Chiesa

Il genocidio. «La negazione è l'ultimo atto del genocidio»

Lorenzo Rosoli venerdì 24 aprile 2015
​«La società civile turca è molto più audace, libera, progressista», rispetto al suo governo, che invece con la negazione del genocidio degli armeni «mostra la sua vera identità», scandisce l’ambasciatore in Italia della Repubblica di Armenia, Sargis Ghazaryan. «Durante il genocidio ci furono molti eroi, molti giusti turchi che, mettendo a repentaglio la loro vita e la loro libertà, salvarono degli armeni. Invito i governanti turchi a celebrare quegli eroi al posto di negare il genocidio armeno». L’ambasciatore lancia questa sollecitazione dalle navate del Duomo di Milano, dove venerdì pomeriggio il cardinale Angelo Scola ha presieduto una celebrazione ecumenica nel centenario del genocidio armeno. Un’occasione per rilanciare – nel segno della preghiera e della memoria – percorsi di riconciliazione, perdono e pace che muovano dalla proclamazione e dal riconoscimento della verità storica. La «grande prova» sostenuta dagli armeni «oggi è di forte richiamo a tutte le Chiese», ha detto Scola. È una testimonianza di fede, quella «dei martiri di ieri e di oggi», di cui «ha più che mai bisogno questa travagliata società di inizio millennio». Una testimonianza, ha spiegato l’arcivescovo di Milano, che chiama alla «comunione» tutte le Chiese cristiane per essere, insieme, «costruttori di vita buona, giusta e pacifica nei nostri paesi». Ma è proprio la memoria del genocidio che oggi c’è chi si ostina a negare e rimuovere. «L’ultimo atto di un genocidio è la sua negazione – ha affermato l’ambasciatore Ghazaryan, dialogando con i giornalisti dopo la celebrazione ecumenica nel Duomo di Milano –. Ma oggi c’è un fronte molto più compatto, generale, universale, nel dire "mai più" ai genocidi. Il genocidio armeno è stato il precursore di un secolo di genocidi che stenta ancora a chiudersi. Oggi vediamo nel Medio Oriente l’azione genocidiaria dell’Isis. Quindi i genocidi purtroppo non sono ancora storia, sono ancora politica. E se l’ultimo atto di un genocidio è la sua negazione, il nostro messaggio è di una memoria prescrittiva perché ciò che è successo non accada mai più». Che cosa dice e rivela la reazione del presidente turco Recep Tayyip Erdogan e di alcuni governanti e autorità di Ankara alle recenti parole di papa Francesco, dedicate proprio al «primo genocidio del XX secolo»? «Il governo turco –risponde l’ambasciatore – in questi giorni è emerso con la sua vera identità, quella di una negazione perpetua. Alle parole del Pontefice, all’atto del Parlamento Europeo, alle parole di Federica Mogherini, l’Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, il presidente turco ha risposto minacciando nuove deportazioni degli armeni, cent’anni dopo il genocidio. Oggi la Repubblica d’Armenia, la mia generazione degli armeni, è sul fronte di quel movimento che vuole prevenire i genocidi. Per ciò che concerne invece i rapporti bilaterali fra Armenia e Turchia – prosegue l’ambasciatore – da sette anni giace la nostra firma su quei protocolli di normalizzazione dei rapporti – nostra iniziativa con la Turchia. Il governo turco sia responsabile, sia all’altezza della nazione turca. Torni al tavolo a firmare e ratificare quei documenti». Un governo all’altezza della nazione. Come a dire: c’è una nazione, c’è un Paese, più avanti del suo governo...