Intervista. Il neocardinale Feroci: «Atto di stima per i preti romani»
Don Enrico Feroci, parroco romano che sarà creato cardinale il 28 novembre
Anche per monsignor Enrico Feroci la notizia della sua creazione a cardinale è giunta improvvisa e mentre nella sagrestia del Santuario del Divino Amore, di cui è parroco, si stava preparando a dire Messa. «È arrivato di corsa un sacerdote – racconta –. Erano le 12.20 e io ero appena giunto dalla Basilica del Laterano dove avevo celebrato Messa. Ho pensato a uno scherzo. Ma poi sono arrivati altri e mi hanno fatto vedere il video dell’Angelus appena trasmesso». Per don Feroci sono stati momenti di confusione, gioia e sorpresa. «Ero così frastornato che un confratello ha deciso di celebrare la Messa delle 12.30 al posto mio».
Sorpresa e ringraziamento che il futuro cardinale ha espresso nel pomeriggio di domenica al Papa per telefono. Classe 1940, don Feroci ha compiuto 80 anni lo scorso 27 agosto. Una vita sacerdote vissuta tutta a Roma, dove è stato ordinato sacerdote il 13 marzo 1965, ha svolto l’incarico di parroco, responsabile di una prefettura, componente del Consiglio presbiterale, degli Affari economici e dei consultori del Vicario di Roma. Dal 1° settembre 2009 viene incaricato di dirigere la Caritas di Roma. Resterà direttore fino al 1° settembre 2018, quando assumerà l’incarico di rettore del Santuario del Divino Amore. L’anno dopo viene nominato parroco della parrocchia Santa Maria del Divino Amore a Castel di Leva.
Monsignore come legge questa sua nomina a cardinale?
Penso che attraverso la mia persona, papa Francesco abbia voluto dare un segnale di stima a tutti i suoi sacerdoti che operano nella Chiesa di Roma, la sua diocesi. L’ho detto anche al Papa nella telefonata. Mi sento un loro rappresentante e attraverso me questa stima deve raggiungere tutti i sacerdoti del Vicariato.
Immagino che il Papa non abbia dimenticato il suo servizio a favore dei poveri e degli ultimi alla guida della Caritas...
Anche in questo caso penso che papa Francesco abbai voluto cogliere l’ennesima occasione per sottolineare l’attenzione che dobbiamo rivolgere verso i poveri, gli ultimi. Sono, come dice spesso, «la carne di Cristo» e noi sacerdoti siamo con la nostra missioni i primi a toccare questa carne di Cristo. Di certo negli anni alla guida della Caritas romana mi sono trovato in posizioni di visibilità, ma anche in quel caso rappresentavo tanti altri sacerdoti impegnati sul campo. Se il Papa ha voluto esprimere il suo apprezzamento non era verso la mia persona, ma per quanto facciamo come sacerdoti. Da parte mia ho sempre fatto ciò che i miei superiori mi chiedevano di fare, senza cercare servizi particolari per me o occasioni di 'carriera'.
Come vivrà ora il suo nuovo compito di cardinale?
Io sono parroco. I cardinali sono parroci di una chiesa di Roma e dunque spero di continuare a fare il parroco. Ovviamente nella disponibilità di quanto vorrà indicarmi il Papa.
Papa Francesco dice spesso che anche gli anziani devono sognare. Lei che sogno pensa di portare nel Collegio cardinalizio?
Sono l’ultimo arrivato e mi pare fuori luogo indicare dei sogni.
E allora cosa sogna per la Chiesa?
Mi piacerebbe che fosse riempita di persone innamorate di Cristo. Che sentano al presenza di Dio nel mondo. Una percezione che nasce dal fatto di sentirci poca cosa. Al contrario pensiamo di essere i potenti del mondo. Serve una coscienza della nostra povertà esistenziale, in modo da comprendere e avvertire la presenza di Dio nel mondo.
Lei è parroco al Divino Amore. Cosa rappresenta questo Santuario mariano per la diocesi di Roma?
È un luogo con una storia antica e bella. Su una delle torri del castello di Castel di Leva dal 1300 c’è una immagine mariana. A questa figura viene attribuito il miracolo che salvo un viandante dall’assalto di cani randagi. Era il 1740. Da allora questo luogo per i romani è diventato una meta di pellegrinaggio. Un luogo di consolazione, di misericordia e di accoglienza, dove chiedere alla Madonna delle grazie.