Chiesa

La storia. Roberto Rabattoni, folgorato da Cristo sulla via di Addis Abeba

Mauro Zuccari venerdì 23 febbraio 2024

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«Vai, vendi tutto quello che hai, dai il ricavato ai poveri, poi vieni e seguimi».” Di certo questa celebre frase di Cristo dev’essere risuonata parecchie volte nella testa di Roberto Rabattoni, imprenditore di Mergozzo, piccolo paese della Bassa Valle Ossola. Un giorno decise di andare in Etiopia per adottare un bambino. Aveva visto le immagini crude di un documentario televisivo sulle condizioni di vita subumane di quella terra, ma quando ha constatato dal vivo la miseria e la fame che attanagliavano quelle popolazioni è rimasto sconvolto al punto di cambiare totalmente vita.

«Sono nato in una famiglia povera, a 11 anni lavoravo nei cantieri – raccontava di sé a un’emittente televisiva locale – volevo studiare, andare alle scuole medie; volevo fare il sacerdote ma occorrevano i soldi, non si poteva. Però il Signore mi ha sempre graziato; ho creato un’impresa e a 40 anni ero ricco, tanto da poter vivere per altri 40 senza chiedere soldi a nessuno. Ma dopo mi ha chiamato – diceva riferendosi all’episodio che gli ha sconvolto la vita – ho capito perché non mi ha fatto fare il sacerdote!»

Tornato in Italia ha deciso di vendere beni che gli risultavano superflui, tra i quali anche due case e utilizzare il ricavato a beneficio di quella povera gente: quindi ha fondato il “Centro Aiuti per l’Etiopia”, nel 1983. «All’età di 40 anni sono stato chiamato da nostro Signore per andare ad aiutare i poveri», descriveva così, Rabattoni, l’origine del suo impegno. «I miei figli son loro. Là vivi con loro, piangi con loro, soffri con loro».

La sua organizzazione in quest’arco di tempo ha sostenuto un centinaio tra villaggi e comunità locali, realizzando due ospedali, tre scuole e tre centri di accoglienza per bambini, scavando diciassette pozzi per garantire il rifornimento idrico; tramite le adozioni a distanza ha sostenuto più di 50 mila fra bambine e bambini. I principali campi d’azione del C.A.E. sono l’aiuto immediato nelle situazioni di grave emergenza, la realizzazione di strutture sanitarie ed educative, la promozione dello sviluppo attraverso il lavoro. Una delle opere sorte in Etiopia è un laboratorio per la produzione di scarpe destinate ai lebbrosi. Si è occupato anche di adozioni internazionali fra Italia ed Etiopia, fino al 2018, quando un provvedimento delle autorità locali ne ha impedito la prosecuzione.

«La più grande ingiustizia è veder morire di fame ancora nel 2020...» non si stancava mai, Rabattoni, di ripetere nelle innumerevoli interviste che ha rilasciato. Ancora a novembre scorso, mentre già combatteva con il cancro, era nel pieno della battaglia contro la miseria. Risale a quel periodo la sua ultima permanenza in Africa. Sempre in un’intervista all’emittente locale “VCO Azzurra TV” spiegava che la situazione attuale in Etiopia è la peggiore di sempre, fra guerre dimenticate – parlava di 180 conflitti nel mondo – carestia, miseria; chi lavora a giornata, spiegava, spesso non ha i soldi per garantirsi un singolo pasto.

Roberto Rabattoni è deceduto a causa della malattia lo scorso 30 gennaio. La chiesa parrocchiale di Albo di Candoglia, suo paese natale, alle pendici della montagna che ospita la cava di marmo del Duomo di Milano, era troppo piccola per ospitare tutti quelli che sono giunti a rendergli omaggio.