Assemblea generale Cei. Bassetti: «Non ci sono un'Italia e un'Europa di riserva»
Il cardinale Gualtiero Bassetti all'assemblea generale della Cei (Siciliani)
“Non c’è un’Italia di riserva”. Soprattutto se l'italia stessa «rinnega la sua storia e i suoi valori civili e democratici». Il presidente della Cei, cardinale Gualtiero Bassetti, lancia un avvertimento alle forze politiche e al Paese. “Se si sbagliano i conti non c’è una banca di riserva che ci salverà”. E se si perde il metodo politico della cooperazione, “non c’è un’Europa di riserva e rischiamo di ritornare a tempi in cui i nazionalismi erano il motore dei conflitti e del colonialismo”.
Le parole del porporato giungono dall’Aula del Sinodo dove fino a giovedì è riunita l’Assemblea generale dei vescovi in sessione straordinaria, che ha come suo tema principale la votazione sulla nuova traduzione italiana del Messale Romano (compresa la nuova traduzione del Padre Nostro) e una valutazione sul cammino della riforma liturgica.
Lo sguardo al Paese
Il cardinale presidente, nella introduzione ai lavori, ha anche inserito uno sguardo alla situazione del Paese, con particolare riferimento alle sue “fragilità”. Non solo quella idrogeologica (“Ci stringiamo solidali alle regioni più coilpite”, ha detto), ma anche la “fragilità valoriale, del sentimento comune e fragilità culturale”. Senza inutili vittimismi, ha precisato Bassetti, ma “facendo nostre – ha aggiunto – le attese della gente”.
“Sono le attese frustrate rispetto al lavoro – scrive il cardinale -, per cui molti giovani, per poter immaginare un futuro, si ritrovano costretti ad andarsene dalla nostra terra. Sono le attese delle famiglie ferite negli affetti, che soffrono nel silenzio delle solitudini urbane e nell’avvizzimento dei sentimenti. Sono le attese degli anziani, che non si sentono più utili a nessuno, privi di quella considerazione di cui avrebbero – o, meglio, avremmo tutti – tanto bisogno. Sono le attese di una scuola qualificata, che sia frontiera e laboratorio educativo da cui non possono essere esclusi i nuovi italiani, per i quali torniamo a chiedere un ripensamento della legge di cittadinanza. Sono le attese di una sanità puntuale, attenta e accessibile a tutti. Sono le attese di una giustizia che – rispetto al malaffare e alla criminalità organizzata – continui a perseguire un uso sociale dei beni recuperati alla legalità. Sono le attese di un uso del potere, che sia davvero corretto e trasparente”.
In un Paese sospeso come il nostro, caratterizzato dalla mancanza di investimenti e di politiche di ampio respiro, prosegue Bassetti, “gli effetti della crisi economica continuano a farsi sentire in maniera pesante, aumentando l’incertezza e la precarietà, l’infelicità e il rancore sociale. Al posto della moderazione si fa strada la polarizzazione, l’idea che si è arrivati a un punto in cui tutti debbano schierarsi per l’uno o per l’altro, comunque contro qualcuno”.
Il cardinale denuncia “il linguaggio imbarbarito e arrogante, che non tiene conto delle conseguenze che le parole possono avere”. Stiamo attenti, dice, “a non soffiare sul fuoco delle divisioni e delle paure collettive, che trovano nel migrante il capro espiatorio e nella chiusura un’improbabile quanto ingiusta scorciatoia. La risposta a quanto stiamo vivendo passa dalla promozione della dignità di ogni persona, dal rispetto delle leggi esistenti, da un indispensabile recupero degli spazi della solidarietà”.Perciò il porporato ripete il suo “stiamo attenti”. I danni, dice “contribuiscono a far defluire i nostri capitali verso altri Paesi e colpiscono ancora una volta e soprattutto le famiglie, i piccoli risparmiatori e chi fa impresa. Così, se l’Unione Europea ha a cuore soltanto la stabilità finanziaria, disinteressandosi di quella sociale e delle motivazioni che soggiacciono ai vincoli europei, non c’è un’Europa di riserva”. Bassetti propone il servizio al bene comune, sull’esempio del beato Giuseppe Toniolo e la laicità della politica, tenendo conto della lezione di Alcide De Gasperi.
