Abusi. Indagini di Monaco, Benedetto XVI: non ho mentito, compassione per le vittime
Benedetto XVI
Una lettera dagli accenti altamente spirituali, commoventi, per ribadire l’orrore e la vergogna di fronte alla gravissima piaga degli abusi sui minori da parte di consacrati, la sua vicinanza alle vittime, e al tempo manifestare lo sconcerto di fronte all’accusa di essere un bugiardo piovutagli addosso negli ultimi tempi, così come pure il grazie a quanti nelle ultime settimane gli hanno manifestato fiducia appoggio, preghiera e incoraggiamento e tra questi in particolare Papa Francesco che gliel’ha espressa personalmente.
E un documento circostanziato, firmato da quattro esperti, che risponde punto su punto alle accuse mosse all’allora arcivescovo Joseph Ratzinger, mostrando a tratti come il Rapporto sugli abusi nella diocesi di Monaco e Frisinga sia stato costruito, almeno nella parte che riguarda il Papa emerito, sulla base di prove per lo meno approssimative quando non anche inconsistenti e dal vago sapore inquisitorio.
Sono due i documenti diffusi oggi tramite la Sala Stampa della Santa Sede da Benedetto XVI, che come aveva promesso, dopo aver completato la lettura delle quasi 2.000 pagine del Rapporto, adesso ribatte alle accuse respingendole.
Il Papa emerito, nella Lettera che si può leggere integralmente in coda a questo articolo, ribadisce innanzitutto che riguardo alla sua partecipazione alla riunione del gennaio 1980, quando era arcivescovo della diocesi bavarese, c’è stato un errore materiale di trascrizione da parte dei suoi collaboratori incaricati di redigere la memoria difensiva inviata agli autori del dossier. “Nel lavoro gigantesco di quei giorni – spiega Benedetto XVI – è avvenuta una svista riguardo alla mia partecipazione alla riunione dell’Ordinariato del 15 gennaio 1980. Questo errore, che purtroppo si è verificato, non è stato intenzionalmente voluto e spero sia scusabile. Ho già disposto che da parte dell’arcivescovo Gänswein lo si comunicasse nella dichiarazione alla stampa del 24 gennaio 2022. Esso nulla toglie alla cura e alla dedizione che per quegli amici sono state e sono un ovvio imperativo assoluto. Mi ha profondamente colpito che la svista sia stata utilizzata per dubitare della mia veridicità, e addirittura per presentarmi come bugiardo”.
Per quanto riguarda dunque i fatti che gli vengono contestati, gli esperti di diritto canonico, nella memoria difensiva resa noto oggi, fanno presente quanto segue:
1) Quanto al sacerdote di Essen, reo di pedofilia, denominato sacerdote X, “Joseph Ratzinger non era a conoscenza né del fatto che il sacerdote X fosse un abusatore, né che fosse inserito nell’attività pastorale. Gli atti mostrano che nella riunione dell’Ordinariato del 15 gennaio 1980 non si decise l’impiego del sacerdote X per un’attività pastorale. Gli atti mostrano anche che nella riunione in questione non si trattò del fatto che il sacerdote aveva commesso abusi sessuali. Si trattò esclusivamente della sistemazione del giovane sacerdote X a Monaco di Baviera, perché lì doveva sottoporsi a una terapia. Si corrispose a questa richiesta. Durante la riunione non venne menzionato il motivo della terapia. Nella riunione non venne perciò deciso di impiegare l’abusatore in alcuna attività pastorale.
