Capo del governo per due volte, dal 1996 al 2004, José Maria Aznar (classe 1953) guida la Fondazione per l’Analisi e gli studi sociali (Faes), il think-tank del Partito popolare. Attento ai grandi eventi che riguardano la Spagna, Aznar ha analizzato con
Avvenire l’importanza e i possibili sviluppi nel Paese della Giornata mondiale della gioventù.
La Spagna è sotto i riflettori del mondo. Che messaggio si aspetta dal suo Paese?«Benedetto XVI domani sarà a Madrid. Nel novembre dello scorso anno visitò Santiago di Compostela e Barcellona, e prima ancora Valencia. Sono convinto che, così come è accaduto nei precedenti viaggi, il Papa riceverà l’affetto e il rispetto dell’immensa maggioranza della popolazione, perché è ciò che gli spagnoli hanno sempre manifestato nei suoi confronti. Inoltre, questa volta si tratta della Giornata mondiale della gioventù con migliaia di ragazzi da tutto il mondo, accolti con l’ospitalità e la generosità che caratterizzano Madrid, una città in cui nessuno si sente straniero. Sono moltissime le famiglie e le istituzioni che hanno spalancato le porte. Lo sforzo è enorme, perché l’occasione lo merita. Sono certo che l’immagine che verrà trasmessa sarà il riflesso fedele di ciò che è la Spagna e in particolare Madrid: città aperta, moderna, accogliente e felice di ricevere la visita del Papa».
In Spagna si parla di "generazione persa" e di "indignados". Pensa che la Gmg possa dare un’iniezione di speranza anche ai giovani delusi dalla crisi?«Abbiamo la generazione di ragazzi con la migliore formazione della nostra storia, con molta voglia di lavorare e di entrare a far parte della vita adulta, ma corriamo il rischio di perderla. E perdere una generazione di giovani sarebbe come perdere il futuro. Ma sono sicuro che le cose cambieranno presto. La Gmg sarà una magnifica occasione perché quest’immagine deformata dei giovani spagnoli sia sostituita da un’altra più verace e, senza ombra di dubbio, migliore».
Dopo gli ultimi anni di forti divisioni interne, i giovani possono contribuire ad una riconciliazione? La Gmg può aiutare in questo senso?«Dividere la società è stato un gioco pericoloso che hanno fatto alcuni per nascondere i loro problemi. Ma questo gioco è fallito, gli spagnoli non lo vogliono perché sanno bene che dalla spaccatura e dallo scontro non viene mai fuori nulla di buono. In qualche occasione si è cercato addirittura di mettere in contrasto i credenti con i non credenti ed è stato promosso un laicismo aggressivo che, però, ha provocato un effetto contrario. Non solo non è stato danneggiato il cattolicesimo, ma in buona parte si è rafforzato, come si potrà notare alla Gmg. È molto significativo, ad esempio, che attualmente i giovani fra i 18 e i 24 anni si dichiarino cattolici più di coloro che hanno fra i 25 e i 34 anni. La grande maggioranza degli spagnoli si dichiara cattolica. E quando oltre il 70% degli elettori del partito al governo e più dell’80% degli elettori del principale partito dell’opposizione si dicono cattolici, è chiaro che il cattolicesimo ha una tale forza di coesione nella società spagnola, che è difficile esagerare».
Si discute molto di crisi di identità europea: crisi di valori, individualismo esasperato. Qual è la sua opinione?«Le società europee, abbracciando il relativismo e il multiculturalismo, hanno seguito una traiettoria discendente che ha una delle sue più chiare manifestazioni nella degenerazione dell’etica pubblica. Al di là del fatto che una persona sia credente o meno, è certo che senza il cristianesimo non sarebbe possibile capire la storia occidentale né ridare alle nostre società il polso morale di cui hanno bisogno. Negare il ruolo del cristianesimo nella storia occidentale costituisce un esercizio intellettuale abbastanza ridicolo. Per capire, riconoscere e assumere l’immenso valore culturale e sociale del cristianesimo non è necessario essere credenti. Basta apprezzare minimamente la verità».
La Spagna cammina verso le elezioni del 20 novembre tra gravi difficoltà economiche. Sembra che l’ottimismo spagnolo sia finito. È così?«È logico che l’ottimismo cali quando i fatti non danno molte ragioni per sentire il contrario. Credo che noi spagnoli non abbiamo perso la speranza che le cose tornino a funzionare bene. Ma anche dopo il voto ci sarà ancora molto da fare. Le aspettative miglioreranno quando inizierà un nuovo ciclo politico».
Benedetto XVI ha una relazione con i giovani molto diversa rispetto al suo predecessore, Giovanni Paolo II: cosa la impressiona di più del magistero del Papa?«Giovanni Paolo II e Benedetto XVI sono persone molto differenti. Lo sono dal punto di vista del carattere, della formazione e anche perché la loro missione di fronte alla Chiesa è stata necessariamente molto diversa. Il mondo è cambiato molto dagli anni 80 del secolo scorso e la Chiesa ha dovuto affrontare problemi molto distinti durante gli ultimi decenni. Allo stesso tempo, esiste una profonda continuità nel magistero. Per quanto riguarda i giovani, la cosa più importante è che entrambi hanno lanciato loro lo stesso appello: non avere paura della verità. Il cuore ha bisogno di due movimenti successivi e differenti per compiere la sua funzione e perché il sangue possa arrivare a tutte le parti del corpo. Credo che Giovanni Paolo II e Benedetto XVI abbiano avuto compiti diversi, ma complementari. Insieme formano uno stesso battito del cuore della Chiesa».