Il reportage. L'ultimo sogno di padre Pino Puglisi: l'asilo nido della speranza
Lo “spazio gioco” nei sottoscala dove la mafia aveva tenuto il tritolo delle stragi (Foto Gambassi)
Il cancello arrugginito è socchiuso. Basta spingerlo per entrare in questa sorta di fortino circondato da muri in cemento e barriere antirumore. Fra sterpaglie e terra brulla, ciò che si nota è un ammasso di cassetti di mobili gettati alla rinfusa, scatoloni bruciati, calcinacci bianchi che il sole a picco fa risplendere come fossero specchi. Sullo sfondo una giungla di casermoni. E accanto una serie di case con un paio di piani al massimo, alcune diroccate, dove i filoni di pane vengono portati nelle cucine calando il cesto di vimini con una corda dalla terrazza più alta. A due passi si legge su un cartello pendente: “Via Brancaccio”. Perché qui siamo nel cuore del quartiere dimenticato di Palermo, quello che per anni è stato la roccaforte di Cosa Nostra e che ancora oggi porta i segni di sangue, degrado ed emarginazione inscritti nella sua storia. Allora fa un certo effetto pensare che al posto della discarica a cielo aperto spuntata in un appezzamento comunale possa nascere un asilo nido. Per di più tutto in legno, con i pannelli solari sul tetto e un impianto di recupero dell’acqua piovana. Come non ce n’è di simili nel capoluogo siciliano. Un sogno? Sì, l’ultimo sogno di padre Pino Puglisi, il sacerdote beato ucciso dalla mafia venticinque anni fa in questa periferia anonima che oggi conta 8mila famiglie stipate in appartamenti dove vivono anche in dieci, che ha strade colabrodo, case mai completate, immondizia sui marciapiedi.
Sognava scuole, campi sportivi, teatri, poli di aggregazione per Brancaccio il “profeta” che ha fatto tremare la mafia con il Vangelo in mano e la convinzione che il riscatto della sua gente partisse dall’educazione dei più piccoli. La scuola, i campi da calcio, tennis e basket, l’auditorium, un centro anziani ci sono adesso qui. Non l’asilo nido però. Ecco perché ha deciso di realizzarlo il Centro di Accoglienza Padre Nostro che lo stesso prete “scomodo” aveva fondato nel 1991 e che sta trasformando il volto del quartiere con iniziative e servizi sulle orme del beato. Un gesto per ricordare il quarto di secolo del martirio. Sfidando tutto. Anche gli atti vandalici e le intimidazioni che continuano contro il Centro. Come l’avvertimento “di morte” di pochi giorni fa al presidente Maurizio Artale.
«Brancaccio si sta emancipando – dice Artale con l’ottimismo che lo contraddistingue –. Se oggi non siamo più soltanto il bunker della mafia, lo dobbiamo a padre Puglisi che ha scosso le coscienze e per questo è stato ucciso da chi è nato fra noi. Eppure chiunque cerchi di restituire alla comunità il quartiere subisce minacce dalla mafia. Lo aveva detto anche un killer del sacerdote, Gaspare Spatuzza, durante il processo sulla trattativa Stato-Mafia: “Don Pino è stato ucciso perché voleva impossessarsi del nostro territorio”». E il presidente prosegue: «Vangelo e promozione umana vanno di pari passo, ci ha insegnato. Infatti ad alcuni fedeli che gli chiedevano perché la parrocchia dovesse interessarsi anche di classi o di fognature che mancavano, Puglisi aveva risposto: “Per ora pensiamoci noi, affinché il nostro agire diventi protesta”. E proposta».
La sede del Centro è a poche centinaia di metri dall’angolo dove sorgerà l’asilo e a due passi dalla parrocchia di San Gaetano che il prete dell’“insurrezione evangelica” guidò per meno di tre anni, prima di essere freddato davanti alla casa di famiglia. È color ocra e carminio la palazzina che al piano terra fa da sportello sociale e al piano superiore ha il baricentro dell’ente. “Se ognuno fa qualcosa, si può fare molto” c’è scritto sotto una foto di padre Pino Puglisi che tutti chiamano “3P”. «È una delle sue frasi celebri – osserva Artale –. Si tratta di un invito a non delegare, a rimboccarsi le maniche. Perciò facciamo appello a tutta quell’Italia che crede nella giustizia sociale e nella legalità affinché ci possa sostenere nella raccolta fondi per il nido». Il progetto ha già avuto il beneplacito della giunta municipale, del prefetto e dell’arcidiocesi. «Vorremmo consegnarlo a papa Francesco nella sua sosta alla casa-museo di padre Puglisi durante la visita che farà in città il 15 settembre, proprio nel giorno dell’uccisione del beato», confida il presidente.
