Lourdes. «Ascoltare e informare con coraggio»: la voce dei giornalisti cattolici
La sala degli Incontri di Lourdes
Il Gave sussurra col suo timbro quieto, intona un canto di amore per i paesaggi che attraversa. E quando passa accanto alla Grotta di Massabielle la sua voce discreta diventa parte di uno spettacolo spirituale senza pari. Bisogna, però, riuscire a intenderlo. Quel che si sperimenta a Lourdes in questi giorni di fine gennaio, che segnano una pausa invernale nei pellegrinaggi, è il silenzio, che spinge ad affinare l’udito. Ascoltare cambia la vita. Nostra. E della Chiesa. I 200 giornalisti cattolici di tutto il mondo impegnati sino a oggi negli annuali “Incontri di san Francesco di Sales” ne stanno facendo (indimenticabile) esperienza, spegnendo l’audio ansioso di notizie e social. E mettendosi in ascolto delle storie dei colleghi di tutto il mondo che cercano di essere tessitori di speranza e riconciliazione, nelle realtà dove il cammino sinodale sta facendo uscire allo scoperto voci mai udite o nell’Ucraina e nel Medio Oriente segnati dalla devastazione bellica.
La basilica di Lourdes - .
Nell’Hemicycle dove si riunisce la Conferenza episcopale francese, al di là del fiume, le sessioni degli Incontri tra professionisti dell’informazione alternano le prospettive aperte dal Sinodo, gli scenari dell’Intelligenza artificiale e le sofferenze di chi sperimenta la violenza in ogni forma. All’incrocio di queste strade le parole del Papa, che nel suo messaggio letto dal nunzio in Francia monsignor Celestino Migliore ricorda il sacrificio di padre Jacques Hamel, «prete anziano, buono, dolce, fraterno e pacifico», ucciso da un fanatico nella sua chiesa a Saint-Etienne il 26 luglio 2016, al quale è intitolato il premio giornalistico della Federation des Medias Catholiques: «La sua testimonianza insostituibile – dice Francesco – dev’essere largamente diffusa e conosciuta, per servire come antidoto agli eccessi di violenza, di intolleranza, di odio e di rifiuto dell’altro».
La celebrazione della Messa per i giornalisti nella Basilica del Rosario - .
E i giornalisti? Solo testimoni? Per il loro servizio «non basta l’intelligenza, serve anche il cuore», visto che gli spetta «la costruzione di un mondo più fraterno, nel rispetto delle convinzioni di ciascuno». La pervasività crescente dei media nella loro versione digitale – col motore degli algoritmi ad accelerare il fenomeno – mette le ali anche a «informazioni erronee, a volte deliberatamente false che mettono gli uni contro gli altri». Oggi più che mai quindi «la verità è un’esigenza essenziale del lavoro giornalistico al servizio del dialogo interreligioso». Non solo: «Annunciare la verità su ciò che noi siamo e su ciò in cui crediamo e cercare onestamente ciò che sono gli altri e ciò in cui credono – scrive ancora il Papa, incalzando i giornalisti cattolici – è la base indispensabile per vivere una fraternità nel rispetto delle differenze».
Il santuario all'alba, in questi giorni di fine gennaio - .
Di qui l’invito ad «approfondire sempre – e aiutare i vostri lettori ad approfondire – la vostra fede, senza temere talvolta di doverla purificare alla sorgente del Vangelo e del Magistero» ma anche sapendo «informare sul pensiero degli altri, senza cadere nei clichés, nelle facili scorciatoie», con il «coraggio» di «denunciare i loro errori e le deviazioni inaccettabili, soprattutto quando ledono la dignità dell’uomo e la fraternità». Lourdes è luogo dove il dolore del mondo viene accolto, qui lo “spirito di Bernadette” – le braccia di Maria che si aprono quando a cercarle sono i disarmati di tutto – si mostra nella sua purezza. Le testimonianze sofferte di Olga Rudenko, alla guida della redazione di Kyiv Independent, e di Marie Armelle Beaulieu, caporedattrice di Terre Sainte Magazine, collegate dai loro avamposti informativi, porta le ferite aperte delle grandi crisi ai piedi della Madonna, come un atto di affidamento professionale. Nelle loro storie, come in tutte quelle che sfilano attorno al tema del “Tempo di sconvolgimenti”, torna il verbo- chiave – ascoltare – così come il suo necessario doppio – raccontare.
La Grotta di Massabielle - .
C’è «un’arte del narrare che fa crescere la comunione e la partecipazione, come continua condivisione di esperienze fisiche e spirituali», e non a caso chi la propone a tutti è la voce africana di padre Walter Ihejirika, nigeriano, responsabile continentale di Signis, ong cattolica della Comunicazione. Ma nessun racconto ha senso se manca «la priorità dell’ascolto» spiegata da Alessandro Gisotti, che nel Dicastero vaticano per la Comunicazione è vicedirettore editoriale, come un saper «fare spazio »: allo «Spirito che guida i nostri passi » ma anche «alla vita come realmente accade»: «La nostra missione – dice Gisotti – è cercare di comunicare la verità ma anche promuovere un vero spirito di ascolto e di partecipazione. Lo stiamo facendo nel nostro lavoro quotidiano?». La domanda riporta tutti al proprio desk informativo, e apre altre questioni: «La caratteristica dei mezzi di comunicazione che vogliono raccogliere la sfida della sinodalità è di essere vicini alle persone e alle comunità di cui vogliono raccontare la storia. Se l’ascolto è al centro, allora dobbiamo essere vicini. Non si può ascoltare da lontano». Bello sentirselo dire a Lourdes, dove tutto insegna ad ascoltare.
Il Premio padre Jacques Hamel a Romina Gobbo
«Viene, viene la colomba con il suo ramo d’ulivo nei nostri cuori e nel mondo». Quando la commozione per la sua storia di dolore e di perdono ha stretto un bel groppo in gola a chi l’ha ascoltata, Roseline Hamel si mette a cantare la canzone che a suo fratello Jacques piaceva intonare quando qualcosa lo disturbava. La sorella ne tiene viva la testimonianza fino allo spargimento del sangue nella sua chiesa a Saint-Etienne, ora divenuta meta di pellegrinaggi «da tutta la Francia, ma anche dall’Italia».
La premiazione: da sinistra, Sarah-Christine Bourihane, Roseline Hamel, Romina Gobbo, Jean-Marie Montel, presidente della Federation des Medias Catholiques, monsignor Celestino Migliore e don Stefano Stimamiglio, direttore di "Famiglia Cristiana" - Foto Bernard Hourler
Al nome del sacerdote ucciso da un 19enne imbevuto di radicalismo islamista è dedicato il premio giornalistico internazionale che, assegnato ieri alla giovane giornalista canadese Sarah-Christine Bourihane, ha conosciuto ieri anche la prima edizione per la stampa italiana, col successo di Romina Gobbo per un articolo sul “Messaggero di Sant’Antonio” dedicato a Denis Mukwege, il medico congolese Nobel per la Pace 2018 che spende la sua missione per ricostruire – fisicamente e non solo – le donne vittime di violenza. Questa stessa «forza di trasformare una tragedia in una occasione di speranza» documentata dalla giornalista vicentina, che è anche collaboratrice di “Avvenire”, riempie la serata di Lourdes con l’abbraccio tra Roseline e Nassera Kermiche, madre del giovane che uccise Hamel. Una sorellanza nata da un dolore immenso condiviso tra due donne che sul loro incontro stanno scrivendo un libro. Sarà di certo eccezionale, come la loro vicenda di riconciliazione.