Intervista. «A Cipro Barnaba con Paolo diffuse il Vangelo fra i pagani»
Un momento di un recente incontro avvenuto nella Sala Clementina in Vaticano tra padre Paolo Garuti e papa Francesco
«Il viaggio apostolico di papa Francesco a Cipro rappresenta un ritorno ideale con la memoria a quello sbarco di Paolo di Tarso e di Barnaba nell’isola, a Salamina e poi a Paphos. Il loro arrivo rappresentò, secondo quanto ci testimoniano gli Atti degli Apostoli, quasi il “preludio” della diffusione del Vangelo in particolare al mondo non ebraico, alle genti». Il domenicano e biblista Paolo Garuti rilegge dentro questa prospettiva il viaggio di papa Francesco in questo angolo del Mediterraneo, crocevia oggi come allora «di scontri e incontri tra culture diverse».
Lo studioso, classe 1955, che è docente di esegesi del Nuovo Testamento alla Pontificia Università San Tommaso d’Aquino meglio conosciuta come “Angelicum” di Roma e all’École Biblique di Gerusalemme, intravede nel discepolo Barnaba, futuro collaboratore di Paolo di Tarso la figura chiave per comprendere ancora oggi come avvenne il primo annuncio cristiano a Cipro.
«Egli ci viene presentato dagli Atti degli Apostoli come “un levita originario di Cipro”. Fa parte della prima comunità dei discepoli, seguaci degli insegnamenti di Gesù, dopo la sua morte, a Gerusalemme. Il suo nome originale è quello di Giuseppe ma gli apostoli scelgono per lui un altro soprannome: quello di Barnaba. Un nome che significa “figlio della consolazione” e allo stesso tempo “figlio dell’esortazione”». Un personaggio – a giudizio di padre Garuti – unico anche per comprendere che fu in un certo senso il “tutore” dell’autentica conversione di Paolo di Tarso.«È il primo ad accogliere Paolo appena convertitosi sulla via di Damasco e giunto a Gerusalemme per conoscere gli Apostoli. Mentre in tanti diffidano di quel Saulo che aveva perseguitato i cristiani, lui lo accoglie e lo introduce nella comunità».
Ma non solo Barnaba incarna l’ideale compagno di viaggio di Paolo di Tarso nelle sue missioni da Antiochia di Siria con prima tappa a Cipro. «L’approdo in quest’isola rappresenta per i due apostoli l’inizio del primo “viaggio missionario” fuori dalla Siria-Palestina. Ed è a Paphos che incontrano il governatore romano Sergio Paolo. Ed è sempre qui che avviene lo scontro con un predicatore di origine ebraica “mago e falso profeta” Elimas. Ed è nel confronto “teologico” di Paolo con questo predicatore, alla presenza del governatore romano, che si consuma il primo atto importante della missione di Paolo verso il mondo non ebraico. Dall’incontro cipriota Paolo diventa l’“apostolo delle genti” e qui si confronta con le altre religioni e snida e smaschera lo stile sincretistico di Elimas. Ed è da questo incontro con l’autorità romana che Saulo si farà chiamare Paolo e annuncerà gli insegnamenti di Cristo ai non ebrei».
L’isola di Cipro oggi come ai tempi descritti dagli Atti degli Apostoli costituisce un punto di incontro tra le varie culture del Mediterraneo. E una figura come Barnaba che cosa dice ai cristiani di oggi? «È innanzitutto l’uomo che sa tagliare gli ormeggi. Negli Atti ci viene descritto per una sua azione emblematica: “Padrone di un campo, lo vendette e ne consegnò il ricavato deponendolo ai piedi degli Apostoli”.
Per questo diventa un esempio rispetto a tutti gli altri membri di questa comunità ebraica che riconosce Gesù come Messia. A colpire di lui è lo spessore culturale, in quanto levita ma anche perché proviene da un ceto abbiente. Il suo cambio di vita sarà netto e radicale, rinunciando a tutto». Padre Garuti rievoca un altro tratto originale dell’Apostolo che si confronta tra i primi con il mondo pagano mai rinunciando alle sue radici giudaiche.
«Quando accompagna Paolo in Grecia e l’Apostolo delle genti guarisce un paralitico, Saulo viene associato dalla gente del luogo per questo prodigio a una divinità come Ermes perché “parla” ed è un “messaggero” mentre il suo compagno Barnaba viene identificato con la figura di Zeus, cioè il padre di tutti gli dei. Questo episodio ci fa pensare all’autorevolezza che incuteva il santo anche per la sua imponenza fisica. Non è un caso che spesso nei dipinti venga raffigurato con una fluente barba bianca. Come quella di Giove».
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