La Chiesa di Palermo è in prima linea. «Don Pino – afferma l’arcivescovo Corrado Lorefice – ci ripete ancora che dove non c’è cultura si annida la dipendenza dalla malavita. La mafia ha tutto l’interesse che un territorio non si elevi culturalmente, strutturalmente, socialmente e che prevalga la ghettizzazione con cui si impedisce la circolazione di altre visioni del mondo. Secondo padre Puglisi, la proposta cristiana deve abbracciare tutta la vita e il messaggio di salvezza di Cristo farsi concreto. Questo significa anche avere un asilo». Il terreno per il plesso è stato concesso dal Comune. «Don Pino ha contribuito a cambiare la città – sottolinea il sindaco Leoluca Orlando –. Non combatteva la mafia: chiedeva attenzione per i bambini; chiedeva aule; chiedeva novità che hanno fatto più paura a Cosa Nostra delle armi delle forze dell’ordine». E torna con la mente a quando, dopo essere stato rieletto primo cittadino nel novembre 1993, a due mesi dall’assassinio del parrinu, «avevamo dato il via libera a tempo di record alla costruzione della scuola media a Brancaccio voluta dal sacerdote e poi a lui intitolata». Anche se il complesso è stato inaugurato nel 2000. «E ora di fronte all’iniziativa del Centro Padre Nostro ribadiamo che la collaborazione è possibile nel nome dei diritti. Del resto Palermo è Brancaccio e Brancaccio è Palermo, sia nel positivo sia nel negativo».
Ad affiancare il Centro è la Fondazione Giovanni Paolo II, la onlus toscana impegnata nel dialogo, nello sviluppo e nella cooperazione internazionale anche con il contributo della Cei. «Se la maggior parte dei nostri interventi si concentra in Medio Oriente – spiega il presidente Luciano Giovannetti, vescovo emerito di Fiesole – abbiamo creato un ponte con Palermo per essere a fianco di chi vive ai margini, sorretti dalla testimonianza di un martire nostro contemporaneo che, attuando il Concilio, ha unito annuncio della Parola di Dio e servizio all’uomo».
Il nuovo nido accoglierà 60 bambini fino a tre anni. E fra i custodi avrà anche detenuti in esecuzione penale esterna ed ex carcerati. Già accade negli ambienti che ospitano lo “spazio gioco”, un assaggio del futuro asilo della speranza. Il Centro Padre Nostro lo ha creato fra i condomini di Brancaccio. Si trova in quelle che qui vengono chiamate le “saracinesche”, sottoscala ai piedi di palazzoni che dovrebbero essere destinati ai negozi e che le sentenze della magistratura hanno rivelato siano stati il deposito per il tritolo delle stragi di Capaci e via D’Amelio nelle quali morirono i giudici Falcone e Borsellino. Era il 1992, l’anno precedente al delitto Puglisi e agli attentati mafiosi in Italia. Una è quella del presidio aperto dagli eredi di “3P”. «Il quartiere – confida la responsabile Valentina Caruso – è povero non solo a livello economico, ma anche per la carenza d’istruzione e di senso civico. Il nostro è un tentativo di supportare le famiglie nel loro compito educativo. Spesso abbiamo a che fare con mamme giovanissime che magari a trent’anni hanno già tre o quattro figli di cui uno di quindici».
In un paio di stanzette si danno appuntamento al mattino 20 marmocchi. Invece nel pomeriggio tocca all’esperienza del recupero scolastico. «Siamo partiti tre anni fa con 35 ragazzi. Quest’anno ci siamo dovuti fermare a 120 – fa sapere Valentina –. Una fra le più grandi soddisfazioni? Aver aiutato numerosi adolescenti a prendere la licenzia media che altrimenti non avrebbero mai ottenuto». Una donna le si avvicina. «Sai se mio figlio è stato promosso all’esame?». Valentina si fa radiosa. «Certo, tutto a posto». Anche padre Puglisi avrebbe sorriso, com’era suo solito. E avrebbe salutato la signora, pronto per tuffarsi in un’altra avventura di frontiera nella terra “maledetta” dei fratelli Graviano. Che oggi lo è molto meno.
ECCO COME CONTRIBUIRE AL PROGETTO
Un gesto concreto di solidarietà per celebrare il 25° anniversario del martirio del beato Pino Puglisi, il prete siciliano ucciso dalla mafia il 15 settembre 1993 di fronte alla sua casa di Palermo. Il Centro di Accoglienza Padre Nostro, voluto dallo stesso padre Puglisi nel capoluogo siciliano, e la Fondazione Giovanni Paolo II, insieme con l’arcidiocesi di Palermo, il Comune di Palermo e Avvenire intendono realizzare l’ultimo sogno del sacerdote “profeta” per il suo quartiere Brancaccio a Palermo: la costruzione del nuovo asilo nido. Posiamo insieme la prima pietra.
È possibile contribuire al “sogno” di padre Pino Puglisi attraverso:
- bonifico bancario intestato a Fondazione Giovanni Paolo II utilizzando il seguente IBAN IT84U0503403259000000160407 (va inserito anche l’indirizzo di chi versa nel campo causale);
- bollettino sul conto corrente postale n. 95695854 intestato a Fondazione Giovanni Paolo II, via Roma, 3 - 52015 Pratovecchio Stia (AR). Causale: “Asilo Don Puglisi”;
- carta di credito o PayPal sul sito www.ipiccolidi3p.it.
Partecipa al progetto con la tua parrocchia o associazione, con i tuoi familiari o amici. Facendo una donazione si avrà diritto alle agevolazioni fiscali previste dalla legge. I dati saranno trattati ai sensi dell’art.13, regolamento europeo 679/2016 (c.d. “GDPR”).