Teologo. Addio a Ghislain Lafont, monaco e maestro spirituale nel solco del Vaticano II
Il teologo Ghislain Lafont
Teologo e monaco per sempre. Un maestro spirituale nel solco del Vaticano II. Si può condensare in questa immagine la vita del pensatore francese di fama internazionale Ghislain Lafont morto all’età di 93 anni nella notte tra domenica 9 e lunedì 10 maggio in Borgogna nella stessa abbazia Saint Marie de la Pierre-qui-vire, nel comune di Saint-Léger-Vauban , dove scelse a 17 anni (anno 1945) di vestire l’abito di benedettino.
Il futuro padre Lafont nasce a Parigi il 13 febbraio del 1928. E solo recentemente nel 2015 in un’intervista concessa al quotidiano La Croix aveva confidato il senso della sua chiamata alla vita monastica: «Mi sono unito ai benedettini all'età di 17 anni e ho passato la maggior parte della mia vita a cercare Dio con i miei fratelli».
Lavoratore instancabile finché ha potuto non ha smesso di scrivere e far sentire la sua voce spesso controcorrente all’interno della Chiesa Cattolica. Recentemente nel 2019 aveva dato alle stampe assieme a Francesco Strazzari per le Edizioni Dehoniane di Bologna il saggio Un cattolicesimo diverso (pagine 88, euro 12) in cui in una sorta di “testamento spirituale” da anziano monaco aveva fatto una sintesi del suo sapere teologico e cristologico indicando una strada carica di speranza per il cristianesimo del Terzo Millennio.
Dottore in teologia nel 1961, insegna inizialmente nella sua comunità benedettina e poi, dal 1978 al 1995, un semestre all’anno a Roma, all’ Pontificio ateneo Sant’Anselmo e alla Pontificia Università Gregoriana. Assieme a un altro benedettino di fama internazionale e suo allievo di formazione il tedesco Elmar Salmann è stata una delle voci accademiche più ascoltate, durante la sua lunga vita, proprio nelle università pontificie romane.
È autore di numerose opere su Tommaso d’Aquino, sulla Trinità, su Cristo e il mistero della salvezza, sulla storia e l’avvenire della Chiesa. Si fa conoscere nel mondo teologico con un libro di notevole spessore: Peut-on connaitre Dieu en Jésus-Christ? che, pubblicato nel 1969, attira l’attenzione dei grandi teologi francesi del tempo: Marie Dominique Chenu, Yves Marie Congar, Jean Daniélou, Bernard Sesboüé, Jean Pierre Jossua, Joseph Moinght.
Pur non essendo un domenicano diventa un tomista per formazione. Nel 1975 esce con un altro libro: Des moines et des hommes. Il fascino che il benedettino Lafont ha per l’Aquinate è dimostrato da buona parte della sua produzione teologica. Lo si avverte nelle opere Dieu, le temps et l’etre del 1986; nell’Histoire théologique de l’Eglise catholique: itinéraire et formes de la théologie ( 1994) e, infine, nel celebre saggio Imaginer l’Eglise catholique (1995).
«Cantore innamorato di Dio e appassionato di Chiesa». Così lo ha voluto ricordare nel suo commosso ritratto apparso in queste ore sul sito dei dehoniani di Bologna “Settimana News” don Francesco Strazzari.
Padre Lafont vanta numerose pubblicazioni tradotte in diverse lingue e l’affetto di una generazione di studenti (tra loro anche la teologa Stella Morra) che ha goduto della sua caratura intellettuale e della sua capacità di coniugare immagini e idee, spiritualità e astrazione, fedeltà alla tradizione e spirito di scoperta. Uno dei suoi temi dominanti è quello della Chiesa nella modernità. Tra le sue opere tradotte in italiano ricordiamo: Storia teologica della Chiesa. Itinerario e forme della teologia (San Paolo, 1996); Immaginare la Chiesa cattolica [vol. I]. Linee e approfondimenti per un nuovo “dire” e un nuovo “fare” nella comunità cristiana (San Paolo, 1998); La teologia tra rivelazione e storia. Introduzione alla teologia sistematica, con Rino Fisichella e Guido Pozzo (Edizioni Dehoniane Bologna, 1999); Eucaristia. Il pasto e la parola (Elledici, 2002); Che cosa possiamo sperare? (Edizioni Dehoniane, 2011).
Nel 2001 esce il libro Eucharistie: le repas et la parole, che riprende in seguito con una prospettiva ecumenica di grande sensibilità nel Piccolo saggio sul tempo di papa Francesco (Edizioni Dehoniane Bologna 2017), che riscuoterà un notevole successo.
Tra le mura del suo monastero in Borgogna viene ricordato in questi giorni – come ha raccontato il quotidiano La Croix- come un «maestro» di generazioni di benedettini. Celebre è stata la sua frase rievocata da molti suoi confratelli, in questi giorni, nell’abbazia di Saint Marie de la Pierre-qui-vire: «Una delle parole chiave della vita religiosa è l'umanità».
Padre Lafont è stato tra l’altro uno dei teologi spesso ascoltati e consultati dall’allora arcivescovo di Milano Carlo Maria Martini soprattutto per un’iniziativa che ebbe molto successo negli anni dell’episcopato ambrosiano del porporato gesuita: La Cattedra dei non credenti.
Padre Lafont infine ha salutato con gioia l’elezione al soglio di Pietro di papa Francesco individuando nella Esortazione apostolica Evangelii Gaudium (anno 2013) «la carta fondamentale del suo pontificato».
Il funerale di padre Lafont sarà celebrato sabato 15 maggio alle 11 nell’abbazia benedettina in Borgogna Saint Marie de la Pierre-qui-vire proprio dove sbocciò la sua vocazione ad essere monaco per sempre. Proprio come san Benedetto.