Chiesa

Castellucci. «Preoccupano le polarizzazioni in politica. E tra i cattolici»

Estefano Tamburrini sabato 6 luglio 2024

L'arcivescovo Erio Castellucci (al centro) con un gruppo di giovani che partecipano alla Settimana sociale di Trieste

«C’è nella Settimana sociale un sottofondo sostanziale, non sempre intercettato dalla stampa: è il caso del lavoro dei partecipanti e delle proposte emerse che riguardano i giovani, le Chiese locali e coloro che si impegnano nella costruzione del bene comune». Così monsignor Erio Castellucci, arcivescovo di Modena-Nonantola, vescovo di Carpi e vicepresidente della Cei per l’Italia settentrionale, parla dell’impatto che la 50ª Settimana sociale dei cattolici italiani in corso a Trieste sta avendo sull’opinione pubblica. «Un’attenzione importante – ha sottolineato – da non ridurre però ai grandi eventi come la visita del Papa, che non è un momento isolato bensì il centro di un’architettura di partecipazione molto più ampia».


C’è anche un dopo – commenta – che «riguarda la traduzione di quanto emerso nei territori locali» e che «dipenderà dal lavoro dei delegati», di cui oltre la metà sono giovani e donne. Una dimensione che «fatica a trovare spazio tra le notizie». Tale limite è motivato dall’assenza di approfondimento in un tempo in cui «ci si informa non più con gli articoli ma attraverso i titoli sulla base dei quali si prende posizione sui social, ora sede di un confronto che si è spostato dalle piazze al mondo digitale».


Non sono poi mancate, in queste ore, le polemiche mediatiche attorno ai contenuti e alle posizioni emerse durante la Settimana. «C’è – sottolinea l’arcivescovo – una polarizzazione di idee a livello sociale ma anche comunicativo abbastanza evidente. Sono le logiche binarie della comunicazione alle quali si fa fatica a fuggire». Ma «la cosa più preoccupante è che questa polarizzazione c’è anche dentro alla comunità cattolica. Sembra che faccia più presa l’appartenenza politica che quella ecclesiale, il che interroga la nostra capacità di evangelizzazione». E, invece, «un’autentica adesione al Vangelo esige di ribadire la dignità umana in tutte le sue dimensioni». Cioè di saper «affermare il valore della vita nel grembo e nel barcone, tutelare l’ambiente e la famiglia insieme». Una sfida che rilancia il tema della formazione, già emerso durante i laboratori, che oggi deve avvalersi di strumenti diversi.


A mostrare la strada sono i giovani. «Tutt’altro che disinteressati alla cosa pubblica e che vi partecipano attraverso mezzi interattivi come laboratori, cantieri, social media». La Chiesa – osserva Castellucci – è tenuta a «intercettare queste nuove forme di comunicazione» con metodi diversi, che «generino appetito invitando le persone ad approfondire». Tra le cose che invece allontanano i giovani c’è «la scarsa credibilità degli attori politici, che vale anche per la Chiesa». Serve quindi «autocritica dinanzi all’attuale crisi di partecipazione», che spesso è «termometro di una proposta debole».


Provenendo da una famiglia socialmente impegnata, l’arcivescovo ammette di «stentare a condividere le ragioni dell’astensionismo, ma deve far pensare che circa la metà degli italiani decida di non votare». A incidere è anche la paura «che paga in termini elettorali: quelle proposte che concentrano il potere nelle mani di pochi». Non bisogna però «arrendersi alle soluzioni facili e immediate che poi deludono perché accumulano troppe attese».


A tale proposito, secondo il vice-presidente della Cei, sarà importante «mantenere vivi gli strumenti condivisi qui a Trieste restando a contatto con le persone» e ricordando che «l’unità si fa nella missione». Risiede qui lo stile delle «minoranze creative di cui parlava Benedetto XVI riferendosi alla Chiesa del domani, particolarmente in Europa». «Una Chiesa – conclude Castellucci – meno preoccupata delle convenzioni e più aderente alla fede, meno affannata della loro tenuta interna ma capace di abbracciare l’intera società»