Arena di pace. Alessandro Bergonzoni: "Ecco le nostre parole della responsabilità"
L'attore Alessandro Bergonzoni protagonista ad Arena di pace
“Sono onorato e stupito, questo invito arriva in un momento di importanza antropologica che non ha più possibilità di essere ritardata. Noi arriviamo per disperazione nelle cose e non per rivelazione, noi arriviamo più per paura che per coscienza. Cosa che spero si sviluppi domani” spiega ad Avvenire Alessandro Bergonzoni, il funambolo della parola che domani mattina avrà il computo di raccontare in un monologo all’Arena di Verona le parole che sono state raccolte nei, come li definisce lui, “cinque tavoli della trattativa per un elaboratorio in atto”.
Bergonzoni lei da anni è impegnato a portare temi civili nel suo teatro ed ora anche all’Arena di pace.
Mi sento rivestito da una grande responsabilità come artista e come uomo, ma ora come mai nessuno può permettersi di non essere responsabile. Ormai ci sono i Dieci “demandamenti”: vota tu, fallo tu…. Avendo noi un parlamento interiore, votiamo tutti i giorni col nostro pensiero. Nei tavoli di lavoro si parlerà di ecologia, pace, disarmo, lavoro e cercherò di tradurre i concetti in parole. Io parlerò di “geniocidio” perché la guerra nasce soprattutto dalla mente. Noi da tempo massacriamo la nostra parte più intima, uccidiamo quella parte più civile dell’uomo.
Sono temi cari a Papa Francesco…
Punterò anche su due concetti, la fantasia e la visione. Nella Scrittura è tutta una visione. Oggi non vedo un politico che abbia una visione, c’è solo Francesco. C’è mancanza di Papa dentro di noi, anche lì noi demandiamo a lui, ma il problema è il lavoro che dobbiamo fare noi. Non ho paura di parlare di anima e di coscienza. Il lavoro dell’artista è rianimare, stimolare e sensibilizzare. Bisogna dare l’anima, non dare le spalle. Bisogna trascendere e aprire l’epoca del “risarcimento”, risarcire tutti i popoli cui abbiamo tolto diritti e dignità.
Centrale sarà il tema della guerra e della pace. Come lo affronterà?
Io sto facendo mostre sul tema della guerra, l’arte non è disgiunta dall’impegno. Nel monologo all’Arena vado a lavorare non sui Ministeri della difesa ma sui “misteri” della Difesa. Il tavolo della trattativa poggia su delle gambe artificiali che Emergency ha fatto arrivare dal Kurdistan iracheno. Il tavolo delle trattative regge sulle persone che hanno perso la vita e intorno a quel tavolo unico ci siamo seduti oggi con i gruppi e le associazioni per trattare e dialogare.
Sono tanti temi interconnessi. Affrontiamone qualcuno con lei.
L’immigrazione che c’entra con l’economia delle armi e del profitto; il lavoro che deve essere sicuro; il tema della violenza sulla donna, dove non si manifesta mai però per le donne stuprate nei Cpr, o in Libia e Tunisia. La società civile nostra è legata alla società incivile con cui facciamo affari. Spendiamo miliardi per dire a dei dittatori di tenersi donne e bambini. Dov’è la sacralità della vita? La politica è interessata all’etica? La questione morale è connaturata alla questione politica ma se ne parla ogni tanto come argomento a latere.
Veniamo alla sanità. Lei da 20 anni è testimonial della Casa dei risvegli "Luca De Nigris".
Conosco l’argomento della disabilità e della malattia grazie alla Casa dei risvegli. Parliamo della sanità e poi siamo conniventi con persone che creano la disabilità bombardando gli ospedali. Da qui nasce il concetto dell’odio: secondo una ricerca del gruppo Astalli sui social la più odiata è la persona disabile. Noi abbiamo negli occhi l’incapacità di accogliere. Soffriamo di “congiungivite”, non di congiuntivite, vediamo sfocate tutte le vite. Noi creiamo questa mancanza di attenzione alla cura. Quando una legge impone che una barca non possa fare un doppio salvataggio io mi sento in guerra in Italia, perché noi decidiamo chi deve morire.
Lei spesso i occupa anche delle carceri con laboratori e spettacoli.
E’ difficilissimo pensare a persone che in galera vengono torturate. Io sono per le regole, ma non per regolare i conti. Quando vado in galera chiedo sempre scusa per come vi stiamo trattando e grazie per la pazienza. Anche ai migranti che dovrebbero essere accolti con tenerezza e non con le forze dell’ordine, dico grazie che riuscite a resistere in uno stato di vessazione. Si muore nelle carceri. Per questo trovo straordinario che il Papa subito dopo l’Arena vada a trovare i carcerati a Verona.
Noi cosa possiamo fare?
Questo ragionare con i gruppi mi serve per imparare e farne un racconto all’Arena domani per rispondere all’appello di uno dei pochissimi che è riuscito a parlare sempre e solo di pace come papa Francesco. Ora in Europa si parla di pace, ma è uno specchietto per le allodole. Ma ormai è tutto svelato, la gente non può più dire non lo sapevo. E i 15mila all’Arena saranno la rappresentanza di questi cittadini che non hanno voce. Specie i giovani di ultima “venerazione”, perché sono gli ultimi che venerano la terra, ragazzi delle medie e del liceo che vanno in piazza ed è positivissimo, ma li viviamo come fuorilegge tanto che comminiamo pene a loro e non a chi ha ridotto la terra in questo modo cementificando. Queste non sono utopie, io credo all’utopia è l’inizio per arrivare alla bellezza.
Bergonzoni parla spesso a teatro, ma non la vediamo più in televisione. Come mai?
Non ci andrò mai più in tv, è il luogo più tossico dove non c’è una possibilità di entrare in un’”alta” dimensione. Manca la “sovrumanità”, dobbiamo scegliere la strada che va in alto, alzarci. L’uomo deve riprendere la sua bellezza. Se non c’è poetica non c’è etica. E non serve più l’empatia, occorre immedesimazione. Noi abbiamo del divino dentro di noi, il sacro che viene ben prima del politico e del profitto. Se noi lavoriamo su questa parte sacra che è in tutti noi possiamo fare cose fenomenali. Non ho paura della bontà delle cose, non mi fa sentire un idealista o un teorico, buono non è stupido. Questa è la veemenza pacifica, la pace è il nostro sesto senso.
Tutto questo lei riesce a trasmetterlo spesso attraverso il sorriso e la comicità.
Sento una responsabilità enorme: non sono un religioso, un politico, un attivista, non sono sui social. Uso la risata: la comicità non è scevra, è un ingrediente fondamentale. San Francesco parlava della felicità come di una forma di liberazione democratica, una forma di meditazione e concentrazione. La gente pensa che interessarsi del sociale sia solo dolore, ma non è così. Nella musica e nello spettacolo dal vivo quello che ci unisce è una vibrazione che dà una pace interiore.