50 anni di sacerdozio. Bagnasco: vescovi siano vicini alla gente
mercoledì 18 maggio 2016
"Pietro dorme, Giuda è sveglio". Questa
descrizione delle ore che precedettero l'arresto di Gesù - fatta da
San Pier Canisio - raffigura anche la Chiesa di oggi, con le
infedeltà di alcuni pastori e la disattenzione degli altri, secondo
il presidente della Cei Angelo Bagnasco che in occasione del proprio
50esimo anniversario di sacerdozio l'ha riproposta nell'omelia della
messa celebrata in San Pietro con i 230 vescovi italiani presenti in
Vaticano per la loro Assemblea Generale. "Tutti noi - ha detto il
cardinale - sappiamo che il primo modo per vegliare sul popolo che ci
è affidato è quello di vigilare su noi stessi, sul nostro stare con
Cristo, certi che il nostro stare con Lui è la condizione per poter
stare con loro". "Abbiamo tutti bisogno - ha scandito il cardinale - di un cuore caldo, e sappiamo che il calore interiore, capace di riempire la vita e di rivestire ogni azione di eternità, non è dato dal successo,
dal consenso, dal seguito che si può conseguire, ma dallo stare
umile nella volontà di Dio: nella pace! Solo questo è il nostro
fuoco, la fornace ardente, il segreto della nostra vita di sacerdoti
e di celibi: il segreto è vivere esposti alla luce dell'amore di
Gesù nella preghiera, nella liturgia, nella fraternità con i nostri
preti, nella diuturna vicinanza alla nostra gente. Bagnasco ha citato ampiamente Papa Francesco, che nel suo intervento di lunedì pomeriggio in apertura dei lavori, aveva chiesto ai pastori italiani una
scelta di vita sobria, di liberarsi cioè del peso delle
propretà e dei beni economici della Chiesa che non
direttamente sono al servizio dei poveri o
dell'evangelizzazione. Ed ha fatto suo l'invito del Papa ai
vescovi a camminare "in fondo al gregge per incoraggiare e
sostenere i più deboli, in mezzo per ascoltare e capire le
loro vite, davanti per dare l'esempio e la guida. Sappiamo
ormai per esperienza che è impossibile vivere di programmi e
attività, e che il lavoro generoso è per noi, il frutto è
nelle mani di Dio: 'Se il Signore vorrà, come ci ricorda
l'apostolo Giacomo, vivremo e faremo questo o quellò". "La
comunione, ci diceva ancora Papa Francesco, è davvero uno dei
nomi della Misericordia". Lontano da questo 'cuore a cuorè
anche il peggio diventa possibile", ha continuato ricordando
però che ogni pastore "ha bisogno di serenità e di
difficoltà, di purificazione e di prova, come anche di tempi
di cammino gioioso con il Vangelo". "Per questo se guardiamo ai
nostri anni trascorsi, insieme ringraziamo Dio per ogni cielo
che ci ha sovrastato, per le ore buie e per quelle felici, per
la libertà dell'obbedienza, sapendo che è meglio obbedire a
chi si deve, per riuscire a non obbedire a chi non si deve", ha
aggiunto per concludere poi rivoltoa i vescovi: "vi ringrazio,
cari Confratelli, perchè avete accettato che fossi io a
presiedere questa Eucaristia nel cinquantesimo della mia
Ordinazione Sacerdotale. È per me una grazia che mai avrei
pensato di avere: poter celebrare con voi questo anniversario.
Nel mio, vorrei raccogliere pure i vostri diversi anniversari,
anche se fossero già passati o fossero ancora da venire. Tutti
condividiamo da tempo la grazia della vocazione; del mistero di
poter parlare, noi poveri uomini, con l'Io di Cristo: "Io ti
assolvo, io ti battezzo, questo è il mio corpo, questo è il
mio sangue". Nel sacerdozio si rivela la grazia di Dio, che a
piccoli esseri umani affida se stesso. E nella sua audacia,
troviamo una temerarietà che solo Dio può avere".