Amazzonia. La Via Crucis per radio riunisce 70 comunità indigene, «mai così minacciate»
Un piccolo villaggio in Amazzonia. La Via Crucis arriva con la radio tra gli indigeni
«Sentiamo paura, rabbia, dolore, però nel nostro cuore persiste la speranza che resisteremo al potere che ci uccide». Con questa riflessione sulla prima stazione, alle 6 in punto del mattino - la foresta si sveglia all’alba -, sulle frequenze di Radio Lagunas, ha iniziato a risuonare la “Via Crucis amazzonica”.
Nell’anno del Sinodo sul “polmone del pianeta”, la Rete ecclesiale panamazzonica (Repam) - che riunisce le realtà ecclesiali impegnate negli otto Paesi nella regione - ha proposto di riflettere sulla salita al Calvario di Gesù a partire dalla realtà delle genti di Amazzonia. Tutte le genti, ma con un’attenzione speciale per i nativi, “mai così tanto minacciati”, come ha detto papa Francesco nell’incontro dell’anno scorso, a Puerto Maldonado, in Perù. E proprio il Vicariato peruviano di Yarimaguas è stato tra i primi ad aderire all’idea della Repam.
«La nostra Via Crucis amazzonica si è svolta nell’etere. Gli indigeni non vivono nel capoluogo, Lagunas, bensì distribuiti in settanta comunità lungo il fiume Huallaga. Gli spostamenti sono molto difficili e costosi. Così siamo andati noi da loro, non fisicamente ma grazie alla radio», spiega Jaime Palacios, impegnato nella campagna “Amazzonizzati”, portata avanti dalla Repam a Lagunas, tra le principali città del Vicariato di Yarimaguas. Situato nel nord del Perù, quest’ultimo, con un’estensione di 70mila chilometri quadrati, include le province di Alto Amazonas e Datem del Marañón, nella regione di Loreto, e Lamas, in quella di San Martín. Un totale di oltre 140mila persone, di cui oltre un terzo sono indigeni dei popoli Cocama, Shawi, Chamicuro, Kandoshi, Quechua, Shiwilu, Achuar, Awajun, Wampis. Il resto sono contadini.
La gran parte della popolazione, dunque, vive in villaggi isolati nel mezzo della selva. Per accompagnarli, la Chiesa ha creato una rete di emittenti locali che fanno capo a Radio Oriente. Dopo Lagunas, dunque, la Via Crucis amazzonica è andata in onda nelle altre radio del "network" comunitario, raggiungendo tutti i fedeli del Vicariato. «È’ stato un momento di forte comunione, che ha azzerato le distanze.
I popoli dell’Amazzonia, emarginati nel passato come nel presente, sentono una profonda empatia con la Passione di Gesù. Abbiamo provato a “guardarla con i loro occhi”, mettendoci dentro tutte le sofferenze patite ma anche la resistenza di queste genti, capaci di sognare un futuro diverso», racconta Palacios. La figura del Cireneo e della Veronica sono così analizzate a partire da quanti si mettono al fianco della lotta pacifica dei nativi il diritto all’esistenza.
Le “cadute” di Cristo rivivono nelle morti all’interno delle comunità per l’inquinamento o la mancanza di condizioni sanitarie minime. In Gesù inchiodato alla croce risuona il grido della terra e dei poveri. La morte, però, non ha l’ultima parola. «Incontrare Gesù nel dubbio e nel dolore di un territorio violentato, maltrattato, escluso. Sentire il grido dei figli della Terra, che lottano tutti i giorni perché tutta l’umanità abbia giorni migliori - dice la preghiera finale -. Riconoscere la speranza della resurrezione nella forza, nella resistenza, nei cammini di liberazione». Questa è la sfida che l’Amazzonia pone alla Chiesa e al mondo. Per trovare insieme nuovi cammini verso un futuro più umano.