2) Si smentisce inoltre che Joseph Ratzinger abbia deposto il falso circa la sua partecipazione alla famosa riunione. Il problema fu la grande mole di documenti da esaminare (8.000 pagine) e il poco tempo a disposizione. Inoltre, scrivono gli esperti, “La visione degli atti in versione elettronica fu consentita al solo Prof. Mückl, senza che fosse concessa la possibilità di memorizzare, stampare o fotocopiare documenti. A nessun altro dei collaboratori fu consentito di visionare gli atti. Alla presa in visione degli atti in formato digitale (8.000 pagine) e alla loro analisi da parte del Prof. Mückl, seguì un’ulteriore fase di elaborazione da parte del Dott. Korta, il quale ha inavvertitamente commesso un errore di trascrizione. Il Dott. Korta ha appuntato erroneamente che Joseph Ratzinger non era presente alla riunione dell’Ordinariato del 15 gennaio 1980. Ai collaboratori dunque è sfuggito questo errore: aver scritto di assenza laddove questa non c’era stata. Essi si sono fidati di una indicazione falsa, inserita per errore, omettendo di chiedere espressamente a Benedetto XVI se egli fosse stato presente a quella riunione. Sulla base dell’erronea trascrizione della verbalizzazione si è supposto invece che Joseph Ratzinger non fosse stato presente. Benché gli premesse verificare sulla base della propria memoria quanto presentato, Benedetto XVI non ha notato l’errore per via dei tempi limitati imposti dai periti, e si è fidato di quanto era scritto, e dunque è stata messa a verbale la sua assenza. Non si può imputare a Benedetto XVI quest’errore di trascrizione come falsa deposizione consapevole o bugia”. Tra l’altro, si fa notare, della partecipazione alla riunione si parla chiaramente anche nella biografia di Ratzinger. Dunque “non avrebbe peraltro avuto alcun senso che Benedetto intenzionalmente negasse la sua presenza alla riunione”.
3) Per quanto riguarda gli altri tre casi, “in nessuno dei casi analizzati dalla perizia Joseph Ratzinger era a conoscenza di abusi sessuali commessi o del sospetto di abusi sessuali commessi dai sacerdoti. La perizia non fornisce alcuna prova in senso contrario”.
4) Gli esperti inoltre fanno presente che “anche riguardo al caso del sacerdote X, lo stesso perito – durante la conferenza stampa del 20.01.2022, in occasione della presentazione del rapporto sugli abusi – ha affermato che non sussiste alcuna prova che Joseph Ratzinger ne fosse a conoscenza. Alla successiva domanda di una giornalista se i periti fossero in grado di dimostrare che Joseph Ratzinger fosse stato a conoscenza del fatto che il sacerdote X avesse commesso abusi sessuali, il perito affermava chiaramente che non c’è alcuna prova che Joseph Ratzinger ne fosse a conoscenza. Secondo l’opinione soggettiva dei periti sarebbe semplicemente maggiormente probabile”. Da arcivescovo, dunque, il cardinale Ratzinger non fu coinvolto in alcuna copertura di atti di abuso.
5) Infine c’è l’accusa di aver minimizzato il comportamento esibizionista di un parroco X. I difensori di Benedetto XVI fanno notare che nella memoria inviata agli estensori del Rapporto, egli afferma con la massima chiarezza che gli abusi, esibizionismo incluso, sono “terribili”, “peccaminosi”, “moralmente riprovevoli” e “irreparabili”. Ma va anche ricordato che all’epoca dei fatti (siamo nei primi anni ’80) “per il diritto canonico allora vigente l’esibizionismo non era un delitto in senso stretto, poiché la relativa norma penale non comprendeva tra le fattispecie comportamenti di quel tipo. Per questo la memoria presentata da Benedetto XVI non minimizzava l’esibizionismo, bensì lo condannava chiaramente ed esplicitamente”.
Qui di seguito riportiamo integralmente il testo della Lettera di Benedetto XVI.
Care sorelle e cari fratelli!
A seguito della presentazione del rapporto sugli abusi nell’arcidiocesi di Monaco e Frisinga il 20 gennaio 2022, mi preme rivolgere a tutti voi una parola personale. Infatti, anche se ho potuto essere arcivescovo di Monaco e Frisinga per poco meno di cinque anni, nell’intimo continua comunque a persistere la profonda appartenenza all’arcidiocesi di Monaco come mia patria. Vorrei innanzitutto esprimere una parola di cordiale ringraziamento. In questi giorni di esame di coscienza e di riflessione ho potuto sperimentare così tanto incoraggiamento, così tanta amicizia e così tanti segni di fiducia quanto non avrei immaginato. Vorrei ringraziare in particolare il piccolo gruppo di amici che, con abnegazione, per me ha redatto la mia memoria di 82 pagine per lo studio legale di Monaco, che da solo non avrei potuto scrivere. Alle risposte alle domande postemi dallo studio legale, si aggiungeva la lettura e l’analisi di quasi 8.000 pagine di atti in formato digitale. Questi collaboratori mi hanno poi anche aiutato a studiare e ad analizzare la perizia di quasi 2.000 pagine. Il risultato sarà pubblicato successivamente alla mia lettera.
