Cina. Arrestato a Hong Kong il cardinale Joseph Zen, sostenitore della democrazia
Il cardinale Joseph Zen, arrestato a Hong Kong
Il cardinale Joseph Zen, 90 anni, è stato arrestato dalle autorità di Hong Kong, della quale diocesi è stato a lungo vescovo cattolico. Il cardinale è stato fermato ieri sera in relazione al suo ruolo di amministratore del "612 Humanitarian Relief Fund"', che ha sostenuto i manifestanti pro-democrazia nel pagamento delle spese legali che dovevano affrontare. Aperto difensore dei diritti democratici a Hong Kong e nella Cina continentale, il cardinale Zen ha spesso assistito alle udienze che vedono imputati politici e attivisti filo-democratici, finiti alla sbarra con l'accusa di aver violato il provvedimento sulla sicurezza nazionale.
Zen è un aperto sostenitore del movimento pro-democrazia.
Salesiano, creato cardinale nel 2006 ha lasciato l'incarico di vescovo di Hong Kong nel 2009, ma ha continuato ad essere nel mirino del governo centrale di Pechino per le sue posizioni in merito al rispetto dei diritti umani e politici in Cina.
A riferire dell'arrresto sono stati i media locali, che dopo diverse ore hanno anche fatto sapere che il vescovo è stato rilasciato su cauzione. L'arresto e le accuse restano confermati.
"La Santa Sede ha appreso con preoccupazione la notizia dell'arresto del cardinale Zen e segue con estrema attenzione l'evolversi della situazione". Lo afferma il direttore della sala stampa vaticana Matteo Bruni.
L'agenzia AsiaNews del Pime riporta: "Il cardinale Zen era uno degli amministratori fiduciari dell'organizzazione benefica, che ha smesso di operare nell'ottobre scorso. Le autorità lo hanno arrestato insieme ad altri promotori del Fondo, tra cui la nota avvocatessa Margaret Ng, l'accademico Hui Po-keung e la cantautrice Denise Ho. Da quanto si apprende, - l'indagine delle Forze dell'ordine si concentra sull'eventuale 'collusione' del Fondo 612 con forze straniere, in violazione della draconiana legge sulla sicurezza nazionale imposta daPechino nell'estate 2020. Zen è da tempo nel mirino del governo cinese. A gennaio la stampa pro-establishment ha pubblicato quattro articoli in cui lo si accusava di aver incitato gli studenti a rivoltarsi nel 2019 contro una serie di misure governative".
Il porporato è inviso a Pechino anche per le sue critiche al controllo esercitato dal Partito comunista cinese sulle comunità religiose. Egli ha condannato la rimozione delle croci dall’esterno delle chiese in Cina e ha celebrato negli anni messe in ricordo dei martiri di Tiananmen a Pechino: i giovani massacrati dalle autorità il 4 giugno del 1989 per aver chiesto libertà e democrazia. Il cardinale è anche contrario all'accordo tra il Vaticano e la Cina sulla nomina dei vescovi. La sua voce si era levata alta anche in difesa degli uiguri, un'etnia che vive nello Xinjiang: "È orribile quello che stanno facendo ai musulmani, con i campi di concentramento", ha dichiarato. "Fanno sterilizzazione di massa e vogliono distruggere una razza. Sono crimini orribili".