La liturgia e il Padre Nostro
Nella prima parte della sua introduzione il presidente della Cei, ricorda l’approvazione della terza edizione italiana del Messale Romano, all’odg dell’Assemblea, che “costituisce l’atto finale di un lungo lavoro di studio, ricerca e confronto, coordinato da ultimo da monsignor Claudio Magnago, vescovo di Castellaneta e presidente della Commissione episcopale per la liturgia. “In questo orizzonte – nota il porporato - la pubblicazione di una nuova edizione del Messale non può risolversi nell’aggiornamento di un libro, ma costituisce un tassello prezioso della riforma liturgica, che va rilanciata, approfondita e affinata per un rinnovamento di vita delle nostre comunità cristiane”.Infine per quanto la questione della traduzione della “supplica “et ne nos inducas in tentationem” del Padre nostro, si tratta “di una decisione da assumere con sapienza teologica e con saggezza pastorale, nella consapevolezza che il Pater è non solo parte integrante dell’Ordo Missae, ma si configura anche come la preghiera, che ritma il respiro orante del popolo di Dio”. In definitiva, “sarà importante – sottolinea il presidente della Cei ¬- non sviare dal compito di impostare con lungimiranza una pastorale liturgica della recezione del Messale, perché la variazione di traduzione sia un’ulteriore occasione per quella formazione operosa e paziente affidataci dalla Sacrosanctum Concilium”.
Il Sinodo
Il cardinale affronta anche la recente esperienza del Sinodo sui giovani. “Ci ha provocati a rinvigorire la nostra appartenenza e, quindi, a individuare le modalità della missione, con cui affrontare le opportunità e le sfide di questo nostro tempo”. Il problema, ha aggiunto, è che “molti giovani oggi non ritengono la Chiesa un interlocutore significativo”. “
Pesano mediocrità e divisioni, spesso alimentate ad arte, rispetto alle quali riaffermiamo la nostra vicinanza al Santo Padre. Pesano scandali economici e sessuali. Pesa una cultura dell’autorità che esclude dalla partecipazione e, a volte, diventa anche abuso”. L’unica via è ricoprire “misura alta della santità, frutto dell’incontro personale con il Signore Gesù, incontro cercato e custodito, celebrato e vissuto nella fraternità”.
Il saluto del nuovo segretario generale Russo
Questa è la prima assemblea generale cui partecipa, nella sua nuova veste di segretario generale, il vescovo di Fabriano-Matelica, monsignor Stefano Russo. “Accolgo questa ulteriore chiamata che viene dal Signore nel segno dell’affidamento e dell’adesione incondizionata alla Sua volontà con sentimenti di gratitudine in particolare per la fiducia in me riposta dal Santo Padre e dalla Presidenza”, ha detto nel saluto all’Assemblea.
E proprio mutuandole dall’insegnamento del Papa, il presule ha sottolineato di volersi ispirare e fare sue, “nell’iniziare questo nuovo tratto di strada” a tre indicazioni: ascolto, confronto e sguardo, “per contribuire insieme a voi a una forma di Chiesa, che va incontro all’uomo con lo stile di Cristo Gesù” e in spirito di sinodalità.
Monsignor Russo si è anche riferito all’opera di ricostruzione dopo il terremoto, che già prima della nomina avevano rafforzato il suo rapporto con la Segreteria Generale, portandolo a frequentare le Istituzioni del nostro Paese, in rappresentanza dei Vescovi delle diocesi coinvolte nel sisma. “Ciò esigerà anche per il futuro di affrontare in spirito di unità le impegnative sfide che siamo chiamati a gestire”, ha concluso.