Nel lavoro gigantesco di quei giorni – l’elaborazione della presa di posizione – è avvenuta una svista riguardo alla mia partecipazione alla riunione dell’Ordinariato del 15 gennaio 1980. Questo errore, che purtroppo si è verificato, non è stato intenzionalmente voluto e spero sia scusabile. Ho già disposto che da parte dell’arcivescovo Gänswein lo si comunicasse nella dichiarazione alla stampa del 24 gennaio 2022. Esso nulla toglie alla cura e alla dedizione che per quegli amici sono state e sono un ovvio imperativo assoluto. Mi ha profondamente colpito che la svista sia stata utilizzata per dubitare della mia veridicità, e addirittura per presentarmi come bugiardo. Tanto più mi hanno commosso le svariate espressioni di fiducia, le cordiali testimonianze e le commoventi lettere d’incoraggiamento che mi sono giunte da tante persone. Sono particolarmente grato per la fiducia, l’appoggio e la preghiera che Papa Francesco mi ha espresso personalmente. Vorrei infine ringraziare la piccola famiglia nel Monastero “Mater Ecclesiae” la cui comunione di vita in ore liete e difficili mi dà quella solidità interiore che mi sostiene.
Alle parole di ringraziamento è necessario segua ora anche una confessione. Mi colpisce sempre più fortemente che giorno dopo giorno la Chiesa ponga all’inizio della celebrazione della Santa Messa – nella quale il Signore ci dona la sua Parola e se stesso – la confessione della nostra colpa e la richiesta di perdono. Preghiamo il Dio vivente pubblicamente di perdonare la nostra colpa, la nostra grande e grandissima colpa. È chiaro che la parola “grandissima” non si riferisce allo stesso modo a ogni giorno, a ogni singolo giorno. Ma ogni giorno mi domanda se anche oggi io non debba parlare di grandissima colpa. E mi dice in modo consolante che per quanto grande possa essere oggi la mia colpa, il Signore mi perdona, se con sincerità mi lascio scrutare da Lui e sono realmente disposto al cambiamento di me stesso.
In tutti i miei incontri, soprattutto durante i tanti Viaggi apostolici, con le vittime di abusi sessuali da parte di sacerdoti, ho guardato negli occhi le conseguenze di una grandissima colpa e ho imparato a capire che noi stessi veniamo trascinati in questa grandissima colpa quando la trascuriamo o quando non l’affrontiamo con la necessaria decisione e responsabilità, come troppo spesso è accaduto e accade. Come in quegli incontri, ancora una volta posso solo esprimere nei confronti di tutte le vittime di abusi sessuali la mia profonda vergogna, il mio grande dolore e la mia sincera domanda di perdono. Ho avuto grandi responsabilità nella Chiesa cattolica. Tanto più grande è il mio dolore per gli abusi e gli errori che si sono verificati durante il tempo del mio mandato nei rispettivi luoghi. Ogni singolo caso di abuso sessuale è terribile e irreparabile. Alle vittime degli abusi sessuali va la mia profonda compassione e mi rammarico per ogni singolo caso.
Sempre più comprendo il ribrezzo e la paura che sperimentò Cristo sul Monte degli Ulivi quando vide tutto quanto di terribile avrebbe dovuto superare interiormente. Che in quel momento i discepoli dormissero rappresenta purtroppo la situazione che anche oggi si verifica di nuovo e per la quale anche io mi sento interpellato. E così posso solo pregare il Signore e supplicare tutti gli angeli e i santi e voi, care sorelle e fratelli, di pregare per me il Signore Dio nostro.
Ben presto mi troverò di fronte al giudice ultimo della mia vita. Anche se nel guardare indietro alla mia lunga vita posso avere tanto motivo di spavento e paura, sono comunque con l’animo lieto perché confido fermamente che il Signore non è solo il giudice giusto, ma al contempo l’amico e il fratello che ha già patito egli stesso le mie insufficienze e perciò, in quanto giudice, è al contempo mio avvocato (Paraclito). In vista dell’ora del giudizio mi diviene così chiara la grazia dell’essere cristiano. L’essere cristiano mi dona la conoscenza, di più, l’amicizia con il giudice della mia vita e mi consente di attraversare con fiducia la porta oscura della morte. In proposito mi ritorna di continuo in mente quello che Giovanni racconta all’inizio dell’Apocalisse: egli vede il Figlio dell’uomo in tutta la sua grandezza e cade ai suoi piedi come morto. Ma Egli, posando su di lui la destra, gli dice: “Non temere! Sono io...” (cfr. Ap 1,12-17).