La questione dell’accesso all’eucarestia dei divorziati risposati è importante ma è una «follia» ridurre il prossimo Sinodo sulla famiglia ad una discussione su questo tema. E comunque alla fine del cammino sinodale anche su tale problema si raggiungerà un ampio consenso. Lo sostiene il cardinale Walter Kasper, padre sinodale e relatore unico al Concistoro sulla famiglia dello scorso febbraio, in questa intervista ad Avvenire.
Eminenza, la discussione sul prossimo Sinodo sembra focalizzata solo sulla questione dell’accesso ai sacramenti dei divorziati risposati…Non mi piace questa focalizzazione. Il tema del Sinodo sono le sfide pastorali della famiglia. E quella dei divorziati risposati è una di queste. Ma non certamente l’unica e va inquadrata in una cornice più ampia. Che cosa è la famiglia, questo è il principale problema. Infatti oggi ci sono molte concezioni della famiglia che non corrispondono alla visione cristiana. Ci sono poi le sfide collegate all’immigrazione, alle persecuzioni, alla miseria e alla povertà.
Non si sente un po’ responsabile di questa focalizzazione per aver gettato il sasso nello stagno con il suo intervento al Concistoro?Il mio discorso era strutturato in cinque capitoli e solo l’ultimo era dedicato all’argomento. E lo faceva ponendo domande, non affermando tesi. Io avevo chiesto al Papa se potevo porre quelle domande e lui mi ha incoraggiato a farlo, altrimenti non le avrei pronunciate. Questo problema è molto sentito soprattutto nel mondo occidentale, ma chiaramente non era l’unico segnalato nel mio discorso.
Eppure ha monopolizzato l’attenzione mediatica e anche il dibattito ecclesiale…È vero, e mi è dispiaciuto.
Altri temi che hanno trovano ampia eco mediatica riguardo al Sinodo sono quelli riguardanti i processi di nullità matrimoniale e la questione delle unioni omosessuali. Cosa pensa a riguardo?È certamente importante rendere, dove possibile, più snelle le cause matrimoniali. Ma non si può pretendere di risolvere tutto in quel modo. Non ha senso dichiarare come mai esistito, ad esempio, un matrimonio durato dieci anni e che ha visto la nascita di bambini. Le unioni omosessuali poi non sono equiparabili al matrimonio. Se sono vissute in modo stabile e responsabile sono da rispettare, ma sono un’altra realtà rispetto alla famiglia.
Alcune comunità protestanti, anche in Italia, sono arrivate a dare una benedizione ecclesiale a queste relazioni. Ritiene che sia una prospettiva percorribile per la Chiesa cattolica?Non credo. Sono da rispettare se vissute responsabilmente secondo la loro coscienza. Ma non sono una famiglia secondo il disegno di Dio.
Torniamo alla questione della comunione ai divorziati risposati. Ma se alla fine del percorso sinodale ci fosse una apertura riguardo all’accesso all’Eucaristia, non sarebbe una rottura con il magistero espresso dalla Familiaris Consortio?Il magistero vincolante è quello che riguarda la sacramentalità del matrimonio tra cristiani e la sua indissolubilità. In questo caso invece si tratterebbe di uno sviluppo della disciplina. I principii non possono essere cambiati, ma la loro applicazione in situazioni concrete e contingenti, la disciplina, può esserlo. Questa distinzione è molto importante. Non c’è un dogma su questo punto. C’è una disciplina importante ma che di per sé non si può considerare immutabile.
Ma non c’è il rischio che aprendo un varco in questa disciplina ci possa essere un effetto domino con ulteriori rotture?Molti hanno questo timore. Ma concepiscono la fede in modo ideologico, come un castello di carte, così, se se ne viene cambiata una, tutto crolla. La Chiesa però non è una realtà statica e c’è uno sviluppo nella comprensione della fede.
D’altra parte in campo cattolico c’è anche chi ritiene che il vincolo matrimoniale possa cessare non solo per la morte fisica di un coniuge ma anche per la "morte morale" del matrimonio stesso…Nel mio discorso al Concistoro non ho toccato questo punto. Personalmente non sono di questa opinione. Il matrimonio sacramentale è indissolubile, pur con le eccezioni che derivano dal Nuovo Testamento. Penso al privilegio paolino e a quello petrino.
E la disciplina ortodossa, che ammette la possibilità di un secondo o terzo matrimonio seppur non sacramentale, è in qualche modo "importabile" nella Chiesa cattolica?Si può studiare questa disciplina e si può imparare qualcosa da essa. Ma non credo possa essere trasferita come tale nella Chiesa cattolica, anche perché in essa ci sono degli elementi che derivano dal diritto imperiale bizantino e non dalle Scritture.
Quali sono i temi che lei spera vengano approfonditi nel Sinodo?Principalmente dovremmo parlare di come aiutare i giovani a realizzare il matrimonio vissuto come disegno di Dio. Di come aiutare le famiglie ad essere realmente chiese domestiche. Di come promuovere la bellezza e la santità della famiglia.
Eminenza, un’ultima domanda. Riguardo al Sinodo e anche altre questioni, sta veramente montando una fronda ecclesiastica con il programma di resistere allo spirito riformatore del pontificato?Se ne sente parlare. Io non dico questo perché non siamo un sistema totalitario. C’è libertà e papa Francesco vuole un dibattito aperto. Ognuno ha diritto di esprimere la sua opinione senza che sia considerato un complottardo. Abbiamo avuto una situazione simile prima e durante il Concilio Vaticano II quando c’erano vescovi e cardinali che avevano una linea differente da quella di Giovanni XXIII e Paolo VI. Ma alla fine è stato raggiunto sempre un largo consenso. Sono convinto che anche questa volta sarà così.