Chiesa

LA LECTIO. Bagnasco: se manipola la vita la scienza umilia se stessa

venerdì 11 marzo 2011
L'ansia della scienza di "manipolare fino all'estremo della vita umana, nel sacrario del suo principio e nel mistero del suo concludersi, alimenta un atteggiamento strumentale che, mentre non rispetta correttamente la natura, umilia anche se stessa". Lo ha denunciato il card. Angelo Bagnasco nella lectio magistralis tenuta oggi all'Università di Perugia,  invocando "un atteggiamento di umiltà non di arroganza, di rispetto non di dominio" e ricordando che da parte sua "la Chiesa afferma la legittima autonomia della cultura e specialmente delle scienze" ma mette in guardia "dalla logica dello scientismo che sostiene che l'unica conoscenza valida è quella che proviene dal metodoinduttivo delle scienze naturali". Secondo il presidente della Cei, che nell'aula magna ha parlato di una possibile collaborazione, nella prospettiva di un comune impegno per la formazione, tra la fede e la scienza, da parte di quest'ultima "ogni affermazione che riguarda i problemi ultimi è uno sconfinamento di campo, soprattutto è un dire parole che ingannano la ricerca di significato che fa di  ogni uomo un camminatore verso il compimento". Il card. Bagnasco ha quindi esortato a prendere atto "dell'impossibilità da parte della scienza di poter elaborare il senso di un fenomeno, di un evento, della vita", in quanto esso "coincide anche con la conformità ad un dover essere, cioè al comportamento etico dell'uomo, e la scienza non ha presa sulla sfera deontica"."Anche quando certi aspetti della soggettività sono presi in considerazione dalla scienza, viene messo in atto - ha rilevato il porporato che prima di diventare vescovo è stato a Genova docente universitario di filosofia contemporanea, specializzato sui temi del marxismo e dell'ateismo scientifico - una specie di naturalizzazione degli aspetti stessi, vengono ridotti quasi ad oggetti inanimati"."Il discorso della Chiesa - ha continuato Bagnasco - diventa decisamente puntuale quando si entra nella riflessione sulla tecnologia". È infatti una sua "preoccupazione costante richiamare il primato dell'etica sulla tecnica, della persona sulle cose, il dovere di commisurare il progresso tecnologico con la dignità e i diritti dell'uomo: il potenziale della tecnologia non è neutro perché può essere usato sia per il progresso che per la degradazione dell'umanità". Nella sua lectio magistralis, il presidente della Cei ha osservato che "si respira oggi un'aria che non sembra favorire il senso della verità: anziché tendere alla verità per il gusto di contemplarla, per sapere il più possibile come è la realtà che siamo e che ci circonda, per coglierne la bellezza e l'ordine interno, l'intelligenza e la luce che ci avvolgono, la meraviglia dell'universo che non è caos ma razionalità, pare che la tensione dominante sia conoscere per usare, per piegare e sfruttare". Come se si volesse assolutizzare questo aspetto del rapporto con la natura "fino ad oscurare l'altra funzione dellaragione stessa, quella di conoscere per sapere, per capire, per contemplare, per vivere di meraviglia".Sul piano teorico, inoltre, nella cultura di oggi, secondo Bagnasco, accanto alla posizione "dell'ateismo che nega espressamente l'esistenza di Dio", si diffonde sempre di più quella dell'agnosticismo "che sospende il giudizio, e prende una specie di equidistanza tra l'esistenza e la non esistenzadi Dio". "A qualcuno - ha detto - sembra essere questa la posizione più corretta e rispettosa. Ma sorge, immediata, la domanda se l'agnosticismo possa realmente rispondere non tanto al problema speculativo, astratto, ma al problema concreto del vivere umano: se l'uomo, cioè, possa mettere tra parentesi la questione di Dio, che è la questione anche della sua origine e del suo destino, del significato e del valore del suo esistere e morire". "La questione di Dio - ha aggiunto - non è come sapere se due rette parallele s'incontrino all'infinito o meno, ma è pratico e coinvolge tutti gli ambiti della nostra vita". Per Bagnasco, "di fatto, l'agnosticismo sembra impraticabile: se, infatti, sul piano teoretico sposassi la tesi agnostica, sul piano pratico dovrei comunque scegliere di vivere secondo una delle due opzioni: cioè come se Dio esistesse o come se Dio non esistesse". L'orizzonte della fede, ha rilevato il presidente della Cei, è congeniale all'uomo che "per vivere, deve fidarsi degli altri, deve accettare moltissime cose senza verificarle di persona". E questa fiducia "è un valore basilare dell'esistenza umana, un fondamento senza il quale nessuna società potrebbe sopravvivere, e innanzitutto nessuna persona". Per quanto riguarda la fede cristiana, ha continuato citando anche il libro di Benedetto XVI presentato ieri, essa ci è trasmessa da quanti "si sono fidati e hanno creduto", cioè da "duemila anni di storia, intessuta di opere, di cultura, di arte, di civiltà, di promozione umana, di carità, di santità".