di lavoro, laddove «come Chiesa – ha detto ad esempio il vescovo di Trivento, in Molise, Claudio Palumbo – ci compete in maniera diretta la presenza, la vicinanza, il cercare di dare sostegno e incoraggiamento». Senza dimenticare che certe problematiche si accompagnano a istanze altrettanto attuali, come la cura del Creato, così come evidenziato dal vescovo di Acerra, Antonio Di Donna, nella doppia veste di presidente della Conferenza episcopale campana e di Pastore di un territorio divenuto suo malgrado l’emblema della terra dei fuochi.