Palermo. A chi è sposato solo civilmente, la cresima dopo le nozze religiose
Un matrimonio
(di Chiara Ippolito) Prima il matrimonio, poi la Cresima. Un decreto dell’arcivescovo di Palermo Corrado Lorefice, firmato nel giorno di Pentecoste e reso pubblico ieri, stabilisce che i conviventi o quanti sono uniti solo civilmente che intendono sposarsi in chiesa, qualora non fossero ancora cresimati, si cresimeranno dopo la celebrazione del matrimonio.
La decisione di Lorefice annulla, nel concreto, un decreto arcivescovile del 1998, voluto dal cardinale Salvatore De Giorgi, come spiega don Giuseppe Vagnarelli, direttore dell’Ufficio pastorale diocesano. «L’allora cardinale aveva sentito l’urgenza di affrontare il caso particolare della richiesta della Cresima da parte di persone intenzionate a sposarsi ma che già convivevano, sposate civilmente o no, compresi i giovani “fuggitivi”, cioè che avevano fatto quella che, dalle nostre parti, si chiamava “fuitina”».
«Fondamentalmente – dice Vagnarelli – il problema era di ordine morale: ritenuto che queste persone, vivendo come marito e moglie senza aver celebrato il sacramento del matrimonio, fossero in una situazione oggettiva di peccato, di per sé non potevano accedere alla Cresima. D’altra parte, però, si voleva salvare il sacrosanto principio che ogni cristiano completasse l’iniziazione cristiana prima di celebrare le nozze».
E conclude: «Considerato che, fino a quel momento, nelle parrocchie ci si regolava in modo diverso e non sempre con la dovuta prudenza, De Giorgi decise di uniformare la prassi pastorale: i nubendi erano cresimati prima del matrimonio e, per superare le difficoltà di ordine morale, i conviventi ricevevano la Cresima il giorno prima delle nozze dal parroco che aveva curato l’istruttoria matrimoniale».
Per Lorefice «a venticinque anni di distanza, le circostanze che fondavano tale decisione sono ormai mutate». Non solo: «Anche il Decreto generale sul Matrimonio canonico del 1990, dopo aver evidenziato la particolare attenzione e grande prudenza pastorale richiesta ai pastori nel curare la preparazione dei predetti nubendi, aggiunge che di norma, in questi casi, l’amministrazione della Confermazione non deve precedere la celebrazione del matrimonio».
Ed è così che è arrivata la decisione: «dopo avere valutato ogni cosa e anche tenuto conto delle difficoltà riscontrate da molti parroci nella puntuale applicazione della precedente disposizione arcivescovile a motivo di alcune ragionevoli esigenze dei nubendi».
Ancora don Giuseppe Vagnarelli spiega che «l’applicazione del dettato del cardinale De Giorgi era sempre più difficoltosa, sia perché alcuni presbiteri cresimavano senza averne la facoltà, sia perché un numero sempre maggiore di coppie denunciavano la difficoltà di ricevere la Cresima la vigilia del matrimonio. A questo si aggiunga - dice - che ci siamo resi conto di due problemi pastorali di capitale importanza: una preparazione che definirei affettata e affrettata perché il più delle volte c’è l’esigenza di sbrigarsi a frequentare il corso prematrimoniale e quello di cresima, e, cosa ancora più triste, lo svilimento della dignità del sacramento della Confermazione, considerato quasi un lasciapassare per il matrimonio, e spesso celebrato in forma quasi privata».
Una indicazione – in realtà riferita in generale a quanti si preparano al matrimonio e alla Cresima contemporaneamente – simile a quella contenuta nel decreto dell’arcivescovo di Palermo è nelle Premesse al Rito della Confermazione ed è legata alla « fruttuosa ricezione della Confermazione» . Alla stessa punta la decisione presa a Palermo, che chiede «consapevolezza» ai fedeli nel loro cammino di fede e di vita e ribadisce «il compito del pastore di guidare il popolo che gli è affidato e di farlo crescere nella fedeltà al Vangelo».
Il decreto del pastore della Chiesa palermitana revoca la delega ad amministrare la Cresima che il precedente provvedimento attribuiva ai parroci, ma affida a loro la cura dell’istruttoria matrimoniale: dovranno accertarsi che i nubendi siano adeguatamente preparati per ricevere il sacramento della Confermazione e concordare con gli stessi il luogo e la data della celebrazione della cresima. La data prescelta dovrà essere comunicata all’ufficio matrimoni dell’arcidiocesi insieme agli altri documenti.
Decisione difficile ma adeguata alla realtà e al Diritto canonico
(di Luciano Moia) Una scelta coerente, fondata sul discernimento attento della realtà, che sollecita una riflessione coraggiosa sulla trasformazione avvenuta nelle comunità cristiane, quella dell’arcivescovo di Palermo, Corrado Lorefice. Perché coerente? Innanzi tutto perché rispetta le indicazioni del Codice di diritto canonico (canone 1065): “I cattolici che non hanno ancora ricevuto il sacramento della Confermazione, lo ricevano prima di essere ammessi al Matrimonio, se è possibile farlo senza grave incomodo”.
Nessun obbligo quindi, ma una sollecitazione prudente che già 40 anni fa, quando il Codice ha visto la luce, considerava la possibilità che non tutte le persone avessero compiuto un cammino maturo nella fede tale da arrivare alla Confermazione prima del matrimonio con la piena consapevolezza sul significato del sacramento.
In questi ultimi decenni la diaspora silenziosa dei giovani che si allontanano dalla fede già dopo la Prima Comunione è diventata purtroppo realtà consolidata. Un dato di fatto, da guardare con franchezza e senza infingimenti. Facile quindi considerare che chi ha scelto il matrimonio civile invece delle nozze all’altare, pur non avendo altri impedimenti (un divorzio alle spalle per esempio), si trovi in quelle condizioni di “grave incomodo” previste dal Codice di diritto canonico.
Giusto rispettare le incertezze sul cammino di fede di queste persone, senza l’obbligo di un sacramento imposto “come dogana” prima del matrimonio sacramentale? Forse sì, magari con la speranza che la grazia del sacramento e la nuova condizione di sposi in Cristo, favorisca una più consapevole conversione adulta tale da permettere poi il completamento dell’iniziazione cristiana, a questo punto con il desiderio affinato da un nuovo percorso di spiritualità coniugale.
C’è da pensare però che a spingere a questa decisione l’arcivescovo Lorefice sia stato anche il desiderio di valorizzare la scelta di responsabilità di giovani che, in epoca di diffusa e crescente indifferenza relazionale, hanno deciso di stare insieme seriamente, con un impegno pubblico di fronte alla comunità civile.
Scelta non ideale, forse, dal punto di vista cristiano, ma che – se dobbiamo ascoltare quando scrive papa Francesco in Amoris laetitia - contiene comuque quei semina Verbi che, nella luce di un amore buono e responsabile, possono comunque preparare il cammino verso nuovi e più importanti obiettivi. Certo, quella del matrimonio senza l’obbligo della cresima – correlazione che comunque, ripetiamo, non è vincolante secondo le leggi della Chiesa – potrebbe sembrare un “condono” di fronte all’impossibilità di fare altrimenti. Un po’ come la decisione di tante diocesi che si sono rassegnate ad abolire la figura dei padrini. Ma sarebbero forse riflessioni un po’ lontane da quel realismo cristiano che ci sollecita a valorizzare il bene laddove si manifesta, anche quando appare un po’ dissonante rispetto ai nostri schemi.