Dublino. Bassetti: l’umiltà del Samaritano, «terapia» per le famiglie ferite
Il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, all'Incontro mondiale delle famiglie a Dublino (foto Zunino)
Il matrimonio come uno scrigno contenente una speciale grazia, ma troppo spesso consegnato ai giovani sposi senza dar loro la chiave per accedere al tesoro che contiene. Eppure l’amore coniugale «è ciò che potrà salvare il mondo». Seguito da un folto pubblico di coppie e di sacerdoti, l’intervento del cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, ha toccato a 360 gradi uno dei temi più attesi, “L’umana fragilità secondo l’Amoris laetitia”, riflessione da lui stesso definita «di eccezionale importanza non solo per la Chiesa ma per tutta la società contemporanea perché dalle famiglie passano il presente e il futuro dell’umanità intera».
L’amore matrimoniale – ha spiegato Bassetti – non si esaurisce infatti nella chimica dei sentimenti, ma «risponde a quella sete di infinito che caratterizza ogni persona umana» e in questa affermazione, sottolinea, non c’è nulla di retorico. Anzi, continuo il riferimento alle difficoltà che oggigiorno mettono a rischio la famiglia. «Non dobbiamo coprirci dietro un ideale di famiglia in astratto, come noi vorremmo che fosse – ha avvertito all’inizio – ma confrontarci con cosa essa realmente è, ovvero il nucleo “bellissimo quanto fragile” di un corpo sociale oggi sempre più sfibrato».
La Chiesa misericordiosa dallo sguardo samaritano raccomandata da Francesco parte da lontano. Naturalmente da Cristo, «che ha voluto che la sua casa fosse sempre aperta nell’accoglienza, senza escludere nessuno», ma un chiarissimo precedente alle parole di Francesco si ritrova nel discorso di apertura del Concilio Vaticano II di Giovanni XXIII, che auspicava una comunità cristiana meno giudicante: «Quanto al tempo presente, la sposa di Cristo preferisce usare la medicina della misericordia invece di imbracciare le armi del rigore. Pensa che si debba andare incontro alle necessità odierne esponendo più chiaramente il valore del suo insegnamento, piuttosto che condannando», scrisse allora il Papa.
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L’atteggiamento giusto, ha indicato Bassetti, è allora quello di camminare accanto alle coppie ferite senza la presunzione di avere la risposta certa da offrire, «troppe ricette pronte purtroppo non conseguono i risultati sperati… i vestiti vanno sempre tagliati su misura». La rigidità non ha mai salvato nessuno. Invece è «il dinamismo del Vangelo» la via per guidare le famiglie ferite attraverso i tre verbi indicati nella Amoris laetitia: accompagnare, ma con umiltà. Discernere, caso per caso, formando le coscienze senza pretendere di sostituirle. E integrare, ovvero riportare dalle periferie al centro, con la Parola di Dio che riconduce le famiglie in crisi «dove Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi», ha detto Bassetti citando l’Apocalisse, «un brano che nel 1956 piccolino in Seminario sentii commentare dal professor La Pira e mi è rimasto sempre nel cuore».
Ma quanto la Chiesa è pronta a tanta responsabilità? Se lo è chiesto il cardinale ma è stata anche la domanda del pubblico. «Più importante di una pastorale dei fallimenti è prevenire le rotture – ha raccomandato l’arcivescovo di Perugia-Città della Pieve – c’è molta solitudine in chi infrange il sogno nuziale, occorre allora un cambio di rotta verso i fidanzati, investire le migliori energie per formare presbiteri e coniugi che li incoraggino». Un sacerdote messicano ha posto il problema della formazione delle coscienze, «i fedeli sono confusi perché sulla morale ognuno di noi dà un parere diverso». «Occorre oggettività – ha aggiunto un prete di Zurigo –, va bene la misericordia ma l’indissolubilità è un precetto di Cristo». «Se applichiamo rettamente il magistero della Chiesa non disorienteremo nessuno», ha risposto Bassetti, «ma non con il tono del fratello maggiore che sa già tutto, perché è così che si allontanano tante coppie, bensì con l’umiltà del Samaritano». Già nell’Esortazione apostolica Familiaris consortio, Giovanni Paolo II dice che i divorziati rimangono figli della Chiesa «e questo non cambia la dottrina, che è immutabile, ma affronta situazioni che prima non esistevano: non ogni irregolarità è peccato mortale – ha ammonito tra gli applausi –. Se si omologa tutto si nega ogni speranza».