Candoglia. Delpini alla Cava Madre del Duomo di Milano: nel profondo troviamo il bene
L'arcivescovo ha visitato il sito dal quale, dal 1387, si estrae il marmo per la Cattedrale. Un’occasione per ringraziare le maestranze. E ricordare chi costruisce la Chiesa con le pietre e con le persone
Cava Madre: così si chiama il grembo di pietra che dalla fine del ’600 offre al Duomo di Milano la materia della sua incessante rigenerazione. Cava Madre: un nome bello, caldo, affettuoso, per lo scrigno da cui si estrae il tesoro, solo a prima vista freddo e inerte, del marmo di Candoglia. Cava Madre: l’altare al quale si celebra l’alleanza fra il creato, la tecnica e il lavoro dell’uomo, perché si possa consegnare sempre bella alle generazioni che verranno la Chiesa Madre di Milano. Qui, venerdì 15 ottobre – a due giorni dalla festa della dedicazione della Cattedrale – si è recato in visita l’arcivescovo Mario Delpini. Un’occasione per incontrare i vertici e i lavoratori della Veneranda Fabbrica del Duomo. Per ringraziarli della loro preziosa opera. E per ricordare «chi prima di noi ha vissuto l’avventura cristiana di costruire la Chiesa con le pietre e con le persone», dirà il presule dopo la visita in cava, celebrando la Messa nella chiesa di Albo.
Siamo a Mergozzo, in Piemonte, all’imbocco della Val d’Ossola. Qui, sul versante che sovrasta la frazione di Candoglia, si scava la pietra servita, prima, per costruire il Duomo, oggi per gli interventi di restauro. Così è dal 1387, quando Gian Galeazzo Visconti cedette l’uso di queste cave alla Fabbrica del Duomo da lui stesso fondata. Le prime notizie di un’attività estrattiva in questa zona si collocano attorno all’anno Mille, ma si pensa che il suo marmo fosse usato già in età romana. Più di trenta i fronti di cava aperti nel corso dei secoli, via via abbandonati. Quello che prenderà il nome di Cava Madre, utilizzato a lungo soprattutto per la facciata del Duomo, viene aperto attorno al 1680.
Oggi questa è l’unica cava attiva e vi si estraggono circa 300 metri cubi all’anno, tutti destinati al Duomo. Quattordici i lavoratori ivi impiegati fra cavatori, addetti alla segheria, ornatisti e manutentori. Agli inizi del ’900 si abbandonò la tecnica di scavo a cielo aperto per proseguire la «coltivazione» (questo il termine tecnico) in galleria. Visitare la Cava Madre, dunque, è come addentrarsi in una grande cattedrale scavata nella pietra. Una vera e propria cattedrale del lavoro, con l’ingresso a 563 metri sul livello del mare, a fare da sorgente al marmo – di diverse tonalità: bianco, grigio, rosa, arancio – che dà vita e futuro alla Cattedrale laggiù in pianura. E anche qui, sopra tutto, hanno collocato una Madonnina. E la vista, dal piazzale della cava, è mozzafiato e spazia dal lago Maggiore al massiccio del Monte Rosa.
Ad accogliere l’arcivescovo di Milano ci sono il presidente della Veneranda Fabbrica, Fedele Confalonieri, il direttore generale Fulvio Pravadelli, l’arciprete del Duomo monsignor Gianantonio Borgonovo. A guidare la visita, a raccontare al presule la storia e gli aspetti tecnici dell’attività, il direttore dei Cantieri della Fabbrica, Francesco Canali, il responsabile della cava Marco Scolari e il capocava Marco Farioli. È ispirandosi al lavoro dei cavatori, che Delpini trae un insegnamento da condividere poi a valle, nell’omelia della Messa celebrata nella festa della Madonna della Neve. «La montagna nasconde tesori che scopriamo solo scavando in profondità. Come il marmo pregiato per costruire la Cattedrale. Così è anche per noi: se scaviamo in profondità dentro di noi – oltre i nostri limiti, oltre i nostri peccati – troviamo il bene, troviamo la presenza di Dio, noi che siamo tempio della Sua presenza. Se scaviamo in profondità troviamo qualcosa di prezioso, che rende bella la Chiesa». Quella fatta di pietre vive. Che a Maria, la Madre, chiede il dono di «quella fede limpida, semplice, profonda, che ci aiuta a vincere le nostre paure».
La Cava Madre del Duomo di Milano si trova a Candoglia, all'imbocco della Val d'Ossola, in Piemonte. Vi si estraggono 300 metri cubi all'anno, tutti destinati alla Cattedrale - foto Itl / Stefano Mariga
Madonna della Neve, festa con gli operai
In alto, sul versante che domina l’imbocco della Val d’Ossola, la Cava Madre. Sotto, i piccoli borghi di Candoglia e di Albo. E il fiume Toce. Il primo tratto della via d’acqua formata dal lago Maggiore, dal Ticino, dal Naviglio Grande, usata per secoli per portare a Milano il marmo. È nella chiesa di Albo, dedicata all’Annunciazione di Maria, che l’arcivescovo di Milano, Mario Delpini, venerdì 15 ottobre ha presieduto la Messa dopo la visita alla cava. Concelebrano il parroco don Adriano Miazza, l’arciprete del Duomo monsignor Gianantonio Borgonovo e il portavoce dell’arcivescovo, don Walter Magni. È la festa della Madonna della Neve, occasione di incontro per le maestranze della Veneranda Fabbrica. In omelia (l’integrale in www.chiesadimilano.it) Delpini ha rilanciato l’invito di Gesù – dal passo del Vangelo di Luca proclamato ieri – a non temere, a non avere paura. Con l’aiuto di Maria, «possiamo vincere l’ipocrisia, la nostra paura di essere sbagliati, riconoscendo che in noi c’è l’immagine di Dio, la nostra bellezza e la dignità di figli di Dio. Possiamo vincere la paura di quello che gli altri possono farci, se teniamo fermo e vivo il rapporto con Dio. E superiamo la paura di quello che può succedere, se ci fidiamo della provvidenza di Dio».
Dai primi del '900 la Cava Madre non è più a cielo aperto ma in galleria. E all'ingresso saluta lavoratori e visitatori l'effigie della Madonnina - foto Itl / Stefano Mariga
Visite guidate, novità dell'estate 2021: 500 i partecipanti
L’estate del 2021 ha portato una novità. Per la prima volta nella sua storia, la Fabbrica del Duomo ha aperto ai visitatori la Cava Madre di Candoglia. E sono state più di cinquecento le persone che, tra l’inizio di luglio e la fine di settembre, hanno fatto tesoro di questa opportunità. Fra loro molti turisti stranieri, soprattutto tedeschi e francesi, che hanno partecipato alle visite guidate. E numerose le persone già in villeggiatura sul lago Maggiore. Ma numerose sono state anche le persone del posto, attratte dalla possibilità di visitare finalmente un sito che appartiene alla loro quotidianità ma è ordinariamente inaccessibile. Le visite, della durata di 90 minuti, affidate a guide professioniste, si sono svolte in gruppi di una decina di persone. E con la prossima primavera, verranno riproposte.