Chiesa

Angelus. «Nel lavoro si considerino le famiglie»

lunedì 14 settembre 2015
​Rifiutare quella mentalità mondana che pone il proprio ‘io’ e i propri interessi al centro dell’esistenza, per seguire Cristo e il Vangelo, in una vita “rinnovata e autentica”. Così il Papa all’Angelus domenicale, in cui ha inoltre auspicato che i problemi del mondo del lavoro siano affrontati in base alle esigenze della famiglia. Il pensiero del Pontefice è andato anche al primo Beato sudafricano. Un invito a percorrere un cammino “scomodo”, che non è quello “del successo o della gloria passeggera”, ma quello che conduce alla “vera libertà”, e un pensiero al mondo del lavoro in difficoltà. È stata una riflessione a tutto tondo quella di Papa Francesco all’Angelus in Piazza San Pietro: “Auspico che i problemi del mondo del lavoro siano affrontati tenendo concretamente conto della famiglia e delle sue esigenze”.Così ha salutato gli insegnati precari giunti dalla Sardegna. Quindi ha esortato a liberarci “dall’egoismo e dal peccato”, mettendosi “alla sequela di Gesù”, cioè prendendo quella “croce” che “tutti” abbiamo per accompagnarlo nella sua strada: “Si tratta di operare un netto rifiuto di quella mentalità mondana che pone il proprio “io” e i propri interessi al centro dell’esistenza: no, quello non è quello che Gesù vuole da noi! Invece, Gesù ci invita a perdere la propria vita per Lui, per il Vangelo, per riceverla rinnovata, realizzata e autentica”.Grazie a Gesù, ha spiegato Francesco, questa strada conduce “alla vita piena e definitiva con Dio”: “Decidere di seguire Lui, il nostro Maestro e Signore che si è fatto Servo di tutti, esige di camminare dietro di Lui e di ascoltarlo attentamente nella sua Parola - ricordatevi: leggere tutti i giorni un passo del Vangelo - e nei Sacramenti”.Commentando il Vangelo di Marco in cui Gesù interroga i discepoli su chi Egli sia, “per verificare la loro fede”, il Pontefice ha spiegato come Cristo comprenda che in loro - e in “ciascuno di noi” - “alla grazia del Padre” si oppone “la tentazione del Maligno che vuole distoglierci dalla volontà di Dio”: “Annunciando che dovrà soffrire ed essere messo a morte per poi risorgere, Gesù vuol far comprendere a coloro che lo seguono che Lui è un Messia umile e servitore. È il Servo obbediente alla parola e alla volontà del Padre, fino al sacrificio completo della propria vita. Per questo, rivolgendosi a tutta la folla che era lì, dichiara che chi vuole essere suo discepolo deve accettare di essere servo, come Lui si è fatto servo”.Quindi si è rivolto direttamente ai giovani presenti, chiedendo loro se abbiano avvertito “la voglia di sentire Gesù più da vicino”: “Pensate. Pregate. E lasciate che il Signore vi parli”.E il Signore parlò e guidò Samuel Benedict Daswa, beatificato oggi in Sudafrica e ricordato dal Papa: “appena 25 anni fa”, ha detto, fu ucciso nel 1990 “per la sua fedeltà al Vangelo”; nella sua vita - ha evidenziato - dimostrò sempre “grande coerenza”, assumendo coraggiosamente atteggiamenti cristiani e rifiutando abitudini “mondane e pagane”: “La sua testimonianza si unisce alla testimonianza di tanti fratelli e sorelle nostre, giovani, anziani, ragazzi, bambini, perseguitati, cacciati via, uccisi per confessare Gesù Cristo. Tutti questi martiri, Samuel Benedict Daswa e tutti loro, ringraziamo per la loro testimonianza e chiediamo loro di intercedere per noi”.Alla Vergine Maria ha chiesto infine di aiutarci a “purificare sempre la nostra fede da false immagini di Dio”.