L'apertura. Il Papa: «Preparare il futuro senza paure». Zuppi: «Impegno per il Paese»
L'apertura dei lavori dell'Assemblea sinodale delle Chiese in Italia a San Paolo fuori le Mura
Si respira aria di Concilio nella Basilica di San Paolo II, dove il primo annuncio del Vaticano II venne dato da san Giovanni XXIII nel 1959. Ma si sente insieme anche il profumo del Giubileo della speranza, cioè del futuro. Di cui non bisogna avere paura, come scrive il Papa. Francesco ha inviato ieri un suo messaggio alla prima assemblea sinodale delle Chiese in Italia, letto ai mille delegati dal cardinale presidente della Cei, Matteo Zuppi. I lavori, infatti, si sono aperti nel pomeriggio nel grande tempio romano dedicato all’Apostolo delle genti. Scrive dunque il Pontefice: «Non abbiate paura di alzare le vele al vento dello Spirito». E perciò i cattolici italiani sono «chiamati a guardare alla società in cui viviamo con uno sguardo di compassione per preparare il futuro, superando atteggiamenti non evangelici, quali la mancanza di speranza, il vittimismo, la paura, le chiusure. L’orizzonte si apre davanti a voi - esorta papa Bergoglio - continuate a gettare il seme della Parola nella terra perché dia frutto».
È un invito che risuona più volte nel corso dei lavori della prima giornata. A partire dal momento di preghiera ecumenico (nell’assemblea c’è la presenza di sette rappresentanti di Chiese cristiane in Italia), poi nei saluti monsignor Antonello Mura, vescovo di Nuoro e Lanusei (e membro della presidenza del Comitato del cammino sinodale), del cardinale James Harvey, arciprete della Basilica di San Paolo fuori le Mura, dell’abate dom Donato Ogliari «e naturalmente nell’intervento iniziale del cardinale Zuppi.
«Il Signore chi chiama e ci manda, oggi in questo mondo difficile e terribilmente sofferente che impaurisce e sembra cancellare il futuro», nota il porporato. Ma il suo è un messaggio di speranza. «In una società sempre più fratturata siamo chiamati a rammendare quel tessuto di relazioni e di umanità che costituisce il patrimonio vero del nostro Paese, le sue radici più profonde». È vero, c’è la guerra («cui «non vogliamo abituarci», forse «preghiamo troppo poco per la pace») e nella società italiana cresce il clima conflittuale: «La spietata avanzata del numero dei femminicidi, la crescita della violenza tra i giovani, l’inasprirsi del linguaggio sempre più segnato dall’odio, i casi di antisemitismo, che non possiamo tollerare, sono come semi che da sempre il male getta nei cuori e nelle relazioni delle persone e contaminano i cuori e i linguaggi». È così che nascono i sentimenti cattivi. Un mondo di “Io” soli finisce facile preda di questi sentimenti. Persone con poca fede finiscono prigionieri della paura», sottolinea Zuppi.
Una strada per sottrarsi a tutto questo è il dialogo. «Fare qualcosa insieme, costruire insieme, fare progetti non da soli, fra cattolici, ma insieme a tutti coloro che hanno buona volontà». Anche nell’ambito politico. Il presidente della Cei spiega: «Non dobbiamo mai smettere di lavorare con pazienza e intelligenza per l’unità del nostro Paese, certo, nella laicità e nel pluralismo delle politiche e delle opinioni, ma sfuggendo alla banalizzazione della vita, al nichilismo, all’aggressione e alla contrapposizione come modalità del parlare e del decidere». La Chiesa è madre di tutti, sottolinea il porporato. «Leggere e qualificare le sue posizioni in un’ottica politica, deformando e immiserendo le sue scelte a convenienze o partigianerie, non fa comprendere la sua visione che avrà sempre al centro la persona senza aggettivi e limiti». Come Chiesa, aggiunge il cardinale, «di tempo in tempo, con la nostra esperienza umana dell’Italia, maturata tra la gente, esprimiamo “preoccupazioni” che non sono mai per dividere o alimentare contrapposizioni, ma per fortificare quel bene comune che esiste e che va perseguito e difeso».
Tra le preoccupazioni più urgenti il presidente della Cei indica la denatalità, «che ha raggiunto livelli preoccupanti». Eppure, fa notare, «tutti sappiamo che non basta combattere la denatalità senza una cultura della speranza nel futuro e senza preoccuparci di evitare l’emorragia di giovani dal nostro Paese e dalle aree interne. Il futuro dipende dalle politiche in favore della natalità, ma anche da politiche della casa, da politiche attive del lavoro e da autentiche politiche di integrazione dei migranti: tutti questi aspetti insieme saranno in grado di generare un’alba nuova all’orizzonte».
La Chiesa non vuole restare nelle sagrestie. Anzi, insiste Zuppi davanti all’assemblea in cui sono presenti anche il sindaco di Roma Roberto Gualtieri e il nunzio in Italia, l’arcivescovo Petar Rajic, vuole essere «più partecipativa e missionaria». E su questo panorama si staglia l’orizzonte del Giubileo. « Quante ombre lunghe del pessimismo, dello scetticismo, ma anche del nichilismo si stendono sulla vita - dice Zuppi -. È la sfida: camminare con speranza con tanti italiani e italiane, con tanti credenti magari un po’ spenti o rassegnati. Una nuova passione per il mondo deve percorrere le vene delle nostre comunità. Una nuova passione per il mondo deve percorrere le vene delle nostre comunità»., conclude Zuppi.
Parole che trovano un’eco anche nell’intervento di Erica Tossani della presidenza del Comitato nazionale. «Siamo qui per questo - sottolinea - perché è la passione per l’umanità e il Vangelo che ci brucia dentro».