La città in crisi, spaventata, che ha vissuto al di sopra delle proprie possibilità ha bisogno della forza dell’Eucaristia per aprirsi. Osimo, città di pace, dove nel 1975 l’Italia siglò il trattato con la Jugoslavia di Tito che chiudeva il dopoguerra, ha ospitato l’incontro del Congresso eucaristico dedicato all’accoglienza, con la Caritas, Fondazione Migrantes e diverse realtà dell’assistenza e del volontariato. Alle quali il cardinale legato Giovanni Battista Re ha ricordato che «l’incontro con Gesù nell’Eucaristia ci apre agli altri: per questo attorno al mistero eucaristico sono sempre fiorite le opere sociali». Anche l’arcivescovo Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti ha parlato dell’Eucaristia «che ci spinge a essere pane spezzato per gli altri, ci porta ad impegnarci per un mondo più giusto e fraterno con la gente in mobilità, profughi, migranti, spesso donne e bambini». E, a proposito di accoglienza, don Giancarlo Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes della Cei, ha sottolineato che «alla città debole e indebolita, abbandonata, serve l’aiuto eucaristico per guardare al futuro, diventare più pubblica e meno privata». Nel teatro Nuova Fenice le relazioni sono tenute da persone che condividono la vita con gli esclusi. Come Mauro Magatti, preside di sociologia alla Cattolica di Milano, che vive a Como con la famiglia nella comunità, Eskenosen, che accoglie famiglie di migranti. La sua fotografia di chi abita la città occidentale, segnata da individualismo «adolescenziale», è spietata: «Siamo indebitati, invecchiati, ingrassati, depressi e disuguali, confusi, spaventati. Abbiamo vissuto oltre le nostre possibilità. La crisi economica ci lascia un mondo con disuguaglianze forti». Ma questo potrebbe tradursi in un’opportunità: «Mettiamo in discussione la nostra visione della libertà in vista di un impegno per ciò che ha veramente valore. Sul piano culturale dobbiamo rimettere in pista valori dimenticati». Cristina Simonelli, teologa e patrologa, dal 1976 vive in un campo rom nella città scaligera. «C’è la tentazione di fare spesso dei rom i capri espiatori di problemi più ampi. Su questo si gioca non solo la cittadinanza, ma il modo di costruire la città solidale». Citando il documento dei vescovi sulla questione meridionale, la teologa ha parlato di «questione settentrionale». «Va sottolineato – ha affermato – l’aspetto culturale. Mi riferisco alla diseducazione rappresentata da logiche discorsive che incitano al razzismo, all’esclusione e alla grettezza. Spesso tali comizi si offrono anche come baluardi della tradizione cristiana. L’accoglienza è invece sfida e memoria di futuro e la mistica dell’Eucaristia ha un carattere sociale». Uomo del sud è Mimmo Battaglia, sacerdote dell’arcidiocesi di Catanzaro-Squillace, dove ha fondato nel 1986 il Centro calabrese di solidarietà che ha accolto in 25 anni oltre tremila giovani vittime di dipendenze. Dal 2006 guida la Federazione italiana comunità terapeutiche. «Come dirci cristiani senza andare verso gli esclusi? Stare in mezzo ai poveri e adorare l’ostia sono due gesti complementari». Per don Mimmo occorre quindi aggiornare ai bisogni d’oggi la figura del samaritano «che si muove a pietà e fascia le ferite, cura e assiste il viandante ferito». Il vescovo di Lodi, Giuseppe Merisi, presidente della Caritas italiana, ha sottolineato come l’Eucaristia spinga ai gesti di carità. Questi, però, assumono valenza educativa per i giovani se accompagnati da coerenza e unità. «Il volontariato, la Caritas e le altre realtà consentono di conoscere dal vivo la testimonianza dei credenti. Occorre in più coniugare sussidiarietà e solidarietà, perché è necessario l’impegno di tutte le realtà della società civile che devono imparare a fare rete per rendere la loro azione e la testimonianza più significative». Ieri a Osimo è stata distribuita una nuova rivista trimestrale di ispirazione cristiana, «Preghiera e carità». Si rivolge ai volontari «cirenei di oggi e di sempre». Perché l’unica persona che abbia aiutato Gesù è stato Simone di Cirene, un africano. Come quelli dei barconi.